GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2024
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Taormina

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Intervento di Domenico Interdonato

Intervento di Domenico Interdonato

L’evento culturale organizzato da Assoarma

 “La storia è scuola di vita e bisogna conoscerla, per darle il giusto valore” questo è stato il messaggio iniziale del generale di corpo d’armata Angelo Maurizio Scardino, comandante militare dell’Esercito in Sicilia, che ha rivolto agli studenti del quinto anno del Liceo Scientifico “Benedetto Croce” di Palermo, durante l’inizio lavori dedicati alla presentazione del libro “Il Valore del Ricordo Capitano Umberto Masotto”.  Il generale di corpo d’armata Scardino ha concluso ricordando il difficile contesto storico, nel quale ha vissuto l’eroe Masotto, ha ringraziando il presidente Assoarma di Palermo generale Agostino Santini, per aver promosso e organizzato l’evento. Infine ha salutato gli intervenuti e si è complimentato con l’autore Domenico Interdonato. L’evento culturale è stato ospitato dal Comando Militare Esercito Sicilia nell’accogliente salone – cineteatro della Caserma Ruggero Settimo di Palermo sede del Circolo dell’Esercito e di varie Associazioni d’Arma.

Il generale Santini ha salutato le autorità, i giovani liceali, i tanti rappresentati dell’Esercito e delle Associazioni d’Arma e dopo aver accennato al curriculum vita dell’autore del libro il giornalista Domenico Interdonato, Presidente Regionale UCSI, lo ha invitato ad iniziare la sua esposizione dedicata all’eroe artigliere da montagna Masotto.

Il ricordo delle guerre serve a fortificare la pace, non bisogna avere paura della storia, ma la dobbiamo conoscere per evitare di ripetere orrori come le guerre”, ha esordito così Interdonato che ha continuato: “oggi ho avuto il piacere di presentare l’opera a Palermo, perché qui con il 22° Reggimento di artiglieria è iniziata l’avventura dell’eroe vicentino Masotto e dei sui artiglieri siciliani, poi aggregati a Messina per preparare la missione coloniale che li ha portati nel Corno d’Africa, fino all’infausta battaglia di Adua del 1° marzo 1896”.

Dopo l’applaudita presentazione del libro l’appuntamento con la storia è continuato, con una visita guidata ai preziosi affreschi seicenteschi scoperti di recente durante i lavori di restauro e alle tre sale dell’area museale della Caserma. Gli ospiti hanno potuto ammirare il restauro del soffitto del teatro della caserma Ruggero Settimo, ex refettorio dell’antico convento di San Francesco di Paola sita nell’omonima piazza, che è l’ultimo dei lavori avviati per valorizzare lo storico complesso del XVI secolo che continua a riservare piacevoli sorprese.

Il Generale Santini con l'autore del libro Domenico Interdonato

Il Generale Santini con l’autore del libro Domenico Interdonato

Il pubblico presente alla presentazione del libro

Il pubblico presente alla presentazione del libro

La sala dove è stato presentato il libro

La sala dove è stato presentato il libro

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I protagonisti dello spettacolo

I protagonisti dello spettacolo

Enna – La decima edizione della rassegna “Voci di Sicilia” nel suo terzo appuntamento stagionale che si svolgerà sabato 17 febbraio 2024 al teatro Neglia di Enna ospiterà l’evento musicale “Sud-Viaggio musicale teatrale attraverso la tradizione siciliana e partenopeauno straordinario viaggio attraverso la tradizione siciliana e partenopea.

Lo spettacolo, in programmazione in diversi teatri della Sicilia, scaturisce dall’idea del tenore Francesco La Spada e del pianista e compositore Giuseppe Palmeri i quali hanno coinvolto nel progetto Giovanni Arena al contrabbasso, Antonio Petralia alla batteria e gli attori del Teatro stabile “Mario Re” di Mascalucia.

Il progetto, come spiega il tenore Franco La Spadanasce come connubio tra musica e teatro in un viaggio attraverso la tradizione Siciliana e Partenopea. Proprio per questo motivo abbiamo scelto come logo dello spettacolo i Vulcani (Etna e Vesuvio) simboli delle nostre terre con i rispettivi golfi e il fumo dei vulcani che disegna con una linea continua il nostro SUD con la maschera simbolo del teatro. Il titolo originale dello spettacolo, quando più di dieci anni fa andava in scena solo come spettacolo musicale, era “Le due Sicilie in musica”, prendendo spunto dallo storico Regno che noi volevano simbolicamente riunire. A distanza di anni lo show è stato rinverdito, a partire dalla scelta di un nome d’effetto, “SUD” (Suoni, Umorismo e Dintorni) che comunicasse la novità del contenuto. Nel tempo è diventato un viaggio in musica e parole per raccontare le due terre del sole, dei colori e del calore umano, dei sentimenti forti. Le terre dei due vulcani e del mare. Terre di cui andare fieri o fuggire. Terre che invocano pace nel tumultuoso agire quotidiano e in quello profondamente interiore. In scena, una straordinaria energia che fa emergere storie d’altri tempi, come quelle che sprigionano ricordi ascoltando i canti della tradizione siciliana e partenopea.

Uno spettacolo originale quello del Sud che di sicuro divertirà il pubblico con virtuosismi canori dei protagonisti. A tal proposito ricordiamo che  la voce solista, l’interpretazione e la regia sono di Francesco La Spada, mentre la direzione musicale è affidata al maestro Giuseppe Palmeri che ha realizzato gli arrangiamenti. Lo spettacolo è un mix e, una rielaborazione in chiave moderna, fra il classico e il jazz, di brani come “E vui durmiti ancora” e “‘O surdato ‘nnamurato”. E ancora,  “Ciuri ciuri” e “O sole mio”. Voci e suoni che raccontano di noi popolo, di noi comunità, famiglia, uomini e donne del SUD che hanno voglia di farcela, di andare oltre. Perché la terra è il legame imprescindibile. La terra è sinonimo di radici, talvolta amare, ma che possono ancora far crescere alberi forti.

SUD – Viaggio musicale e teatrale attraverso la tradizione siciliana e partenopea può essere considerata una formula studiata per dare modo di poter offrire lo spettacolo a diverse condizioni economiche, da concordare in base alle esigenze, ma sempre con un senso compiuto nel viaggio attraverso le tradizioni.

Lo spettacolo che è già in programmazione in diversi teatri della Sicilia propone questo repertorio:  1. Rossini: La danza 2. Popolare: Canzonetta Villereccia (Mi votu e mi rivotu) 3. Donizetti: Me voglio fa na casa 4. Rota: Medley da “Il Padrino” (Brano Strumentale) 5. Tosti: ‘A vucchella 6. Calì: E vui durmiti ancora 7. Tosti: Marechiare 8. Rosa Balistreri: Cu ti lu dissi 9. Di Giacomo: Era De Maggio 10. Bellini: Fenesta ca lucive 11. Popolare: Mi pozzu maritari 12. Barberis: Munasterio ‘e Santa Chiara (Brano Strumentale) 13. Cannio: ‘O Surdato ‘nnamurato 14. Popolare: Abballati Abballati 15. Denza: Funiculì Funiculà Bis (Fuori Programma): O sole mio e Ciuri ciuri

Non ci resta che augurare a quanti andranno a vedere lo spettacolo un Buon Ascolto!

Per ulteriori informazioni sullo spettacolo è possibile contattare il numero 335457082

       ROSARIO MESSINA

I protagonisti dello spettacolo

I protagonisti dello spettacolo

Il tenore Franco La Spada

Il tenore Franco La Spada

Un momento dello spettacolo con il tenore Franco La Spada

Un momento dello spettacolo con il tenore Franco La Spada

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BARI - Il 20 dicembre a Bari, presso il prestigioso Auditorium della Legione Allievi della Guardia di Finanza, si è svolta con grande successo di pubblico la manifestazione di beneficenza “NATALE È” con l’intento di raccogliere fondi per sostenere alcune associazioni no-profit impegnate nel volontariato. L’evento, con i patrocini della Legione Allievi della Guardia di Finanza di Bari, Comando Regionale Puglia Guardia di Finanza e Scuola Allievi Finanzieri Guardia di Finanza di Bari, è stato organizzato dall’A.N.F.I. (Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia) sezione di Bari nella persona del Suo Presidente nonché Consigliere Nazionale e responsabile ANFI Puglia Comm. Antonio Fiore e da Gens Nova Organizzazione Nazionale di Volontariato nella persona del Suo Presidente Nazionale Ten. Avv. Prof. Antonio Maria La Scala nonché Vice-Presidente Nazionale A.N.F.I. per l’Italia Centro-Meridionale. L’Evento è stato curato con grande professionalità e nei dettagli dalla Direttrice Artistica Monia Palmieri, anche socia benemerita A.N.F.I. dal 2006, che ha anche condotto brillantemente la manifestazione.

 Tante le autorità presenti alla  manifestazione. Sono intervenuti il Comandante Legione Allievi Gdf di Bari Gen. Brigata Marco Lainati, il Comandante della Scuola Allievi Finanzieri Col. Andrea Di Cagno ed il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bari Generale di Brigata Pasquale Russo, presente in rappresentanza del Comandante Regionale Guardia di Finanza Puglia  Generale di Divisione Fabrizio Toscano. Sono intervenuti anche il Componente Conferenza Unificata Stato Regioni in Comstat Nicola Giampaolo, il Presidente Consiglio Comunale di Bari Michelangelo Cavone e l’Assessora al Welfare del Comune di Bari Francesca Bottalico. Presente anche il Presidente dell’Associazione Art Fashion Dream Aps  Max Arcano che ha curato il servizio fotografico della manifestazione con scatti anche di Enzo Angelini, Gianni Quartarella ed Alberto La Bua. Presenti anche il Presidente del Comitato Regionale Puglia di A.N.A.S. (Associazione Nazionale Azione Sociale) Luigi Favia.

