La distinzione tra il pensiero e l’idea è falsa. Continua ad affascinarmi l’eresia. Perché so che il pensiero senza l’idea sarebbe un viaggio nel vuoto…Tutto questo è catturabile nella scrittura? Se si resta sull’onda dell’attesa e dell’esilio forse…Bisogna far parlare le ferite, il vuoto, le mancanze, l’abisso per non sfogliare una pagina senza resa, senza rendiconto, senza il contrario della reticenza…
12 Dicembre 2023 di Pierfranco Bruni – saggista, antropologo *
Roma, 12 dic. 2023 – Da Schopenhauer a Nietzsche l’idea nasce da una rappresentazione tragica nella quale si tenta un legame tra Kant ed Hegel, ma diventa completamente inattuale. Ed io sono un inattuale pur abitando il contemporaneo e resto un uomo profondamente del Novecento passato.
Ogni qualvolta pensi di possedere in una mano la vita non dimenticare che nell’altra potresti possedere il nulla. È in questo nulla che tutto rinasce. Come una aurora che esce dal buio della tempesta dove i lupi si sono ritrovati per ululare a una luna assente.
Bisogna intraprendere due viaggi. O meglio incrociare due percorsi di un unico viaggio. Il primo è quello di contrastare il nulla. Il secondo è quello di cercare nella tempesta la luna. Allora bisognerebbe cercare?
Maria mi ha insegnato che non bisogna cercare. Manlio mi ha fatto capire che occorre anche saper convivere nel labirinto, nel caos e nella caverna. Non cercare ma fare in modo di attendere che la notte buia possa diventare schiarita. O che nella stessa notte si possa scorgere all’improvviso un’ora antelucana che faccia da traccia.
Possibile? Già chiedendo se è possibile vuol dire che potrebbe essere fattibile. Se il tutto intercetta prima o dopo il nulla ciò vuol dire che sia il tutto che il nulla esistono. Come in altri contesti il male e il bene.
Tutto questo è catturabile nella scrittura? Se si resta sull’onda dell’attesa e dell’esilio forse. Bisogna restare sul filo del limiti e del precipizio per poter scrivere una scrittura che non deve essere cronaca e quotidiano. Bisogna far parlare le ferite, il vuoto, le mancanze, l’abisso. Altrimenti si sfoglia una pagina senza resa, senza rendiconto, senza il contrario della reticenza.
Bisogna avere il coraggio di scrivere con la tragedia dell’incertezza e della indifferenza. Altrimenti perché scrivere? A quella indifferenza che però non toccano la totalità del tutto. Cosa potrebbe essere ciò? Subito detto attraverso Manlio Sgalambro: “La mia indifferenza non è totale. A un certo punto si rompe. Ma è attraverso questo squarcio che mi posso vedere. E nel momento in cui mi vedo non sono più indifferente”.
Cosa è questo squarcio nell’indifferenza? È la nostalgia che irrompe. Soprattutto quando gli anni si spezzano dalla giovinezza e i rami cominciano a restare senza foglie e il tempo ci mette il resto. Non posso negarlo nonostante i grandi sforzi di incamminato in una filosofia della ragione che ho interrotto: siamo sono nostalgia. Se non l’avessi sarei assurdo. Ma faccio attenzione a non cadere nel rimpianto.
Continua ad affascinarmi l’eresia. Perché so che nasce dal significante. Perché so che il pensiero senza l’idea sarebbe un viaggio nel vuoto.
Da Schopenhauer a Nietzsche l’idea nasce da una rappresentazione tragica nella quale si tenta un legame tra Kant ed Hegel, ma diventa completamente inattuale. Ed io sono un inattuale pur abitando il contemporaneo e resto un uomo profondamente del Novecento passato.
La distinzione tra il pensiero e l’idea è falsa. Non può sussistere. Senza pensiero non c’è l’idea.
Bisogna assolutamente vivere la trasmutazione del pensiero in idea. Epicuro nel dialoghetto di Sgalambro dice a Colore: “Bada, io ti incito al desiderio del bene, non farlo. Quest’ultima cosa mi atterrisce solo a pensarci”.
Dostoevskij dei fratelli Karamazov c’è tutto. Il nulla è il male. Il tutto però non è il bene. Perché ci si innamora di ciò? Perché c’è il tragico o perché non ho niente da fare. Come il Luigi Tenco che canta l’innamorarsi perché non si ha nulla da fare. Il resto è codardia. Il resto è apocalisse. Il resto è tramontare. E ritorna Nietzsche. Si può fare altro? Chiudersi in una stanza e aspettare.
Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma.