
Una disamina attenta delle fratture che mettono in discussione i modelli di vita imperanti mentre sollecitano il mondo più industrializzato ad una autoanalisi profonda. Una critica ferma ai sistemi. Una esortazione continuata a lasciarsi ispirare dalla saggezza prudente. Una indagine in progress che scandaglia le radici di un dramma prevedibile.
di Redazione
È appena uscito. Si intitola I giorni della peste e il sottotitolo precisa: Il presente tragico e i richiami della storia. In copertina, un mesto e significativo dipinto di Edvard Munch. Si tratta di un brillante saggio di analisi del tempo presente scritto nei giorni cruciali della pandemia in Italia, in perfetta connessione con gli eventi, dal 9 di marzo fino al 4 maggio 2020, e pubblicato dalle Edizioni di storia e studi sociali. Carlo Ruta, studioso della storia mediterranea e delle civilizzazioni tra i più innovativi e originali in Europa, spiega con questo libro i contesti drammatici del contagio, e lo fa, da lettore professionale del passato, al lume della storia. Ne esce una riflessione lucidissima, che contribuisce a definire l’ampiezza e la complessità ma soprattutto i rischi di prospettiva, sociali e civili, di quel che sta avvenendo.
Al centro di questa analisi in progress non è solo l’infezione del Covid 19, con i suoi spostamenti e le sue drammatiche evoluzioni tra le popolazioni più interconnesse della Terra. La «peste» evocata dal titolo, come emerge in maniera concisa nello scorrere delle pagine, è anche un’entità altra, qualcosa di immateriale, un modo d’essere coercitivo e imperioso, annidato profondamente nei sistemi, che la grave situazione sanitaria ha in fondo solo aiutato ad venir fuori.
Questa seconda «infezione», morale e civile, è tenebrosa e subdola, presenta caratteri distruttivi ma anche autodistruttivi, si riproduce nell’errore, per adesso, e, potenzialmente, nell’orrore. Quindi va portato riconosciuto, controllato, svelato. Questa «peste», immateriale e «corroborante», spiega lo studioso, «mina la coesione tra i paesi, impedisce il flusso ordinato delle idee, provoca un irrigidimento della ragione, quindi chiusure e pregiudizi». L’autore fornisce, allora, una chiave di quel che sta accadendo realmente, e mette in guardia, appunto, dai pericoli che si corrono, a partire comunque dal caso Italia, che, nel quadro generale dei paesi, presenta una disunità polarizzata e strategica che diventa sempre più preoccupante.
Le conclusioni cui, arriva, con il supporto di dati e indizi importanti, sono estremamente serie, sulla tenuta, soprattutto, di quella che Norberto Bobbio definì l’età dei diritti. Il Covid 19, spiega lo storico, ha finito con il mettere meglio in luce tensioni e aspirazioni malsane che erano latenti. In vari paesi lo si sta usando, infatti, per torsioni legislative e regressioni istituzionali. E in questo quadro, connotazioni proprie sta assumendo appunto la situazione italiana, dove l’indebolimento del sistema democratico, già in corso da decenni, si associa oggi a problematiche dirompenti, economiche e sociali.
Scrive lo storico in premessa: «Non è una cronaca ma un contributo di analisi, sui danni materiali e morali, le fratture, gli smottamenti sociali e civili provocati, o solo portati violentemente alla luce, dalla pandemia. La prospettiva è perciò complessa e pluridirezionale, con richiami mirati alla storia, lunga e breve, adoperata come punto di riferimento mobile da cui trarre indizi, segnali, suggerimenti e termini di paragone. Le parti che compongono il testo sono state redatte e pubblicate […] nel tempo “sospeso” e tuttavia travolgente in cui il contagio pandemico del Covid 19 ha sconvolto la quotidianità dei paesi e dei continenti. Registrano quindi un transito di frontiera, forse epocale, che non fornisce in ogni caso, attraverso gli strumenti consueti, un orientamento sicuro, tra un inizio che forse non è un inizio e una proiezione in avanti che si presenta oscura e pericolosa. Alla riflessione serrata dei fatti si associa perciò una critica ferma ai sistemi, che hanno determinato con le loro condotte il degrado degli ambienti, mentre si esorta a vigilare a tutto campo, perché la civiltà dei diritti non regredisca e non lasci il campo ad una diffusa e spaesante condizione di crepuscolo».