 E’ stata una serata coinvolgente che ha visto le esibizioni, tutte di altissimo livello, della Fanfara della Legione Allievi Guardia di Finanza magistralmente diretta dal Lgt M° Gregorio Pasquino, del gruppo musicale Soul Sacrifice Santana Tribute Band composto da Fabio Santomauro tastiere, Gaetano Cassano chitarra elettrica, Armando Albarani batteria, Lillo Del Medico basso e Natale Ungari congas e percussioni, del coro “Bari gospel choir” diretto da ketty Saponara, del cantante Carlo Scalese. Ma non solo, nel corso dello spettacolo anche un interessante spazio dedicato alla poesia visiva con Fabio De Cuia ed Antonella Mele, Graphic Designer con l’hobby del disegno e della fotografia, i quali hanno inoltre impreziosito, con alcune realizzazioni artistiche del progetto “Poesia Visiva”, il pannello coreografico presente sul palco. E quest’anno, la brava presentatrice Monia Palmieri, ha avuto come aiutante “speciale” la presenza di “Mamma Natale, grazie a “Fallo con noi eventi” di Luciana Bottalico. Tutto questo è stato reso ancor più colorato grazie all’allestimento floreale di Garden House di Giovanni Caradonna, socio Anfi.

L’evento ha visto anche la consegna, da parte dell’A.N.F.I. di Bari, del diploma di Concessione della Medaglia al Merito al Ten. Antonio Maria La Scala per aver compiuto 30 anni di iscrizione all’ Anfi. Ma non solo anche una targa speciale ad un socio Anfi speciale – il Maresciallo Aiutante Mario Biscotti  che ha superato i 100 anni.

L’ANFI sezione di Bari ha anche consegnato alcuni attestati di benemerenza ai soci che hanno compiuto 80 anni: Finanziere Carmelo Ricci, Brigadiere Capo Giambattista Pasqualicchio, Maresciallo Capo Modesto Di Turi, Finanziere Giacomo Covella, ai soci simpatizzanti Michele Magnifico, Francesco Mastrolonardo  ed alla signora Teresa Gargano vedova del Tenente Francesco Antonacci.

 Nel corso della manifestazione sono stati nominati soci benemeriti ANFI il Comandante Legione Allievi Gdf di Bari Gen. Brigata Marco Lainati, il Comandante della Scuola Allievi Finanzieri Col. Andrea Di Cagno, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bari  – Generale di Brigata Pasquale Russo e la segretaria dell’odv Gens Nova Maria De Tommaso.

La Gens Nova ha inoltre consegnato il suo crest all’Amministratore Delegato Lucia Forte della Oropan S.p.A, un importante punto di riferimento, nel panorama agroalimentare italiano, nel segmento dei prodotti da forno e della panificazione. Sono stati poi consegnati i contributi ad alcune realtà e ad alcune associazioni no profit ed hanno manifestato la loro generosità con un generoso contributo anche la Legione Allievi Guardia di Finanza e la Scuola Allievi Finanzieri. Infatti, due allievi del 22° CORSO – Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza – Appuntato Tommaso Coletta, sono saliti sul palco con un assegno gigante di ben € 5000,00.

La manifestazione si è conclusa con la consegna di alcuni oggetti targa ad artisti e collaboratori e con il coinvolgente brano finale “Oh happy day” cui hanno partecipato tutti. È stata una serata ricca di emozioni, professionalità e suggestive atmosfere. Un sentito grazie a tutto il personale permanente della Legione Allievi e della Scuola Allievi Finanzieri di Bari.

Monia  Palmieri

Monia Palmieri

Monia Palmieri assieme ad acluni protagonisti della serata

Monia Palmieri assieme ad acluni protagonisti della serata

Monia Palmieri presenta l'Orchestra

Monia Palmieri presenta l’Orchestra

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Trascendenza e “Decenza dell’umanità”. Patrimonio antropologico giuridico-etico-culturale alle radici della storia del mondo. Al centro della vita Cristiana che, fu e continua ad essere il fulcro culturale e spirituale del villaggio globale, vero motore di civiltà. Una conversazione con Enzo Farinella già docente di Antropologia filosofica nell’Università di Dublino, tra i massimi studiosi di Monachesimo d’Irlanda

22 Dicembre 2023 a cura di Mimma Cucinotta

 

Dublino, 22 dic. 2023 – In ogni individuo, che lo si creda o meno, abita una trascendenza unica, che costituisce un valore inalienabile. Libertà personale, giustizia, solidarietà, pace, uguaglianza tra tutti gli esseri umani, promozione di ogni forma di apertura a tutti come fratelli e sorelle, rispetto per la diversità e per individui e gruppi di fede diversa, senso profondo di appartenenza a una stessa tradizione intellettuale e spirituale comune, tutti hanno in sé quel senso di trascendenza che arricchisce la persona umana. Questa “trascendente” dignità personale rende tutti i diritti fondamentali e inviolabili, al di là di ogni interpretazione o influenza religiosa, sociale, filosofica, politica, strategico-militare, patrimonio antropologico comune e diritto culturale ed etico, definito “Decenza dell’umanità. Ovvero il principio culturale che guidò l’operato missionario di Cataldo e dei suoi confratelli.

Mosaico di San Cataldo nella Cappella Palatina Palermo

Mosaico di San Cataldo nella Cappella Palatina Palermo

Una nozione di cultura alle radici della storia del mondo e dell’Europa particolarmente al centro della vita Cristiana che, fu e continua ad essere il fulcro culturale e spirituale del villaggio globale, un vero motore di civiltà.

I pellegrini e i “saggi” medievali, uomini santi, studiosi itineranti per Cristo, tramite la funzione culturale e religiosa dei loro centri missionari o la loro fantasia creativa, hanno trasformato il mondo allora conosciuto, in particolare l’Europa, divenuti punti focali di irradiazione di valori etici e fondamentali.

Tra questi S. Cataldo: un Santo per il Terzo Millennio, grande taumaturgo irlandese, tanto venerato in Italia e quasi sconosciuto nella sua patria, al quale Enzo Farinella ineguagliabile studioso di Monachesimo irlandese, dedica il suo ultimo volume “L’Uomo venuto dal Mare”, pubblicato da Amazon Kindle, in lingua italiana ed in inglese.

Il libro ripercorre la vita del Santo, soffermandosi in particolare sul secolo VII che lo ha visto crescere a Canty in Irlanda, studiare ed insegnare a Lismore, e lavorare nella sua terra d’adozione, Taranto.

Un’opera svolta a protezione dell’inviolabilità della coscienza, solidarietà e promozione umana, dell’autonomia morale e civica, della dignità della mente consacrata alla ricerca della verità. Secondo i principi del cristianesimo alla luce del Vangelo, Cataldo promosse forme di accoglienza da rivalutare ai giorni nostri sul piano sacralità della vita della persona, valore supremo che non si può ignorare, perché fatti ad immagine e somiglianza di Dio.

Il libro quindi, “L’Uomo venuto dal Mare”, non tratta un racconto qualunque ma della storia di un Santo straordinario, celebrata ancora da migliaia di persone anche se vissuto 1,400 anni fà. Chiese sono state costruite in suo onore su cime azzurre di montagne lontane o ai bordi del mare, implorando la sua benedizione.

Andando indietro nei secoli, profonda devozione viene dedicata a San Cataldo, cui si erano perse le tracce nella memoria della gente e perfino del suo corpo. Ritrovato in perfetto stato di conservazione intorno al 1071, all’interno della Cattedrale di Santa Maria di Taranto. L’edificio in fatiscenti condizioni, distrutto dai Saraceni seguiva opere di ricostruzione ordinati dall’Arcivescovo Dragone.

Il libro di Enzo Farinella

Il libro di Enzo Farinella

Il rinvenimento ricondusse a San Cataldo per la iscrizione Cataldus incisa su una medaglietta in oro ritrovata sulle spoglie intatte del Santo, contenute in un sarcofago di marmo, di cui si narra, delicati profumi esalassero. La sorpresa fu immensa, giacchè del monaco irlandese se n’era perduta memoria per le continue devastazioni subite nel tempo dalla Città dei due mari. Il culto di San Cataldo si sviluppò nella fede dei tarantini, tanto da dedicargli la Cattedrale riedificata e luogo del ritrovamento, eleggendolo Patrono della Città.

 Monsignor Tommaso Caracciolo Rossi dei principi d’Avellino ( Avellino 1599 – Taranto 1663), uomo sapiente, Vescovo di Cirene e poi nominato da Papa Gregorio XIII, Arcivescovo di Taranto dal 30 marzo del 1637 fino alla sua morte, durante il suo mandato arcivescovile, ordinò nel 1658, l’ampliamento all’interno della Cattedrale della Cappella a Taranto, nota come Cappellone, un mausoleo in marmo pregiato dalla imponente bellezza artistica dedicandola a CATHALDUS o CATALDO.

 San Cataldo, divenne patrono della “Città dei due mari”, di cui per volere dell’Arcivescovo Caracciolo furono trasferite le reliquie del Santo, tuttora venerate dalla cittadinanza e da migliaia di turisti in visita annualmente al prezioso luogo di culto.

