La nonna Giovanna a destra

QUANDO LA MIA SBINONNA GIOVANNA PARTI DA RAGUSA PER ROMA PER ESSERE RICEVUTA DAL DUCE IL 20 DICEMBRE 1940

Partita dal profondo Sud per rivendicare il non pagamento dello stipendio da tre mesi al Tubercolosario di Ragusa.

 A Cura di Salvatore Battaglia Presidente dell’Accademia delle Prefi

Era il 15 dicembre del 1940 in Casa Baglieri le ristrettezze economiche erano estreme, la mia bisnonna Giovanna donna volitiva ed energica, lavoratrice instancabile decise con l’appoggio di tutte le sue colleghe del Tubercolosario e Sanatorio “G. Odierna” di Ragusa di intraprendere quel viaggio di speranza per la sopravvivenza di tante famiglie ragusane. Approfittò dell’occasione per la celebrazione della giornata della madre e del fanciullo per recarsi a Roma a parlare direttamente con il Duce. La giornata era programmata per esaltare i simboli della forza e della continuità della razza. Il Podestà di Ragusa  informa la Baglieri che sarà ricevuta insieme a  92 madri giunte da tutte le Provincie d’Italia e che rappresentano le più numerose famiglie italiane, sottolineando con un pomposo apologo che la visita al Capo del Governo, primo animatore e instancabile assertore della saldezza del vincolo familiare come nucleo essenziale della Nazione e della necessità dell’accrescimento demografico come fondamento primo della potenza dei popoli, degnamente avrà inizio la significativa celebrazione… la Giovanna non capi molto di quel discorso ma si preparò a partire…

Dopo la sofferta ma essenziale decisione, per la Baglieri (la mia bisnonna) di partire fra due giorni per Roma, la cosa più difficile era comunicarlo al marito Turiddu (Salvatore)… uomo di poche parole e visibilmente irritato dal comportamento audace e combattivo della consorte.

All’annunzio della volontà di partire per essere ricevuta dal Duce a Roma, il Turiddu rispose in forma lapidaria: Quella e la porta… se la varcherai per andare a Roma, non potrai più ritornarvi.

La Giovanna senza esitare rispose: Beh se questa è la tua decisione, Ti informo che la Casa in cui viviamo è la mia… quindi se c’è qualcuno che varcherà la porta e non entrerà più… sarai Tu!, il Turiddu accompagnò  insieme ad una nutrita schiera di donne e colleghi La Giovanna partì.

Dopo la cerimonia a Roma in occasione della giornata della madre e del fanciullo, la Giovanna fu ricevuta dal Duce che mostrò ammirazione per il coraggio è la determinazione di una donna del sud come lei.

Dopo poco tempo, gli stipendi a tutto il personale del Tubercolosario e Sanatorio “G.Odierna” furono erogati. Al ritorno a Ragusa, Giovanna Baglieri fu accolta alla Stazione da un tripudio festante da una buona parte dei colleghi e dalle autorità cittadine…

Beh il Turiddu e la Giovanna vissero tanti anni insieme nella stessa casa, con la stima e la ammirazione della propria città.
Il Tempo passa, ma i ricordi rimangono… della bisnonna solo una nipote segui il cammino della Baglieri, la Pina Blundo (alias mia madre) che  lavorò in Ospedale “Maria Paternò Arezzo” e fu rappresentante sindacale, apportando  un notevole impegno alla causa femminile nel mondo del lavoro…

Ehilà… come dice il detto: le parole commuovono ma gli esempi trascinano. Anch’io Turiddu (Salvatore) il piccolo pronipote della Giovanna, nella mia carriera lavorativa presso il mitico Pastificio e Molino “ S. Lucia” di Ragusa diventai rappresentante dei lavoratori cercando di portare le istanze dei miei colleghi ad una classe dirigenziale responsabile e collaborativa.

Concludo con il pensiero della Giovanna che ebbi la fortuna di conoscere: Caru picciriddu… sturia e pensa ca to testa, sulu accussi nun ti puonu futtiri… ( Caro bambino… studia e pensa con la tua testa, solo cosi gli altri non ti possono fregare…).

