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A Giardini Naxos presentato con successo il nuovo libro del giornalista Fernando Adonia

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Giardini Naxos (Me) – La biblioteca comunale di Giardini Naxos ha ospitato una serata culturale nel corso della quale è stato presentato il nuovo libro libro del giornalista catanese Fernando Massimo Adonia dal titolo “Presente!”. L’evento patrocinato del Comune di Giardini Naxos è stato organizzato dall’associazione culturale CPM “Tradizione Distinzione Naxos e dal Laboratorio Politico “Riva Destra” in collaborazione con l’associazione culturale “Tradizione, Ambiente e Turismo”. Alla presentazione del testo oltre all’autore, sono intervenuti numerosi  esponenti della società civile, professionisti, storici e operatori della giustizia tra i quali, l’avvocato Tommaso Calderone di Barcellona Pozzo di Gotto, l’avvocato Giuseppe Lipera di Catania, l‘avvocato Carmelo Moschella di Giardini Naxos, l’avvocato Mario Settineri, Massimo Adonia presidente dell’associazione, il quale figura tra i collaboratori-esperti nominati dal Sindaco di Giardini Naxos, il referente di Fratelli D’Italia di Fiumefreddo Piero Aci, il Geom. Salvatore Strano di Fiumefreddo, e il Dirigente Bancario Massimo Romagnolo di Milazzo. Al tavolo dei relatori sono intervenuti affrontando il tema del libro con brillanti argomentazioni  il prof. Dario Strano ed il Criminilogo Alfio Bosco. L’intervento dell’autore Fernando Adonia sulla storia raccontata nel libro ha affascinato il pubblico presente per la impeccabile dovizia di particolare del periodo storico dove sono accaduti i fatti. Il testo è il lavoro di una scrupolosa e rigorosa ricerca che è approdata anche negli archivi del Ministero degli Interni dove l’autore ha trascorso intere giornate per cercare di ricostruire i fatti quanto più possibile corrispondenti alla verità. Il racconto è una sorta di inchiesta storico-giornalistica che ruota attorno all’enigma della morte del liceale Carlo Amato, avvenuta durante i fatti della Marcia su Roma in via Santa Maria del Rosario, senza che i responsabili saranno mai individuati e processati.

Il giornalista scrittore Ferdinando Massimo Adonia

Il giornalista scrittore Fernando Massimo Adonia

Fernando Adonia, Alfio Bosco, Massimo Adonia

Fernando Adonia, Alfio Bosco, Massimo Adonia

Da sin. Dario Strano, Fernando Adonia, Alfio Bosco, Massimo Adonia

Da sin. Dario Strano, Fernando Adonia, Alfio Bosco, Massimo Adonia

Come ha spiegato nel suo intervento Fernando Adonia il contesto nel quale è maturata la morte del liceale catanese, è quello tra il 1922 e il 1924. In quegli anni a Catania, si succedono morti, agguati, trame oscure e crisi di nervi. Sì, perché l’avvento del Fascismo in città non sana l’instabilità postbellica, ma in un certo senso la incendia fino a farla esplodere. Tutto questo tra gli imbarazzi di un Regime che tenta di ricucire a tutti i costi i conflitti sociali in corso, e i mal di testa di Benito Mussolini che chiede ad Achille Starace di seguire di prima persona i fatti siciliani.

La piazza catanese è il teatro dello scontro quasi quarantennale tra l’area che fa capo al sindaco Peppino de Felice Giuffrida, il “Viceré socialista”, e la famiglia Carnazza. All’alba della cosiddetta rivoluzione fascista, tra le due consorterie arriva la resa dei conti. In quel frangente icarnazziani giocano d’anticipo su tutto e tutti, riuscendo a ottenere la nomina di Gabriello a ministro dei Lavori Pubblici, e la gestione di fatto del Pnf etneo. I Carnazza non sono fascisti, militano in Democrazia Sociale, formazione tendenzialmente di centrosinistra, ma di lì a breve lanceranno un’opa sul partito con la benedizione del duce in persona. Nonostante la propaganda, il fascio catanese ha una classe dirigente debole, “priva di qualsiasi autorevolezza”, e non riesce a resistere alle pressioni e agli eventi. In molti vogliono salire sul carro del vincitore e ci riescono, anche tra chi si dichiarava ufficialmente antifascista.