Ancora oggi la sua voce risuona nei cuori di tanta gente che implora la sua protezione. Egli placò il mare in più occasioni, ridiede la vista a ciechi, la parola e l’udito a sordomuti. Quale rifugiato e naufrago, superò pericoli in mare di un viaggio rischioso attraverso valichi di montagne e valli nell’Europa del tempo, ricoprendo a piedi oltre 6,000 km.

Cathaldus fu uno dei tanti pionieri che lasciò l’Irlanda, dove nacque, per portare Cristo al mondo allora conosciuto. Compì molti miracoli, tanto da acquisire la fama di operatore di prodigi. Recuperare la sua storia insieme a quella dei suoi confratelli, anche se in molti casi non abbiamo documenti storici, è urgente.

Il ritorno alla verità, esposta dai Santi e studiosi dell’Irlanda, dai tempi di S. Patrizio in poi è impellente. Essi hanno portato il Vangelo e la cultura nelle varie scienze, fondando la civiltà occidentale. Per queste ragioni si rende necessario avvicinarsi alla loro vita e quella di San Cataldo, cui in Italia lungo tutto il territorio nazionale sono stati dedicati nel tempo oltre 100 luoghi di culto.

I monaci irlandesi, veri missionari e visionari come Colombano in Francia e Italia, Colm Cille in Scozia, Aidan in Inghilterra, Virgilio in Austria, Marianus Scotus in Germania, e i discepoli di S. Benedetto influenzarono storia e cultura europee. Diedero un decisivo contributo al rinascimento della civiltà europea, creando ponti d’oro tra l’Irlanda e l’Europa. Cataldo fu uno di questi.

Portarono una nuova visione dell’essere umano, essenzialmente “relegato”, ricco di un intimo nostalgico “élan vital” trascendente. “Tutti posseggono e sentono un tale stimolo. E tutti hanno capito e onorato il potere che appartiene a ciascuno di noi fin dalla nascita”, dichiarò Plutarco, in “Moralia” Vol. V, Isis e Osiris, nel primo secolo.

Tra i vari capitoli del libro di Enzo Farinelladesideriamo segnalare quelli che trattano le origini del monachesimo irlandese, che ha plasmato la vita di Cataldo (cap. 2), la radice della fratellanza cosmica (cap. 3) e il sistema educativo irlandese che ha determinato e promosso l’azione missionaria di questi monaci cap. 4).

Il monachesimo irlandese dal V al XIV secolo fu un capitolo importante nella storia dell’umanità.

La Grecia prima e l’Italia dopo produssero simili movimenti che contribuirono sostanzialmente al nuovo volto dell’Europa e del mondo. Tuttavia, dobbiamo agli irlandesi la predicazione di una nuova cultura, fondata sulla Buona Novella dei Vangeli. L’opera di Cataldo a Taranto fu determinata da simili principi ed egli si prese cura dei tarantini perché tutti portatori dell’immagine di Dio.

Una domanda per tutte. Chiediamo al professor Enzo Farinella di rappresentare lo spirito che anima la stesura dei suoi testi sui monaci d’Irlanda e, l’ultimo sulle gesta di S. Cataldo. “Sono sempre più convinto sul piano storico-culturale che umano, quanto l’archeologia di valori perduti e principi di vita di quei tempi devono essere dissotterrati e riproposti per il nostro tempo. Un tempo che va, mentre il mondo, anche se connesso globalmente, si disintegra e frammenta. Scorrendo i percorsi della tradizione celtica troveremo il modello di vita cui ispirarci.Terra di missione della attività missionaria dei monaci irlandesi, furono l’Italia, l’Inghilterra, la Francia, la Germania, l’Austria, la Svizzera e i vari luoghi dove si sono recati. Recuperare le loro storie è urgente. In verità, bisogna riconoscere che all’Irlanda va il merito di aver introdotto un movimento teologico di rinascita, culturalmente illuminante con i suoi valori esoterici e civilizzanti nelle varie nazioni d’Europa. I suoi figli, portando cristianesimo e cultura nel Continente, divennero insegnanti di intere nazioni e consiglieri di Re e Imperatori”.

Cappella di San Cataldo

Cappella di San Cataldo

La copertina del libro con il prof. Enzo Farinella

La copertina del libro con il prof. Enzo Farinella

I libri di Enzo Farinella

I libri di Enzo Farinella

i libri di Enzo Farinella

I libri di Enzo Farinella

Enzo Farinella, nato a Gangi in Sicilia, è sposato con Barbara; ha quattro figli: Santina, Gioacchino, Aisling ed Enzino Làszlò; e sei nipoti: James, Giulia, Franca, Skye, Olive-Elisa e Willow. Già docente di Antropologia filosofica nell’Università di Dublino, saggista e giornalista, ha collaborato con Radio Vaticana ed ANSA dall’Irlanda dove vive da cinquant’anni. Messaggero di Pace per le Nazioni Unite, Cavaliere della Repubblica Italiana, Priore d’Irlanda per l’Ordine Capitolare dei Cavalieri della Concordia, Membro dell’Accademia Zelantea, referente a Dublino dell’Associazione di Volontariato: I Cittadini contro le mafie e la corruzione, plurilaureato, è stato per 20 anni Addetto Culturale presso l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino dove vive da cinquant’anni. Molte le sue conferenze sui legami tra Italia e Irlanda e in particolare sul lavoro dei monaci irlandesi nelle varie nazioni europee in Europa e in USA.Alcuni dei suoi volumi :E-Books:Dall’Atlantico al Mediterraneo, Appstore Apple “New Life Book”,2015.At the Roots of the History of Europe: Amazon, 2017Italy and Ireland – Two Stars under the Sky of Europe –, Amazon, 2020Under the Sky of the ‘Fair’ Islands – Irish Pilgrims in Britain and Europe, Amazon, 2020In the Land of Tulips – Irish Pilgrims in Benelux and Europe, Amazon, 2020Born in Ireland, Lit up Austria, Irish monks and Pilgrims in Europe and Austria, Amazon 2021Time for Action – Bonds between Italy and Ireland, Amazon 2021.Born in Ireland, Lit up Switzerland – Irish monks in Europe and Switzrtland, Amazon, 2021.Born in the Emerald Ireland, Lit up the Black Forest – Irish Pilgrims in Europe and Germany, Amazon 2022.

Come per tutti i viaggiatori stranieri,nel viaggio che Creuzè de Lesser fece in Italia tra 1801 e il 1802, l’Europa si fermava a Napoli. Il che vuol dire, che il Mediterraneo comincia proprio da Napoli. Ed è quel Mediterraneo delle lingue, certamente, ma anche delle culture grecaniche, arabe, balcaniche e degli incontri e scontri tra riti e fenomeni religiosi, da analizzare in una chiave di lettura antropologica…

22 Dicembre 2023 di Pierfranco Bruni – Antropologo e saggista

 

Da parte dei viaggiatori, sia stranieri sia viaggiatori provenienti dal nord Italia, ci sono chiavi di lettura abbastanza articolate che vanno da modelli di comprensione a letture comparate. Da Napoli in giù si respira, anche a sentire Maurice Maeterlinck nel suo Promenade en Sicile et Calabre risalente al 1924, l’atmosfera che è stata la realtà della Magna Grecia.

Il legame tra Europa e Mediterraneo presenta delle chiavi di lettura in cui l’intreccio tra lingue ed etnie, per Auguste Creuzè de Lesser (Parigi, 1771 – 1839) nel suo Viaggio in Italia e Sicilia risalente al 1806, pubblicato a Parigi da Didot, l’Europa finiva a Napoli. Si tratta di un viaggio che Creuzè de Lesser effettuò in Italia tra 1801 e il 1802. È una osservazione che ancora oggi fa riflettere perché se l’Europa per i viaggiatori stranieri si fermava a Napoli tutte le altre regioni come venivano considerate?

Lo stesso autore del testo citato, infatti, lo dice con molta singolarità quando afferma che “L’Europa finisce a Napoli, e anche assai male. La Calabria, la Sicilia, tutto il resto appartiene all’Africa” (cfr. Maurice Maeterlinck, Promenade en Sicile et Calabre, edizione 1997, Il Coscile, pagg. 7 – 8) . Ed è naturale che questa chiosa ci spinge ad una visione geografica ed antropologica dell’Italia ma se si vanno ad analizzare i tessuti territoriali ci si rende conto come, sia la geografia che l’antropologia rispecchiano una dimensione di natura prettamente etno – linguistica. Quell’Europa che finisce a Napoli segna lo spartiacque con il Mediterraneo il che vuol dire, che il Mediterraneo comincia proprio da Napoli. Ed è quel Mediterraneo delle lingue, certamente, ma anche delle culture grecaniche, arabe, balcaniche e degli incontri e scontri tra riti e fenomeni religiosi. Da Napoli in giù si respira, anche a sentire Maurice Maeterlinck (Gand, 1862 – Orlamonde, Nizza, 1949) nel suo Promenade en Sicile et Calabre risalente al 1924, l’atmosfera che è stata la realtà della Magna Grecia.

Una cultura chiaramente greca ma anche con delle ramificazioni in quelle koinè illiriche che rimandano alla storia albanese. Questo è un dato fondamentale perché come più volte sostenuto le cosiddette colonie albanesi e la tradizione grecanica si intrecciano tanto che la loro presenza ha dato vita ad un ethnos con il quale la storia d’Italia non solo dal punto di vista linguistico ha dovuto fare i conti.

La presenza degli albanesi nel regno di Napoli conferma sostanzialmente quello che sosteneva Creuzè de Lesser perché nel territorio del Regno di Napoli, già geografia fisica e politica della Magna Grecia, le lingue si son dovute sempre confrontare con i modelli di civiltà e quindi con i rapporti di dominazione che hanno permeato tutto il tessuto territoriale.

