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ROMA - Venerdì 5 novembre 2015, alle ore 18,30, la libreria Fahrenheit 451 di Roma (Campo dei Fiori, 44) presenta il libro antologico “Poesia araba dalle origini al XIII secolo: dalla Siria all’Egitto, dalla Sicilia all’Andalusia“, pubblicato dalla casa editrice Libri mediterranei. Intervengono: Akeel Almarai (docente di lingua e letteratura araba presso l’Università per stranieri di Siena, coautore del libro); Pino Blasone (scrittore, docente e studioso del mondo arabo-islamico, coautore del libro); Carlo Ruta (saggista e studioso del mondo mediterraneo).

Il libro. L’intento era quello di antologizzare in modo coerente testi tra i più rappresentativi della poesia araba, preislamica e islamica. Scorrono perciò in rassegna le personalità più forti di questa letteratura: dal “re errabondo” Imru’ al-Qays al brigante ‘Urwa ibn al-Ward, dal classico al-Mutanabbī al grande moralista al-Ma‘arrī, dal siciliano Ibn Hamdīs all’andaluso Ibn Hazm. A introdurli e a illustrarne la poetica sono diversi studiosi autorevoli – Akeel Almarai, Pino Blasone, Paolo Branca e Oriana Capezio – che da varie prospettive definiscono i percorsi di una tradizione letteraria d’eccezione. Per le traduzioni si è fatto ricorso a testi di arabisti e orientalisti italiani tra i più eminenti del Novecento, come Italo Pizzi, Giorgio Levi Della Vida, Ignazio Di Matteo e Francesco Gabrieli.
Ne è derivato un testo rigoroso ma allo stesso tempo agile, rivolto a un pubblico ampio di lettori, curiosi, interessati ai saperi e alle arti, consapevoli di quanto sia importante il dialogo tra le culture. L’esito è, in definitiva, quello di un tributo a un mondo complesso e raffinato che ancora oggi in aree culturali rilevanti dell’Occidente è però motivo di serie incomprensioni.

Gli autori:

Akeel Almarai è docente di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università per stranieri di Siena. Si occupa di letteratura araba medievale, metrica e filologia. È autore di testi ed articoli scientifici relativi alla metrica e alla letteratura araba classica, nonché di edizioni critiche delle principali opere del patrimonio letterario arabo-medioevale.
Pino Blasone, ha compiuto studi superiori e di perfezionamento a Roma, Venezia, Il Cairo e Tunisi. Con altri ha tradotto L’espansione musulmana di R. Mantran, Mursia1978, e ha curato l’antologia La terra più amata. Voci della letteratura palestinese, Manifestolibri1988. Collabora alle riviste on-line dei Dipartimenti di Filosofia delle Università di Venezia, Roma 3 e Bari.
Paolo Branca è docente di Lingua e Letteratura Araba e di Islamistica presso l’Università Cattolica di Milano. Ha pubblicato diverse opere, tra cui: Voci dell’Islam moderno: il pensiero arabo-musulmano fra rinnovamento e tradizione, Marietti, Genova 1991; Introduzione all’Islam, S. Paolo, Milano 1995; I musulmani, Il Mulino.
Oriana Capezio è docente di Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli Studi di Napoli «l’Orientale. Tra le sue pubblicazioni figurano: ‘Urwa ibn al-Ward Una voce nel deserto, Ariele, Milano, 2011; La metrica araba Studio della tradizione antica, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia 2013. Ha curato il volume Percorsi d’idee nel Mediterraneo, L’Harmattan, 2010.

Poesia araba dalle origini al XIII secolo: dalla Siria all’Egitto, dalla Sicilia all’Andalusia, testi di Akeel Almarai, Pino Blasone, Paolo Branca e Oriana Capezio, Libri mediterranei, Collana “Prospettive mediterranee”, pp. 160, ill. b/n.

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La Sicilia di Brandi, Capote, Pasolini, Sciascia e altri

La casa editrice Libri Mediterranei esordisce in libreria con “Cara Sicilia. Luoghi, itinerari e storie di vita di un paese mediterraneo“.