Pure sul fronte interno il fascio locale deve fare i conti con le invidie dei propri leader. Sorprenderà, ma ci sono una destra e una sinistra nel Pnf catanese, che giocano al gatto e al topo. La sera del 31 ottobre, il giorno in cui la Marcia su Roma approda a Catania, il segretario provinciale rassegna le dimissione. Un fatto insolito che si spiega con le ragioni di una rivoltella puntata in faccia. Quell’episodio avrà ovviamente delle conseguenze: inchieste interne, scontri di piazza, la nascita di un fascio fuori dal Pnf con un decalogo fatto di sicilianismo e diritti del lavoro, bastonature e olio di ricino.

E se la sinistra interna piange, la destra non ride. La penetrazione dei Carnazza mette il gruppo di Giovanni Ferro alle corde. Nasce una contesa scandita da colpi di scena: il blocco del tesseramento, il continuo azzeramento della segretaria, assemblee finite a cazzotti, tranelli ela bocciatura del candidato del duce alle primarie per la segreteria provinciale. Più di tutti, però, vale un episodio che metterà in ginocchio il capoluogo etneo: ovvero la Marcia su Catania. Quando sta per essere celebrata la fusione tra Pnf e Associazioni nazionalisti, la vecchia guardia fascista si oppone con forza. La via Etnea è sotto l’assedio di mille squadristi armati provenienti da tutta la Sicilia Orientale. I carabinieri e la polizia sono nel panico e deve intervenire la Milizia da Siracusa per fermarli. Insomma, i fascisti dovranno puntare i fucili contro altri fascisti. Episodio che la dice lunga sulla tenuta del governo di Benito Mussolini e sui proclami di pacificazione espressi in quelle ore. Ma l’insubordinazione del fascio catanese alle direttive del duce non finisce lì, tant’è che lui stesso dovrà prima mordere la foglia e poi reagire con precisione chirurgica.

La morte di Carlo Amato, il maintheme di “Presente!”, permette di raccontare questo e altro. Non solo la crisi del fascio siciliano, ma anche l’ascesa e la caduta – a quanto pare per il coinvolgimento nel caso Matteotti – del ministro Gabriello Carnazza, una Catania scomparsa, ma logiche fin troppo uguali nel tempo. Proprio attorno al nome di Carlo Amato, martire della Rivoluzione, saranno intitolate vie, scuole, squadre sportive, altari, manifestazioni imponenti e altro, il tutto con una logica religiosa che sfida apertamente la chiesa cattolica. Il suo corpo oggi riposa nella monumentale Chiesa di San Nicolò l’Arena, mentre una grande lapide col suo nome resta lì intatta sopra l’ingresso dell’istituto Agatino Malerba, a Picanello. Attorno al suo nome il Regime costruì un mito, ma sulle reali cause che portarono alla sua morte tutto fu insabbiato. Quanto accadde davvero il 2 novembre è nelle carte riservate del Ministero dell’Interno. E quanto riaffiora può risultare davvero imbarazzate un po’per tutte le forze in campo di ieri e dell’altro ieri.

Il pubblico presente

Il pubblico presente

L'intervento di Fernando Adonia

L’intervento di Fernando Adonia

Il pubblico presente alla presentazione del libro

Il pubblico presente alla presentazione del libro

Fernando Adonia

Fernando Adonia

Fernando Adonia e Alfio Bosco

Fernando Adonia e Alfio Bosco

Dario Strano, Fernando Adonia, Alfio Bosco

Dario Strano, Fernando Adonia, Alfio Bosco

L'avvocato Giuseppe Lipera saluta Adonia

L’avvocato Giuseppe Lipera saluta Adonia

 

 

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