Il Regno di Napoli in una chiave di lettura antropologica si è trovato a raccordare con la presenza dei popoli balcanici provenienti dall’Adriatico, con la vicinanza del Mediterraneo greco e con l’affaccio ai paesi del Mediterraneo nord africano. Ed è naturale che i viaggiatori soprattutto quelli stranieri giungendo sia nell’area più vasta delle regioni meridionali sia nelle comunità etno – linguistiche con eredità ed appartenenza proveniente da altra realtà storico e geografico hanno dovuto puntualizzare la diversità che hanno riscontrato. Anche quella antropologica è una diversità di fondo caratterizzante nel dialogo con le popolazioni e con l’impatto sia urbanistico sia comunitario. Da parte dei viaggiatori, sia stranieri sia viaggiatori provenienti dal nord Italia, ci sono chiavi di lettura abbastanza articolate che vanno da modelli di comprensione a letture comparate. In molte occasioni non si riesce a fare un distinguo tra la presenza albanese e quella grecanica ma ci sono degli spaccati che offrono una forte tensione che si focalizza sulla descrizione del paesaggio.

Se Meterlinck (op. cit., pag.8) dice:Fino a Napoli il viaggio è piacevole e il comfort quasi perfetto…a partire da Napoli, e soprattutto in Sicilia, si incontrano gli inconvenienti…”, Maria Brandon – Albini (scrittrice italiana del Novecento) nel suo reportage dedicato alla Calabria risalente al 1957 ci offre questo affresco: “Con il crepuscolo, i paesi albanesi cominciano a brillare nel grembo ricoperto di muschio di un immenso presepe: San Basile, Acquaformosa, San Giorgio, Frascineto, lungo i contrafforti del Pollino; dal alto del mare Tirreno, San Benedetto e altri ancora; a destra del Crati, il prete mostra col dito il profilo brumoso della Sila greca dove si nascondono San Cosmo, San Demetrio Corone, Santa Sofia D’Epiro…” (Calabria, edizione 2008, Rubbettino, pag. 141).

Intorno a queste definizioni o rappresentazioni ci sono i costumi, le tradizioni, la lingua. E per gli albanesi o italo albanesi la lingua è il tutto che interagisce però con quel mondo bizantino al quale delegano la loro appartenenza le culture e le comunità greche. Lungo queste traiettorie il Mediterraneo ancora una volta è una presenza costante perché non solo interagisce ma definisce un processo che non è soltanto storico ma profondamente metafisico.

La storia più recente di queste comunità in questo lembo di Mediterraneo resta naturalmente quella della venuta degli albanesi. I viaggiatori che si sono spinti nel di dentro di queste comunità non hanno recuperato soltanto le forme etniche e non hanno cercato semplicemente di capire il suono della lingua ma si sono addentrati nel tentativo della comprensione di una storia che, comunque, resta ben intrecciata con il territorio.

Cesare Lombroso (Verona, 1835 – Torino, 1909) nel suo testo dal titolo In Calabria 1862 – 1897 sottolineando l’importanza della storicità degli albanesi ci offre una pagina di straordinario impatto sistematico: “La venuta degli Albanesi in Italia rimonta al 1462, quando Ferrante d’Aragona assediato in Barletta, e più le insistenze di Pio II (Enea Silvio Piccolonimi) chiamarono in aiuto contro Giovanni d’Angiò, Giorgio Castrista o Scanderbeg. Questi scese alle spiagge di puglia; ed i francesi al solo suo appressarsi sciolsero l’assedio e riportata la peggio in una battaglia ritornarono oltre Alpi. Scanderbeg ebbe in guiderdone la città di Trani, il monte Gargano col santuario di S. Michele, Manfredonia, ed il castello di S.Giovanni Rotondo. Ma dopo la sua morte avvenuta in Lissa nel 17 gennaio 1467 il Sultano s’impossessò della tanto ambita Albania; ed il figlio di Scanderbeg, Giovanni, poco degno, per valore, del padre, comunque protetto dalla Repubblica Veneta non sapendo resistere alla potenza ottomana espatriava, rifugiatasi nelle amiche terre napilitane insieme a molte famiglie albanesi, mentre latre toccarono i veneti dominii continentali. Il re Aragonese memore dei benefici ricevuti dal padre del fuggitivo principe l’accolse, e gli concesse il comando di S.Pietro di Galatina, ed arruolò la gioventù in reggimento; altri li raggiunsero cui il Re (per tenerli lungi dai grandi centri), sparse sul Gargano, ad Otranto e Melfi donde per dissensi insorti emigrarono in Basilicata: gli ultimi profughi in Sicilia e in Calabria vi edificarono 32 villaggi protetti da una pronipote di Scanderbeg sposatesi con un Sanseverini. Gli Albanesi, emigrati tutti in un’epoca istessa, conservarono ben più gelosamente le avite tradizioni, né so come si abbia potuto confonderli coi Greci, con cui non ebbero comunque che le lunghe sventure, l’origine Aria, e l’amore per la letteratura d’Ellenia, da cui, però, il loro linguaggio forse più differisce che dallo slavo e dal tedesco” (Cesare Lombroso, In Calabria, Rubbettino, 2009, pagg. 35-36).

Si tratta di una testimonianza di estremo interesse perché in un semplice spaccato Cesare Lombroso sfaccetta la presenza degli Albanesi nel Regno di Napoli ma parimenti tenta un confronto con la diversità dei Greci che sono, nonostante tutto, ben stanziati quasi nello stesso territorio. Per i viaggiatori stranieri trovarsi a contatto con popoli che sono portatori di una formazione greca, turca o araba ha avuto una duplicità di significato che tocca modelli di conoscenza di un territorio che è stato attraversato da antiche civiltà e che le loro tracce non sono soltanto nei beni culturali come elemento simbolico ma anche nel comportamento delle popolazioni e ciò che emerge vistosamente è il fatto che questo tessuto territoriale, come più volte ha sostenuto George Gissing (Wakefield, 22 novembre 1857 – 28 dicembre 1903), ha una profonda matrice mediterranea. Quindi viaggiare per luoghi e tra i luoghi nelle comunità albanesi e grecaniche per i viaggiatori stranieri, ha significato comprendere e capire una Europa che si fermava a Napoli. Proprio George Gissing (cfr. Daniele Cristofaro, George Gissing. Il viaggio desiderato (Calabria 1897), Pellegrini Editore, 2005 ; cfr. Alessandra Della Fonte, Bytheionian Sea: storia di un inglese che cercava l’antico e trovò le stelle, Il Coscile, 2008) che individua il suo viaggio tra le terre della Magna Grecia come un viaggio nell’Europa mediterranea.

Credo che partendo proprio da questa affermazione è possibile penetrare un tessuto che non è soltanto realtà geografica ma presenza esistenziale. In fondo le comunità che si rappresentano con una loro etnia ben definita rispetto a quella nella quale risiedono si sottolineano in una fedeltà che è quella, certamente, linguistica ma chiarificante in quella etno antropologica. Il che vuol dire che lingua e forme antropologiche costituiscono la chiave di lettura per penetrare una civiltà che è riuscita ad integrarsi in una cultura che già di per sé aveva un suo radicamento in una identità ben definita dal punto di vista della struttura geo –  politica.

I viaggiatori stranieri a volte hanno compreso ciò catturandone gli elementi e i sistemi ereditari altre volte sono rimasti disorientati. Ma resta il fatto che quella Magna Grecia che entra dentro il Regno di Napoli, ancora oggi, ha un suo portato, indubbiamente, storico la cui illustrazione si definisce, comunque, nei vari modelli antropologici che hanno antichi richiami. C’era una volta una Europa che diventò Mediterraneo e un Mediterraneo nel Regno delle Due Sicilie…

Il Regno di Napoli

Il Regno di Napoli

 

 

 

 

 

 

 

Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma.

Il Prof. Pierfranco Bruni

Il Prof. Pierfranco Bruni

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Al Baglio dei Principi di Spadafora, magnifica serata alla (ri) scoperta dei Beni culturali materiali e immateriali per la seconda edizione del premio dedicato alla memoria di “Franz Buda” compianto presidente  dell’Archeoclub di GiardiniNaxos, Taormina, Valle Alcantara impegnato in numerose attività culturali e difensore dei diritti dei cittadini.

A cura del dott. Rosario Messina

L'Avvocato Franz Buda

L’Avvocato Franz Buda

Taormina – Si è conclusa con grande successo la seconda edizione del premio “Franz Buda”, dedicato a protagonisti del mondo della cultura che si sono distinti nella tutela e valorizzazione dei patrimoni materiali ed immateriali. Il premio porta il nome dell’avvocato Franz Buda, già amministratore del Comune di Giardini Naxos e Presidente dell’Archeoclub d’Italia sezione Giardini-Naxos-Taormina-Valle Alcantara, scomparso nel 2019. L’evento ospitato nella suggestiva location del “Baglio dei Principi di Spadafora“, nella frazione di Trappitello, è stato ideato e organizzato dall’Archeoclub d’Italia sede di Giardini Naxos-Taormina-Valle Alcantara, in sinergia con la famiglia Buda di cui fanno parte i figli Italo, Rosanna e Stefania assieme alla moglie dello scomparso, Pina Principato.

La serata svoltasi con la formula del talk show è stata condotta dal giornalista Mauro Romano. Protagonisti di questa edizione premiati con le realizzazioni artistiche realizzate dall’artista Stefania Pennacchio sono stati: il Maestro Cav. Nino Buda presidente del Gruppo Folk Naxos, le “Feste classiche di Siracusa” per le quali è intervenuto l’assessore alla cultura della Città di Siracusa On. Fabio Granata e il letterato di chiara fama Professor Pierfranco Bruni Presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi” con sede a San Lorenzo del Vallo in Calabria con l’obiettivo di riscoprire, partendo dallo scrittore Francesco Grisi (1927 – 1999) la letteratura che pone al centro il senso della memoria e del viaggio.

A porgere i saluti istituzionali ai premiati ed ai presenti e spiegare le ragioni del prestigioso premio è stata l’assessore alla Cultura del Comune di Giardini Naxos Prof.ssa Fulvia Toscano: “Sono onorata di poter introdurre questo premio per il quale va ringraziata per il lavoro svolto la Presidente dell’Archeoclub Tamako Sakiko Chemi. Questo Premio è importante per due ragioni, la prima perché è intitolato al grande Franz Buda. La sua figura è importante perché una comunità si cementa con le memorie condivise e Franz Buda è una di queste importanti memorieLa seconda ragione è aver dedicato il Premio alla tutela ed alla valorizzazione dei patrimoni materiali ed immateriali. Un tema che ci sta particolarmente a cuore perché noi siamo gli eredi di una tradizione impegnativa. Qui è nata la Grecia di Occidente con Naxos prima colonia greca di Sicilia. Noi abbiamo la fortuna di avere uno dei più importanti parchi archeologici di Sicilia assieme a quello di Agrigento e Siracusa. Negli ultimi anni grazie alla direttrice del Parco Graziella Tigano questo Parco è diventato la casa dei giardinesi. Questa estate soprattutto attraverso tutte le manifestazioni culturali organizzate per e con la Città. Il nostro è un grande Parco che è sempre stato diretto da direttrici prestigiose a cominciare dalla mitica Paola Pelagatti e, di seguito, Maria Costanza Lentini, Vera Greco e ora Gabriella Tigano. Il Parco di Naxos è un bene immateriale talmente vivo che va ampiamente tutelato e l’assessorato alla Cultura ha anche questo compito e non solo quello di organizzare eventi”. A seguire i saluti della Presidente dell’Archeoclub Tamako Sakiko Chemi la quale ha presentato il nuovo direttivo che ha collaborato nella realizzazione dell’evento e le attività del sodalizio che non riguardano solo Giardini Naxos ma tutto il Comprensorio e la Valle dell’Alcantara

I protagonisti della serata

I protagonisti della serata

Prima di iniziare il talk show con i premiati, Mauro Romano ha dato la parola ai figli del compianto Avvocato Buda. Il figlio Italo avvocato del Foro di Messina ha ricordato la figura del padre stimato professionista soprattutto per le battaglie sociali che spesso intraprendeva, tra queste quella contro la chiusura del Tribunale di Taormina per il quale si incatenò per protesta davanti ai cancelli della sede di Trappitello. Uomo di grande cultura e Presidente dell’Archeoclub al quale dedicò tantissimo tempo per la tutela e la valorizzazione dei beni materiali ed immateriali del comprensorio di Naxos. Da qui l’idea di dare vita a questo Premio. La figlia Rosanna visibilmente commossa, ha raccontato momenti di vita vissuti con il padre.

Di seguito a conclusione della prima parte della serata una performance musicale del giovane chitarrista Giuseppe Braccio che si è esibito alla “chitarra battente” (momento a cura del Conservatorio statale Tchaikovsky in collaborazione con Accademia pianistica Italiana). A conclusione del virtuoso intermezzo musicale accolto dal pubblico con grande calore con un lungo applauso, la serata è entrata nel vivo con le interviste ai premiati.

Il Primo ad essere intervistato è stato il Cav. Nino Buda fratello di Franz, il quale in prima battuta ha ricordato commosso la figura del fratello declinando qualche aneddoto di gioventù come quando lo salvò a Venezia dal rischio di annegamento per essere caduto in acqua in un canale, fino alle sue battaglie sociali e all’amore per la cultura. Di seguito rispondendo alle domande del conduttore Mauro Romano ha raccontato la storia del Gruppo Folk Naxos che oltre 75 anni fa venne fondato dallo zio Cav. Luigi Buda il quale formò un primo gruppo di canterini con alcuni dei suoi alunni della scuola dove insegnava. A poco a poco i piccoli canterini iniziarono a partecipare ad eventi e spettacoli folk, anche in località fuori dalla Sicilia. Alla morte dello zio Luigi il Maestro Nino Buda ereditò la direzione del Gruppo poiché in passato aveva collaborato con lo zio con alcune canzoni. Di seguito, racconta il Maestro Nino Buda iniziò a studiare i grandi ricercatori delle tradizioni popolari siciliane ed etnologi come Giuseppe Pitrè. Oggi il Gruppo Folk Naxos è conosciuto in tutto il Mondo. E’ diventato un patrimonio culturale che ha fatto conoscere le nostre tradizioni a livello internazionale. A conclusione del suo appassionato intervento il Maestro Buda ha raccontato della tournee in Giappone negli anni 70 dove il Gruppo Folk Naxos si esibì alla presenza dell’Imperatore Hirohito.

Mauro Romano e Giuseppe Braccio

Mauro Romano e Giuseppe Braccio

Giuseppe Braccio con la sua "chitarra battente"

Giuseppe Braccio con la sua “chitarra battente”

Coinvolgente ed appassionato anche l’intervento del Prof. Pierfranco Bruni archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta, presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Attualmente Presidente della Commissione “Capitale italiana del Libro 2024“, nominato con Decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023.

L’illustre premiato vanta anche altre importanti esperienze, già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero. Nel corso della sua carriera è stato docente della Sapienza Università di Roma ed ha approfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche. Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma. Ed infine come non ricordare la candidatura per il Premio Nobel 2023 per la letteratura. In parole povere un curriculum straordinario da sbalordire chiunque lo legga e che ha motivato gli organizzatori dell’evento ad assegnare all’illustre letterato il Premio “Franz Buda”.

Il 3 luglio del 2023 Pierfranco Bruni è stato protagonista al Senato intervenendo sulle minoranze etno-linguistiche, gli Italo Albanesi. Prendendo spunto da questo evento il conduttore Mauro Romano ha fatto una prima domanda al professore chiedendo da dove nasce questa sua appassionata attenzione verso le minoranze etno-linguistiche. Nel rispondere Bruni ha spiegato che le sue origini italo albanesi sono state uno stimolo per: “far nascere in me l’amore verso le etnie. Sin da ragazzo ho cercato sempre di capire le origini di un popolo, di una comunità. Purtroppo oggi la nostra epoca ha perso il senso della tradizione mentre invece occorre recuperare questa visione di oggettualità e soggettività delle civiltà. L’Italia ad esempio è una nazione che si fonda sulle etnie, molte delle quali nate dal rapporto con la Grecia. L’etnia non è solo immigrazione e emigrazione ma senso di civiltà all’interno di una visione antropologica. Io ho cercato sempre attraverso la letteratura e l’archeologia di cercare le radici di un popolo. Attraverso lo studio delle etnie è possibile penetrare questo sottosuolo che ci fa comprendere l’anima di un popolo. Purtroppo stiamo vivendo in un Epoca dove, ribadisco, si è perso il senso della tradizione. Si parla tanto di Folklore ma dobbiamo comprendere che il folklore è una derivazione della tradizione e se alla base non c’è un percorso che va a scavare nel segno di una civiltà il folklore rimane solo una semplice manifestazione. A questo vorrei aggiungere, riferendomi ai Beni Culturali e al tema di questa manifestazione, che dobbiamo rivedere il concetto di Bene Culturale il quale va considerato al centro di un processo storico. Sono anni che io seguo questo percorso rivolto ai Beni Culturali attraverso lo studio dei Beni materiali e quelli Immateriali poiché non possono esistere Beni materiali senza Beni immateriali. Faccio un esempio, se stasera noi siamo in questa meravigliosa struttura medievale che è un bene materiale, cosa era in origine? Era un idea, quindi, un bene immateriale. Per questo vanno considerati assieme.“

Il Prof. Pierfranco Bruni

Il Prof. Pierfranco Bruni

La piacevole conversazione con il prof. Bruni è andata avanti con altre interessanti riflessioni che il letterato ha offerto nel corso del talk show sempre sulla tutela del patrimonio culturale materiale e immateriale che non ha risparmiato neppure la politica per la quale Bruni nel definirne lo stato di salute ha sottolineato come purtroppo stiamo assistendo al “suicidio della politica che passa attraverso l’omicidio della cultura”. Bruni ha altresì sottolineato che occorre porre un freno a questo tipo di decadenza culturale epocale attraverso una maggiore conoscenza, valorizzazione, fruizione e nuove progettualità dei nostri beni materiali e immateriali. Tanto per fare un esempio il letterato ha sottolineato come sia importante che ad esempio nelle nomine dei direttori di museo e altri beni materiali devono essere scelti esperti a tutto tondo che abbiano grande e consolidata esperienza, capacità progettuale e innovativa. Questo approccio vale anche per lo studio delle minoranze poiché, ha più volte ribadito Bruni: “la questione delle minoranze va affrontata culturalmente attraverso cinque coordinate: storia, letteratura, arte, musica, tradizioni. Questo vuol dire che intorno a tutto ciò si muove la dinamica della lingua e dei linguaggi, ovvero della conoscenza, della comunicazione e della tutela – valorizzazione delle nostre etnie”. Un lungo appaluso ha sottolineato il gradimento degli interventi da parte del pubblico che apprezzato parecchio le riflessioni e gli spunti del prestigioso letterato.

