Dopo qualche mese di attesa, le tesi dell’archeologo e docente universitario Francesco Tiboni, espresse nel libro La presa di Troia. Un inganno venuto dal mare, pubblicato la scorsa estate da Edizioni di Storia e Studi Sociali, fanno il giro dell’Europa, imponendosi all’attenzione del pubblico e delle comunità scientifiche. Attraverso un ampio scandaglio archeologico e filologico, Tiboni argomenta che il cavallo con cui gli Achei, attraverso un astuto escamotage, avrebbero espugnato la città della Troade, era verosimilmente una nave annonaria fenicia, chiamata Ippos per la singolare forma della prua a testa di cavallo. Con questo lavoro, l’autore, sulla scorta di fonti e argomenti inediti, e traendo profitto dagli avanzamenti delle tecniche conoscitive degli ultimi decenni, si raccorda ad una tradizione “eterodossa” che risale addirittura allo storico tardo antico Pausania, che aveva già fieramente contestato la lettura che di quel passaggio omerico aveva fatto Virgilio. Si tratta di una ipotesi certamente scomoda, perché mette in discussione una tradizione millenaria, un topos dell’immaginario dell’intero Occidente, e che ha tuttavia una forte ragion d’essere, per la convergenza degli indizi prodotti in sede analitica. Di qui la grande considerazione che in questi giorni sta ricevendo.
Spiega Francesco Tiboni: “Da ricercatore e archeologo di professione, sapevo che mi stavo incamminando su un terreno difficile, direi pericoloso, ma le sollecitazioni di tanti colleghi studiosi, in Italia e all’estero, mi hanno invogliato, pressoché unanimemente, ad andare avanti. Sapevo che la contestazione di una narrazione millenaria è sempre un’impresa ardua. Ma non ho voluto tirarmi indietro. E ho scelto di pubblicare questo lavoro con una casa editrice di profilo rigorosamente scientifico, quale è Edizioni di Storia, proprio per evitare che si pensasse a operazioni di marketing o altro. Ho fatto insomma quel che ritenevo giusto, e l’attenzione travolgente di questi giorni è per me motivo di soddisfazione”.