Ed ecco gli autori dei testi: Benard Berenson, Cesare Brandi, Truman Capote, Carlo Castellaneta, Camilla Cederna, Carlo Levi, Primo Mazzolari, Pier Paolo Pasolini, Ercole Patti, Guido Piovene, Mario Praz, Leonardo Sciascia, Daniel Simond, Albert t’Serstevens, Elio Vittorini.
Questi quindici scrittori italiani e stranieri del Novecento raccontano la loro Sicilia: quella in cui sono nati e cresciuti o quella in cui, provenienti da paesi più o meno lontani, hanno soggiornato in qualche momento della loro vita. Pressoché tutti, sia che parlino di architetture o di archeologia, di ambienti naturali o persone, s’interrogano sui modi d’essere di questa terra e cercano di cavarne un «senso». L’isola più grande del Mediterraneo è motivo quindi di una pluralità di accostamenti che la ritraggono come sede naturale di traguardi estetici e miti resistenti, come guscio cristallizzato e immutabile del carattere mediterraneo, come un tòpos della nostalgia universale, ma anche come luogo emblematico di una modernità difficile. Ogni testo costituisce una storia a sé ma tutti insieme, nei modi di un itinerario sui generis, formano un curioso incastro narrativo, ricco di solarità e penombre, di pagine affascinate e problematiche, di impeti sentimentali e scoperte.

 

Il viaggio in Sicilia di Goethe tra classicità e modernità

Per la nuova casa editrice Libri mediterranei è appena uscita una nuova edizione del Viaggio in Sicilia di Johann Wolfgang Goethe, introdotta e curata da Carlo Ruta, e corredata in appendice da oltre quaranta immagini in b/n.
La permanenza di Goethe in Sicilia durò un mese e mezzo, dal 2 aprile al 15 maggio 1787. Ben poco rispetto agli anni trascorsi nell’isola da Jean Hoüel, annotati nei volumi del Voyage pittoresque. Quell’esperienza dovette essere vissuta tuttavia con una intensità inusuale dall’autore del Werther, se gli permise di scrivere pagine tra le più significative sul suo viaggio «in incognito» in Italia.
Goethe si mostrò un osservatore scrupoloso, motivato ad annotare le «scoperte» quotidiane di arte, mineralogia e botanica, in un’isola che riassumeva al meglio, per lui, i confini e i caratteri della mediterraneità. Ma non limitò il suo interesse alla natura e alle opere d’arte. Volse lo sguardo pure alla vita dei siciliani, con osservazioni che, anche quando legate ad aspetti contingenti, giungono sino a noi con motivi di modernità.
Il poeta tedesco non tolse alcun velo ai retaggi della Sicilia classica, perché già altri lo avevano fatto. Non ebbe remore infatti nel lasciarsi guidare da Riedesel, di cui teneva le annotazioni siciliane «come un breviario o un talismano». Con l’isola delle grecità stabilì comunque una forte intimità poetica. E anche la variegata natura siciliana contribuì a suggestionarlo, facendolo sentire «naufrago» in luoghi che, in virtù dei loro richiami, si presentavano al suo sguardo, appunto, come un sorprendente riepilogo del mondo mediterraneo. Ancorandosi alla memoria omerica, si sentì attratto quindi dalla figura di Odisseo.
Interloquendo da vicino e in modo stringente con la Sicilia del mito, che vedeva prendere forma dalle rovine antiche e dai paesaggi naturali, Goethe completava in definitiva un percorso estetico, lungo una prospettiva che avrebbe avuto risonanze significative nell’immaginario intellettuale germanico e mitteleuropeo. Con buone ragioni, il neoromantico Hugo von Hofmannsthal, in uno testo del 1925, Sizilien und wir, affermava che «non c’è tedesco il quale, nel toccare il suolo di questa isola, non trovi nel genio di Goethe un inseparabile compagno».

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