Altrettanto interessante il contributo dell’On. Fabio Granata che ha partecipato al pubblico altre interessanti riflessioni sui nostri Beni Culturali Materiali e Immateriali. La prima domanda posta dal moderatore Mauro Romano ha riguardato la Soprintendenza del Mare di cui Granata è stato uno degli artefici della sua nascita. “L’idea di creare una Soprintendenza del Mareha spiegato Granatanasce da un mio rapporto fecondo con un Funzionario regionale, nostro compianto archeologo Sebastiano Tusa. Entrambi eravamo dell’idea che era importante dare vita ad una Soprintendenza specifica perché il mare, il nostro mare, è un patrimonio che và preservato nella sua percezione di elemento fortemente ereditario della nostra Isola. Il mare è una realtà dinamica che và valorizzata, protetta e custodita per quello che rappresenta. E’ una realtà quella della Soprintendenza che, da noi, nasce come avanguardia poiché solo in Grecia esiste una Soprintendenza del Mare ed in Italia esiste solo in Sicilia. Non esiste nè a livello Ministeriale e neppure Europeo. La Sicilia ha anticipato questa importante progettualità facendo propria quella identità greca della importanza della visione dell’orizzonte. Questa eredità del pensiero greco per i greci di occidente ha alimentato la volontà di superamento dei confini attraverso anche la Soprintendenza del mare che è stata concepita ed è diventata uno strumento scientifico di tutela del patrimonio custodito dal mare. Per tali motivi la Soprintendenza non è solo una struttura burocratica ma è una realtà al servizio di un idea che mira a valorizzare e tutelare questo elemento importantissimo per la nostra terra che è il mare.”

Nel corso del talk show Granata ha risposto ad altre tematiche tra queste il progetto di fare riconoscere le “Rappresentazioni classiche di Siracusa” patrimonio dell’UNESCO. A tal proposito l’On. Granata ha detto: “In Italia vi sono 53 siti UNESCO. Di recente sono stati inseriti anche i Pupi Siciliani e l’Opera lirica italiana. A Siracusa come è noto vi sono le Rappresentazioni classiche che, per la loro notorietà internazionale dovrebbero anch’esse entrare a pieno titolo nella lista del Patrimonio UNESCO. La loro straordinaria unicità è che sono state concepite ben 110 anni fà grazie alla intuizione di un aristocratico siracusano Mario Tommaso Gargallo che diede vita alla tradizione delle rappresentazioni classiche nel 1914. La sua idea era semplice e rivoluzionaria, portare a Siracusa nel più grande teatro Greco della Magna Grecia le rappresentazioni classiche. La sua condizione economica gli permise di investire sul progetto. In suo aiuto venne l’allora Sovrintendente di Siracusa Paolo Orsi uno dei grandi padri dell’archeologia moderna che condivise il progetto e Ettore Romagnoli grande grecista. La grande intuizione dettata dalla passione per la cultura classica del Gargallo fu quella di capire che la cultura poteva trasformarsi in una forza imprenditoriale ed economica. Su questo l’aristocratico siracusano ha vinto la scommessa perché ogni stagione classica di Siracusa, che dura circa un mese e mezzo, che dal duemila è diventata annuale, fa registrare circa 170 mila spettatori paganti. Una partecipazione straordinaria di pubblico che supera quella di tutti i teatri stabili italiani che, messi assieme, fanno meno biglietti paganti di quelli del teatro di Siracusa in un solo mese e mezzo. Per questo possiamo parlare di una eccezionalità assoluta. Ed è per questo motivo che abbiamo inoltrato al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali tutti gli atti affinchè le nostre rappresentazioni classiche del Teatro Greco di Siracusa, patrimonio immateriale, siano riconosciute dall’UNESCO. Pensate che in Grecia le rappresentazioni classiche e le tragedie greche sono state messe in scena per la prima volta nel 1976 mentre le nostre nel 1914 con Agamennone.”

Da sin. Mauro Romano, il Cav. Nino Buda, il Prof. Pierfranco Bruni e l'On. Fabio Granata

Da sin. Mauro Romano, il Cav. Nino Buda, il Prof. Pierfranco Bruni e l’On. Fabio Granata

Mauro Romano con Italo e Rosanna Buda

Mauro Romano con Italo e Rosanna Buda

Terminati gli interventi si è dato inizio alla cerimonia della consegna dei premi consistenti in sculture realizzate dall’artista Stefania Pennacchio di origine lombarda docente di Arti Applicate e Tipologie dei Materiali presso l’Accademia di Belle Arti di Siracusa. A consegnare la scultura artistica al Prof. Pierfranco Bruni sono stati i figli dell’Avvocato Franza Buda, Italo e Rosanna; l’Assessore Fulvia Toscano ha consegnato il riconoscimento all’On. Granata mentre la presidente dell’Archeoclub Tamako Sakiko Chemi al Cav. Nino Buda.

A conclusione della serata una sorpresa per il Maestro Buda da parte di tre storici musicisti del Gruppo Folk Naxos, Nino Gullotta, Salvatore Gioieni e Rosario Todaro che hanno eseguito alcune canzoni popolari del repertorio del Gruppo folk Naxos.

Infine per tutti i presenti un succulento rinfresco rinforzato offerto dal Lido di Naxos allietato dalle note di due zampognari.

Impeccabile, il supporto  tecnico di Mario Amoroso e Antonino Brunetto.

Tra il numeroso pubblico presente tanti volti noti, l’ex sindaco del Comune di Giardini Naxos Nello Lo Turco, il vice presidente della Consulta giovanile Antonio Currenti, il responsabile dell’Archivio Storico Banca della Memoria del Comune di Giardini Naxos Nino Vadalà, la direttrice del giornale on line Paese Italia Press Mimma Cucinotta, la presidente dell’associazione scientifico culturale MeaLux Angela Lombardo, lo scultore Turi Azzolina, il cultore di tradizioni popolari Saro Bellingheri, la prof.ssa Nunzia Buonasera, gli assessori taorminesi Jonathan Sferra e Nino Lo Monaco e il presidente dell’associazione Aiace Giuseppe Spartà.

     ROSARIO MESSINA

I giornalisti Rosario Messina, Mimma Cucinotta e Pierfranco Bruni

I giornalisti Rosario Messina, Mimma Cucinotta e Pierfranco Bruni

Mauro Romano intervista l'artista Stefania Pennacchio

Mauro Romano intervista l’artista Stefania Pennacchio

La consegna del Premio al Prof. Bruni

La consegna del Premio al Prof. Bruni

Il Prof. Bruni con i figli di Buda

Il Prof. Bruni con i figli di Buda

La Prof.ssa Fulvia Toscano premia l'On. Fabio Granata

La Prof.ssa Fulvia Toscano premia l’On. Fabio Granata

La Presidente dell'Archeoclub premia il Cav. Nino Buda

La Presidente dell’Archeoclub premia il Cav. Nino Buda

Da sin. Nino Gullotta, Salvatore Gioieni e Rosario Todaro

Da sin. Nino Gullotta, Salvatore Gioieni e Rosario Todaro

I zampognari

I zampognari

Il Prof. Bruni e l'On. Granata

Il Prof. Bruni e l’On. Granata

 

 

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La distinzione tra il pensiero e l’idea è falsa. Continua ad affascinarmi l’eresia. Perché so che il pensiero senza l’idea sarebbe un viaggio nel vuoto…Tutto questo è catturabile nella scrittura? Se si resta sull’onda dell’attesa e dell’esilio forse…Bisogna far parlare le ferite, il vuoto, le mancanze, l’abisso per non sfogliare una pagina senza resa, senza rendiconto, senza il contrario della reticenza…

12 Dicembre 2023 di Pierfranco Bruni – saggista, antropologo *

Roma, 12 dic. 2023 – Da Schopenhauer a Nietzsche l’idea nasce da una rappresentazione tragica nella quale si tenta un legame tra Kant ed Hegel, ma diventa completamente inattuale. Ed io sono un inattuale pur abitando il contemporaneo e resto un uomo profondamente del Novecento passato.