La nonna Giovanna a destra
La nonna Giovanna a destra
La nipote Pina
La nipote Pina
Pina la Nipote ed il pronipote Turiddu
Pina la Nipote ed il pronipote Turiddu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUANDO SI NASCEVA IN CASA FINE ANNI ‘50 E SI CHIAMAVA LA “LEVATRICE…”

Travaglio e nascita in Casa Battaglia quartiere Archi Ragusa Ibla

E già… siamo alla fine degli anni 50’ e precisamente il 5 agosto del 1957…  quasi la totalità dei neonati allora nascevamo in casa. La località è un Cortile (Curtigghiu) di Via Ioppolo Ragusa Ibla.  Questo parto è avvenuto in modo concitato. Nell’imminenza del travaglio in casa Battaglia si sono allontanati dall’abitazione gli uomini e bambini. Le donne adulte della casa la nonna Giovanna e Marianna erano entrati in azione riscaldando grandi pentoloni d’acqua e preparando le varie pezze di stoffa necessarie per il nascituro e la mamma. Al marito Giovanni, l’unica cosa che si chiedeva di compiere, era di andare a chiamare la levatrice o la donna esperta del luogo e che si era formata solo dopo una lunga pratica di parti poiché era lei che faceva nascere tutti i bambini del quartiere.

Era arrivato il momento… il Giovanni era pronto, a qualsiasi ora del giorno o della notte, per chiamare la levatrice. Il 5 agosto del 1957 fu chiamata la Rosina la levatrice di fiducia, lei non perdeva tempo. Sapeva quello che doveva fare, grazie alla sua esperienza. Non sempre il parto era facile, anzi. Quando si complicava bisognava correre a chiamare anche il medico. Quest’ultimo veniva interpellato solo in casi estremi, quando la partoriente era in gravi condizioni: nel quartiere degli Archi, ci si è sempre arrangiati alla meno peggio.

La Pina (mia madre) partorì in casa nella camera matrimoniale era il 5 agosto del 57… in una mattinata già calda, mio padre il Giovanni dopo essersi accertato che tutto era andato bene, andò subito in Piazza Archi a festeggiare con gli Amici di sempre presso il mitico Chiosco di Don Firili…  Birra, Liquori ( STOCK, ROSSO ANTICO, STREGA, CYNAR…) la domenica successiva, già ero battezzato, perché si temeva per la sopravvivenza del piccolo Totò… (si temeva di finire nel Limbo),  In casa si festeggiava con cioccolatini e  confetti  alle mandorle,  offerti in un contenitore con un cucchiaio, si brindava con lo spumante Cinzano…

La culla era molto piccola, in legno decorato a mano, il materassino consisteva in un sacco di lana molto pieno e sulle coperte era steso un drappo il più bello possibile. Il tutto era tenuto fermo con una larga fettuccia di tela che passava negli appositi fori praticati ai lati della culla. La casa, all’epoca, non era molto climatizzata, anzi qualche volta i bambini morivano di polmonite nei primi mesi, soprattutto se avevano la sfortuna di nascere in inverno. Quando si temeva per la vita del nascituro, il battesimo veniva amministrato in casa subito dopo la nascita dalla levatrice e poi completato con la cerimonia in chiesa. Io per fortuna nacqui in estate…

Si cresceva senza tanti problemi, non c’erano giochi pericolosi per la salute e si era contenti di vivere con quello che passava il convento, si giocava con poco. Nei cortili e nelle contrade i bambini appartenevano alla comunità ed erano figli e nipoti di tutte le donne presenti, la loro sorveglianza e l’educazione era un fatto corale.

Chiesa anime del Purgatorio Ibla
Chiesa anime del Purgatorio Ibla
Il battesimo nella Chiesa  Anime del Purgatorio di Ibla
Il battesimo nella Chiesa Anime del Purgatorio di Ibla
Il piccolo Totò
Il piccolo Totò

Di Dott. Rosario Messina

Email: direttore@siciliafelix.it

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