GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2024
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l’Ora

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Vincenzo Consolo

Vincenzo Consolo

 

E’ stata pubblicata dall’editore palermitano Sellerio, un’interessante raccolta di articoli di Vincenzo Consolo, scritti per “ L’Ora “ di Palermo dal 1968 al 1975 (Vincenzo Consolo, Esercizi di cronaca, Sellerio Palermo 2013 pp. 243). Curatore della raccolta è Salvatore Grassia che ripercorre nelle sue “Cronachistiche peregrinazioni “, poste a chiusa del libro, le tappe della collaborazione prolungata ma discontinua di Consolo con il quotidiano diretto, per un ventennio, dal “leggendario” Vittorio Nisticò. Funge da prefazione “L’Ora di Consolo” di Salvatore Silvano Nigro, un’approfondita trattazione delle motivazioni ideologico-letterarie dello scrittore. Il 4 Febbraio 1964, Consolo inaugura la sua collaborazione al giornale con una recensione al nuovo Menabò ( rivista-collana di Vittorini e Calvino) stigmatizzando la crisi della letteratura prodotta e della cultura in genere prodotta, a suo parere, dell’avanguardismo moderno definito immobile e non organico. Successivamente dal 1968, cura una rubrica di asciutte e accorate cronache “fuori casa “ di montaliana memoria, inviate a Palermo dall’esilio milanese, dalla Città Opulenta che contiene in sé “tante vite deportate, disfatte e dimenticate”. Gli articoli riprendono paesaggi della città brumosa, incontri, come quello con Sciascia presso la libreria Einaudi oppure macchiette, come quella del”folkronista”( una sorta di cantastorie al passo con i tempi) ma anche fatti di costume come la mania dell’astrologia dei Milanesi, tanto contrastante con la loro solidità. “Com’è possibile che in una città dura, concreta, squadrata e precisa come un cubo di cemento armato, in una città dove la cultura diventa industria culturale e le manifestazioni d’arte, mercato d’arte … vi sia una fuga massiccia, giornaliera verso l’irrazionale, il magico, il metafisico? “ . Nel 1972, sempre da Milano, intensifica la sua collaborazione con “ L’Ora “; si occupa di cronaca nera e scrive l’articolo “ A sangue freddo “ sul giallo di Piazzale Lotto. Si tratta di un delitto spietato, quello di un poveraccio meridionale, impiegato presso un distributore di benzina, ucciso a bruciapelo a scopo di rapina. False piste, falsi colpevoli deviano il corso delle indagini ma quando il caso sembra concluso, la riapertura del processo, voluta dal pubblico ministero Gerardo D’Ambrosio, ripristinerà la giustizia. Consolo comincia a elaborare, allora, la riflessione sulla verità processuale,nella costante dialettica tra verità storica e menzogna legalmente autorizzata, destinata a arrovellarlo nel processo Vinci. Nel 1975 è mandato dal giornale a Trapani per seguire il processo al “mostro di Marsala “ Michele Vinci, imputato dell’omicidio di Antonella Valenti, Ninfa e Virginia Marchese. Il Reportage, nelle intenzioni dello scrittore, dovrà essere antiromanzesco, facendo coincidere i fatti con le parole poiché il valore etico del messaggio non può essere contaminato dalla convenzionalità della letteratura. Consolo non vuole edulcorare la realtà ma demistificarla e denunciarla, attraverso la parola che diventa pietra e colpisce la coscienza del lettore. Tuttavia nello scritto, egli non riesce a prescindere dalla formazione letteraria che gli deriva, soprattutto, dai grandi “Siciliani”: Verga, Pirandello, Vittorini, Tomasi di Lampedusa, Sciascia. E’ evidente la “ doppia visione “ in cui realtà e letteratura s’intersecano: la sovrapposizione dei due piani consente allo scrittore di dar corpo alla finzione letteraria e di sfumare la realtà. Il riferimento al labirinto, metafora per indicare il groviglio inestricabile del processo Vinci, è cifra di lettura della psiche umana in cui ambiguità, verità e menzogna si stratificano in un pirandelliano gioco di specchi. La difesa della verità, invece, è affidata all’ “illuminista “ Giangiacomo Ciaccio Montalto per cui la donna velata pirandelliana “Io son colei che mi si crede “ può esistere solo nell’arte ma non nel contesto giuridico in cui verità e realtà devono sempre coincidere. Montalto non cerca un colpevole ma vuole trovare il colpevole o i colpevoli. Vinci è condannato ma i dubbi restano : ”il sonno della ragione genera mostri “(Goya). Un anno dopo Consolo pubblica il suo capolavoroIl sorriso dell’ignoto marinaio “ in cui è evidente il vibrante impegno civile e politico e la consapevolezza che “ la scrittura non cambia il mondo ma è una difesa contro la ferita dell’impotenza “( S.S. Nigro ). Otto anni dopo nel 1983 ,il giudice illuminato, a solo quarant’anni, cade sotto le raffiche di mitra della mafia e di lui, Consolo scolpisce un imperituro epitaffio:Era un siciliano giusto che sapeva combattere contro le barbarie,contro le selvagge forze che sempre hanno devastato quell’isola,rischiando la vita giorno dopo giorno “ .

                      Pina D’Alatri

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