Ogni qualvolta pensi di possedere in una mano la vita non dimenticare che nell’altra potresti possedere il nulla. È in questo nulla che tutto rinasce. Come una aurora che esce dal buio della tempesta dove i lupi si sono ritrovati per ululare a una luna assente.
Bisogna intraprendere due viaggi. O meglio incrociare due percorsi di un unico viaggio. Il primo è quello di contrastare il nulla. Il secondo è quello di cercare nella tempesta la luna. Allora bisognerebbe cercare?
Maria mi ha insegnato che non bisogna cercare. Manlio mi ha fatto capire che occorre anche saper convivere nel labirinto, nel caos e nella caverna. Non cercare ma fare in modo di attendere che la notte buia possa diventare schiarita. O che nella stessa notte si possa scorgere all’improvviso un’ora antelucana che faccia da traccia.
Possibile? Già chiedendo se è possibile vuol dire che potrebbe essere fattibile. Se il tutto intercetta prima o dopo il nulla ciò vuol dire che sia il tutto che il nulla esistono. Come in altri contesti il male e il bene.
Tutto questo è catturabile nella scrittura? Se si resta sull’onda dell’attesa e dell’esilio forse. Bisogna restare sul filo del limiti e del precipizio per poter scrivere una scrittura che non deve essere cronaca e quotidiano. Bisogna far parlare le ferite, il vuoto, le mancanze, l’abisso. Altrimenti si sfoglia una pagina senza resa, senza rendiconto, senza il contrario della reticenza.
Bisogna avere il coraggio di scrivere con la tragedia dell’incertezza e della indifferenza. Altrimenti perché scrivere? A quella indifferenza che però non toccano la totalità del tutto. Cosa potrebbe essere ciò? Subito detto attraverso Manlio Sgalambro: “La mia indifferenza non è totale. A un certo punto si rompe. Ma è attraverso questo squarcio che mi posso vedere. E nel momento in cui mi vedo non sono più indifferente”.
Cosa è questo squarcio nell’indifferenza? È la nostalgia che irrompe. Soprattutto quando gli anni si spezzano dalla giovinezza e i rami cominciano a restare senza foglie e il tempo ci mette il resto. Non posso negarlo nonostante i grandi sforzi di incamminato in una filosofia della ragione che ho interrotto: siamo sono nostalgia. Se non l’avessi sarei assurdo. Ma faccio attenzione a non cadere nel rimpianto.
Continua ad affascinarmi l’eresia. Perché so che nasce dal significante. Perché so che il pensiero senza l’idea sarebbe un viaggio nel vuoto.
Da Schopenhauer a Nietzsche l’idea nasce da una rappresentazione tragica nella quale si tenta un legame tra Kant ed Hegel, ma diventa completamente inattuale. Ed io sono un inattuale pur abitando il contemporaneo e resto un uomo profondamente del Novecento passato.
La distinzione tra il pensiero e l’idea è falsa. Non può sussistere. Senza pensiero non c’è l’idea.
Bisogna assolutamente vivere la trasmutazione del pensiero in idea. Epicuro nel dialoghetto di Sgalambro dice a Colore: Bada, io ti incito al desiderio del bene, non farlo. Quest’ultima cosa mi atterrisce solo a pensarci”.
Dostoevskij dei fratelli Karamazov c’è tutto. Il nulla è il male. Il tutto però non è il bene. Perché ci si innamora di ciò? Perché c’è il tragico o perché non ho niente da fare. Come il Luigi Tenco che canta l’innamorarsi perché non si ha nulla da fare. Il resto è codardia. Il resto è apocalisse. Il resto è tramontare. E ritorna Nietzsche. Si può fare altro? Chiudersi in una stanza e aspettare.

Nelle foto il Prof. Bruni, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzche

Nelle foto il Prof. Bruni, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzche

 

 

Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma.

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Sono 154 i Paesi che hanno abolito la pena di morte ma ancora 20 quelli che la infliggono. Negli ultimi anni anche il Kazakistan, la Papua Nuova Guinea, la Sierra Leone e la Repubblica Centrafricana l’hanno abolita. Il cammino per la totale eradicazione è lungo e non può fermarsi. L’appello in occasione della Giornata contro la pena di morte: adesso basta

 A cura di Marta Tersigni

 

Roma, 30 novembre 2023 – Ci sono molti modi per passare alla storia e il Granduca Pietro Leopoldo (fratello di Maria Antonietta) sarà per sempre ricordato, e amato, per aver abolito la pena di morte e la tortura nel Granducato di Toscana. È stato il primo al mondo ed era il 30 novembre 1786, giorno che la Toscana ha voluto legare alla “festa della Toscana” e che il mondo ha dedicato alla Giornata mondiale per l’abolizione della pena di morte.

In realtà Leopoldo fece molto di più promulgando il Codice Leopoldino che recepiva il pensiero che Cesare Beccaria aveva trasfuso ne “Dei delitti e delle pene“: Leopoldo ridusse il carcere preventivo, istituì la difesa d’ufficio per chi non poteva permettersi un avvocato, soppresse il reato di lesa maestà divenuto un facile espediente per sopprimere la libertà di pensiero.

Annoverato tra i sovrani illuminati del suo periodo, facendo un salto temporale che porta al 2023, potremmo definirlo un uomo di potere che ha preferito l’acqua al fuoco e l’amore all’odio. Sono queste le parole con cui il Sindaco di Bangui (capitale della Repubblica Centrafricana), Emile Nakambo ha descritto il suo Presidente della Repubblica che nel 2019, appena eletto, assicurò al mondo intero che avrebbe abolito la pena di morte. E così è stato. La legge approvata il 20 maggio 2022 è stata promulgata il 22 giugno 2022. Vale la pena ricordare che la Repubblica usciva dalla più grande crisi politica e sociale mai accaduta, che aveva visto migliaia di rese di conti, episodi di giustizia sommaria, violenza inaudita. Di fronte a tutto questo si è risposto con un atto di grande civiltà.

Se ne è discusso in questi giorni  a Roma, in occasione dell’evento promosso dalla Comunità di Sant’Egidio che dal 2001 conduce l’iniziativa Cities for life, cities against death penalty, una rete di 2450 città che oggi – 30 novembre- illumineranno i propri monumenti per dire basta alla pena di morte.

Sala Protomoteca da sin. Gary Drinkard, Suzana Norlihan Binti Alias Mario Marazziti e Emile Nakambo

Sala Protomoteca da sin. Gary Drinkard, Suzana Norlihan Binti Alias Mario Marazziti e Emile Nakambo

Basta è proprio il termine che risuona per tutto l’incontro moderato da Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio, un appello e un grido che proviene dal profondo del cuore e dall’intelligenza umana.

Viviamo in un modo sottosopra – dichiara Marazzitiin cui si è tornati ad usare la guerra per la risoluzione delle controversie internazionali. Nel 2022 sono tornate ad aumentare le esecuzioni e il triste primato spetta all’Iran, all’Arabia Saudita e all’Egitto”. In questi paesi sono state eseguite 576 condanne in Iran, 196 in Arabia Saudita e 24 in Egitto. E mancano i dati di Cina e Vietnam del Nord.

La pena capitale è una scorciatoia militare per risolvere i problemi, è violenza di massimo livello di uno Stato che si mette contro un individuo, presuppone l’infallibilità della giustizia e non vi è rimedio” continua Marazzini.

Parole che scuotono ascoltando la testimonianza di Gary Drinkard, per 6 anni nel braccio della morte in Alabama. “Ero innocente, nel mio primo processo sono stato difeso da un avvocato poco preparato e sono stato condannato a morte. Ho visto compagni di prigione impazzire, altri suicidarsi, altri ancora affrontare la pena con coraggio. Non mi ascoltava nessuno, tutti mi dicevano che non potevano aiutarmi, che non avevano risorse, che non avevano fondi. Io ero innocente. Dopo 5 anni ho vinto l’appello e il mio caso è stato riaperto”. Il nuovo processo vede Gary difeso da un avvocato di grande fama, Bryan Stevenson, e dal team dell’associazione Equal Justice Initiatives fondata proprio da Stevenson, autore anche di “Just merci: a story of justice and redemption” da cui è stato tratto il film “Il diritto di opporsi”. Gary adesso è un uomo libero ma la sua vita ha stentato a tornare alla normalità “Ho studiato, mi sono laureato, ma il mio passato non mi permette di avere una vita lavorativa, intorno a me rimane il sospetto”.

Cosa ti ha aiutato a non impazzire?” chiede Marazzini. “I miei amici di penna”, risponde Gary.

Si tratta di una rete che in Italia è promossa dalla stessa Sant’Egidio che mette in contatto i condannati con dei volontari (maggiori informazioni sul sito della Comunità).

Interviene anche l’avvocata malesiana Suzana Norlihan Binti Alias, da anni impegnata nel suo paese per l’eliminazione della pena di morte “Ho esultato di gioia quando la Malesia ha tolto l’obbligatorietà della pena di morte per ben 12 reati – racconta-. Dal 2018 le pene capitali sono state sospese in Malesia ma non commutate. Siamo un paese musulmano, è vero, ma quando si parla di pena capitale non esistono valutazioni religiose o di genere. Ci sono solo gli uomini. La pena di morte non diminuisce i reati, la pena di morte si basa su una giustizia vendicativa e ritorsiva. È una pena suprema contro la quale non esiste riparazione e si accanisce sulle fasce più emarginate della popolazione. Occorre parlare di comprensione, compassione e riabilitazione. Mio fratello, da venti anni detenuto, rispetto a quando ha commesso il reato è una persona diversa, tutti cambiano”.

Mario Marazzini conclude con un passaggio di testimone, invitando i giovani presenti al convegno a continuare a lottare e a i quali si rivolge con un augurio “Sarete voi a vedere i risultati del nostro lavoro”.

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Un’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura. L’iniziativa organizzata dall’ Unms e dall’ordine degli avvocati.

 

Sarà presentato il 5 dicembre, alle ore 18, a Torino, presso il Circolo Ufficiali dell’Esercito, il libro “Meglio separateUn’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura” scritto dal magistrato Gaetano Bono, Sostituto procuratore generale presso la Procura Generale di Caltanissetta. Con l’autore interverranno l’avvocato Maurizio Basile (vicepresidente della Camera penale “Vittorio Chiusano” del Piemonte e della Valle d’Aosta) e il magistrato Davide Pretti, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino. Previsti, inoltre, i saluti del presidente nazionale dell’Unms (Unione Nazionale Mutilati per Servizio) Antonino Mondello, della professoressa Antonella Grassi (presidente provinciale dell’Unms di Torino)e del generale di corpo d’armata Stefano Mannino (comandante del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito Italiano). Modererà l’incontro il giornalista e inviato Mediaset Vincenzo Rubano.La presentazione del libro è stata organizzata dall’ Unms con la collaborazione dell’Ordine degli avvocati di Torino e della Camera Penale “Vittorio Chiusano” del Piemonte occidentale e Valle d’Aosta.

IL LIBRO

Il magistrato siciliano Gaetano Bono, attualmente il più giovane sostituto procuratore generale in servizio, nel libro “Meglio separate”, edito dalla casa editrice “Le Lettere” affronta senza pregiudizi la questione, mostrando i punti di forza e le criticità delle contrapposte tesi che, da almeno trent’anni, si fronteggiano, e che pongono la magistratura da sempre in posizione di unanime contrasto, quantomeno nel pubblico dibattito. Il libro non si limita a parlare della separazione delle carriere, ma funge da spunto per offrire uno spaccato sulla situazione della giustizia italiana, sulle ragioni della sua crisi e sulle possibili soluzioni (non solo nel settore penale). Bono, dal dicembre 2022, svolge funzioni requirenti di secondo grado presso la Procura Generale di Caltanissetta dove, tra le altre cose, segue processi in materia di criminalità organizzata di stampo mafioso a carico di appartenenti a Cosa nostra.

L'autore del libro il Magistrato Gaetano Bono

L’autore del libro il Magistrato Gaetano Bono

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A cura di ROSARIO MESSINA

Giardini Naxos (Me): Sul progetto riguardante il Ponte di Messina non si contano più i pareri, a volte contrastanti a volte concordanti, i SI i  NO, i progetti avveniristici e quelli approvati, un elenco troppo lungo e variopinto, impossibile da elencare.  In questi giorni però un cittadino giardinese che in passato ha collaborato con l’Ufficio Turismo del Comune di Giardini Naxos nell’organizzazione di importanti eventi, prima che si trasferisse in Cina per lavoro agli inizi del terzo millennio, tornato a Giardini Naxos dopo l’esperienza cinese, forte della sua esperienza lavorativa nella città di Shangai dove ha abitato per diversi anni, ha voluto lanciare un idea riguardante il Ponte di Messina che ci è parsa originale e meritoria di essere portata a conoscenza dei nostri lettori e di chiunque sia appassionato a questa vicenda dal futuro e dalla realizzazione ancora incerta. 

A lanciare questa originale idea che ovviamente esprime il desiderio che il Ponte sullo Stretto si faccia è Andrea Franceschetti il quale immagina così come è accaduto a Shangai con un altra opera che il Ponte possa diventare non solo un “collegamento tra il Continente e la Sicilia” ma anche una sorta di Monumento Nazionale in grado di attirare turisti e quindi con un cospicuo ritorno economico.

Ma leggiamo di seguito l’idea di Andrea Franceschetti:

La Oriental Pearl Tower, da me visitata più volte, si trova a Shanghai nel distretto moderno di Pudong progettata dall’Arch. Jia Huan Cheng e completata nel 1995. Una torre per le telecomunicazioni alta 468 mt. diventata il simbolo della città per la sua particolare caratteristica architettonica. Una struttura in cemento con diverse sfere di diverse misure di cui le tre principali sono poste verticalmente a differenti altezze .  La torre ha 3 livelli di osservazione ricavati all’interno di queste 3 sfere dotate di pareti interamente in vetro di cui la più alta è situata ad una quota di 351 mtQuella sottostante a 263 mt. è costruita su due piani, in quello superiore ospita un ristorante panoramico rotante che impiega 1h per compiere un giro completo di 360 gradi.  Nel piano sottostante è possibile osservare il panorama attraverso un vertiginoso pavimento trasparente. La torre è dotata di 6 ascensori di cui uno a due piani con una capienza per 50 persone e di un’ascensore super veloce che raggiunge la vetta alla velocità di 7 mt al secondo. La torre per la sua struttura originale e soprattutto per le suggestive piattaforme panoramiche che offrono una vista mozzafiato di Shanghai è diventata una delle principali attrazioni della città con tre milioni di visitatori paganti ogni annoUna progetto geniale per la sua architettura e la duplice funzione di torre per le telecomunicazioni e torre panoramica.

La Oriental Pearl Tawer

La Oriental Pearl Tower

Tornando in Sicilia dopo anni di lontananza e venendo a conoscenza dell’imminente costruzione del ponte sullo stretto, mi sono chiesto perchè non fargli svolgere ad anch’esso la doppia funzione di sostegno e di torre panoramica come la Oriental Pearl Tower di Shanghai ?

            Certamente come prima cosa mi sono chiesto se questa idea possa essere tecnicamente realizzabile su una struttura progettata per sostenere un ponte di queste proporzioni in una zona altamente sismica,  così non essendo ne un ingegnere ne un architetto la pubblico su questo sito per ricevere ogni tipo di commento.

            Lasciando da parte questi dubbi, immaginiamo di salire su una delle torri del “futuro ponte sullo stretto” ad oltre 300 mt. di altezza e vedere le coste siciliane a nord-ovest, le isole Eolie e pian piano a giro le coste della Calabria in direzione nord, lo stretto con il gioco delle correnti (il mito di Scilla e Cariddi), poi le coste calabresi e siciliane che si specchiano e così via. Sicuramente un impatto visivo straordinario su un luogo iconico del Mediterraneo unico per bellezza, storia e mitologia.

            Questa idea per molti aspetti controversa, nasce anche da quelle voci contro di associazioni o persone che si oppongono alla costruzione del ponte per motivi ambientalisti e di altra natura.

È fuori dubbio che l’imponente costruzione modifichi radicalmente una area geografica con contenuti paesaggistici e storici unici nel Mediterraneo.

Una mastodontica cementificazione andrebbe ad occupare grandi superfici di terra ed un tratto di mare un tempo attraversato da eroi mitologici, luoghi divenuti parte integrante della nostra cultura.

Secondo il mio modesto parere, creando delle piattaforme panoramiche sui giganteschi pilastri si potrebbe rendere più accettabile e sostenibile l’intero progetto in quanto queste enormi strutture, oltre a sostenere il ponte potrebbero diventare un punto di osservazione straordinario per contemplare quelle aree che la mitologia ha reso famose

Inoltre, migliorando l’aspetto estetico delle strutture a terra con interventi di restyle sulle basi dei pilastri e sugli ancoraggi con un progetto architettonico che li renda doppiamente funzionali, come nella Oriental Pearl Tower di Shanghai.

Le enormi basi dei pilastri ingentilite da una architettura possibilmente in armonia con il territorio per ospitare una “stazione” dotata di ascensori per il trasporto di persone sulle piattaforme ad alta quota. Con lo stesso principio di restyle intervenendo anche sulla struttura degli ancoraggi.

            Oltre a migliorare i punti critici di cui sopra, questa opzione consentirebbe a questa area di diventare un importante sito turistico apportando benefici all’economia locale in quanto diventerebbe luogo di forte attrazione per migliaia di visitatori.

Sempre secondo il mio modesto parere, non penso che in quelle aree progettate sotto il ponte si possono verificare vantaggi economici solo perchè sulle teste delle persone vi è la campata unica piu lunga del mondo. Senza la creazione di una attività attrattiva che ne garantisca il successo, c’è il rischio di rendere quegli spazi non ricettivi e quasi certamente vederli includere nella lunga lista delle “cattedrali nel deserto”.

 

 Il Rendering concept del Ponte di Messina come lo immagina Andrea Franceschetti

Il Rendering concept del Ponte di Messina come lo immagina Andrea Franceschetti

Il concept, come illustrato nel rendering prevede di dotare le gigantesche torri di entrambe le coste dello stretto di 2 piattaforme panoramiche posizionate a diverse altezze.

            Sia sulle torri situate in Calabria, sia su quelle in Sicilia per offrire ai visitatori angoli diversi di osservazione e di pari opportunità di impresa per entrambi i territori.

            Inoltre, le torri potrebbero essere dotate di impianti fotovoltaici per fornire elettricità alle piattaforme panoramiche e per illuminare le torri stesse.

            Nella Oriental Pearl Tower le piattaforme sono delle costruzioni di forma sferica ispirate ad un poema della dinastia Tang e probabilmente quelle geometrie per sopportare i fortissimi venti provocati da tifoni che si verificano in quella zona.

Per questa location sullo stretto mi sono preso la licenza di immaginare le piattaforme con una forma discoide (vedere rendering), come dei grandi occhi (con riferimento al mito dei ciclopi) o ai capitelli delle colonne greche.

            Questo tipo di strutture, che permettono visioni panoramiche ad alta quota, sono i monumenti più visitati al mondo. La torre Eiffel che detiene questo record, registra 7 milioni di visitatori ogni anno con un giro di affari di 434 milioni di euro.

Difficile raggiungere questi traguardi economici, ma sono certo che si poterebbero realizzare numeri importanti.

            Un’idea per dare al ponte, oltre alla sua funzione primaria un valore culturale aggiunto con la creazione sullo stesso di punti di osservazione ad alta quota poco impattanti sulla struttura.

Il ponte sullo stretto, una opera di alta ingegneria per rivoluzionare il sistema logistico del Mediterraneo ma anche un monunento nazionale con la prospettiva di diventare una delle più importanti attrazioni turistiche del nostro paese. Ho letto che in questi anni sono state presentate diverse proposte di varianti sul progetto del ponte tra cui  “Abitare il ponte”, dove sono previste delle strutture integrate ai pilastri di sostegno per ospitare alberghi, uffici, abitazioni, etc., pertanto, cambiando totalmente l’architettura del progetto originale.  Questa idea invece, per dare al ponte un valore aggiunto rispettando il progetto originale con un intervento minimalista.”

Orient.Pearl Tower

Orient.Pearl Tower

 

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