GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2024
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Sicilia

1 XY Mummia

Il Museo Egizio di Torino ha rifatto il look confermandosi uno dei musei più prestigiosi al mondo, secondo solo a quello del Cairo, per importanza e numero di reperti provenienti dall’Egitto. Torino consolida così il suo primato di culla della cultura egiziana. Il Museo egizio, considerato una meraviglia mondiale, ha riaperto i battenti con un nuovo allestimento museale ricco di sorprese che proiettano il visitatore in un esperienza culturale di grande suggestione. Per realizzare gli interventi, molto di più di un semplice restyling, sono stati necessari quasi cinque anni di lavori (scanditi da una grande clessidra, alta tre metri, posizionata in Piazza San Carlo) ed un budget di 50 milioni di euro. Nel corso dei lavori, il museo è rimasto sempre aperto, nonostante ospitasse uno tra i cantieri più grandi d’Europa. Una grande sfida vinta con grande successo.
L’inaugurazione è avvenuta il primo aprile, strategicamente un mese prima dell’Expò di Milano, alla presenza del Ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini il quale ha definito il Museo “uno strepitoso successo mondiale con allestimenti moderni che interpretano magnificamente la nuova filosofia di concepire i musei i quali devono essere realizzati con ampi spazi in grado di permettere un ottima fruizione delle opere esposte dove venga valorizzata anche la parte didattica con dettagliate spiegazioni riguardanti i reperti”.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita al Museo

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita al Museo

Giovedì 15 maggio è stato un giorno speciale per il Museo Egizio. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato l’Egizio esprimendo grande compiacimento per il restailing realizzato.

             

                Il nuovo percorso museale, realizzato sul progetto scientifico elaborato dal Direttore del Museo Christian Greco e da otto curatori con differenti specializzazioni, si sviluppa cronologicamente su un area, quasi raddoppiata, di 10.000 mq. e si articola in quattro piani collegati da un sistema di scale mobili che nell’idea dello scenografo Dante Ferretti dovrebbero richiamare un ideale percorso di risalita lungo il Nilo. Sono 3300 i reperti esposti che coprono un arco di tempo che va dal 4000 a.c. al 700 d.c.
Tra le molte novità vi è da segnalare un’area tematica di grande impatto, la Galleria dei Sarcofagi, che ospita al secondo piano alcuni fra i più bei sarcofagi del Terzo Periodo Intermedio e dell’epoca tarda (1100 – 600 a. C) molti dei quali restaurati presso il Centro di Restauro della Venaria Reale con il contributo de Gli Scarabei, associazione dei sostenitori del Museo Egizio. Questo allestimento si giova dei risultati raggiunti dal Vatican Coffin Project, un sofisticato protocollo di indagine applicato per la prima volta su sarcofagi dell’antico Egitto. Al progetto, coordinato dal Reparto Antichità Egizie dei Musei Vaticani, in collaborazione con il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani, partecipano il Museo Egizio, il Rijksmuseum van Oudhen, il Museo del Louvre, e il Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France.
Per il pubblico che visita il museo è come vivere un viaggio nel tempo che si conclude al piano terra fra le statue monumentali, nelle sale allestite dallo scenografo Dante Ferretti, in quella che Champollion, il noto studioso decifratore dei geroglifici, definì “una meravigliosa assemblea di re e divinità”. Dante Ferretti è inoltre autore de l “Percorso Nilotico” che accompagna il pubblico nella salita, con le scale mobili, alle sale espositive dal primo al terzo piano.
I visitatori dell’Egizio possono  fruire di ricostruzioni virtuali di alcuni contesti archeologici realizzate nell’ambito della collaborazione scientifica fra Museo Egizio e Istituto IBAM del CNR. E’ possibile vivere l’esperienza della scoperta grazie a video 3D che, basandosi su preziosi documenti di scavo e fotografie d’epoca, ridanno vita alla tomba di Kha, alla tomba di Nefertari e alla cappella di Maia, tutte e tre scoperte da Ernesto Schiaparelli, tra i primi direttori di questo Museo, agli inizi del ‘900.
Ogni sala, è stata concepita per instaurare un dialogo costante con il mondo esterno, in particolare con un pubblico eterogeneo e con la comunità scientifica internazionale, ponendosi come un punto di riferimento per la ricerca. A testimoniare l’attenzione verso di loro le sei lingue, numero destinato a crescere, le videoguide e i testi di sala tradotti non solo in inglese ma anche in arabo per sottolineare lo stretto legame con la terra da cui le collezioni dell’Egizio provengono.
La collezione
Il Museo Egizio di Torino è, come quello del Cairo, dedicato esclusivamente all’arte e alla cultura dell’Egitto antico. Molti studiosi di fama internazionale, a partire dal decifratore dei geroglifici egizi, Jean-François Champollion, che giunse a Torino nel 1824, si dedicano da allora allo studio delle sue collezioni, confermando così quanto scrisse Champollion: «La strada per Menfi e Tebe passa da Torino».
Numerose sono le collezioni che si sono sovrapposte nel tempo, alle quali si devono aggiungere i ritrovamenti effettuati a seguito degli scavi condotti in Egitto dalla Missione Archeologica Italiana tra il 1900 e il 1935. In quell’epoca vigeva il criterio secondo cui i reperti archeologici erano ripartiti fra l’Egitto e le missioni archeologiche. Il criterio attuale prevede invece che i reperti rimangano all’Egitto

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La Biblioteca
Costituita sul nucleo originario di un fondo librario formato presso il Museo a partire dal 1824, anno di nascita, la Biblioteca Museo Egizio, fortemente specializzata in testi di argomento egittologico, ha oggi pochi eguali a livello internazionale ed è divenuta nel corso del tempo un punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo. Il patrimonio librario conservato e disponibile per la consultazione comprende: 7400 volumi monografici, 2100volumi di periodici, 171 opuscoli, 182 tesi di laurea, microfilm e il fondo bibliografico della Biblioteca Botti (circa 500 volumi tra monografie e periodici). La Biblioteca costituisce un supporto all’attività di ricerca scientifica del Museo Egizio ma la consultazione è aperta a tutti.
Non è previsto alcun tipo di prestito esterno dei volumi, consultabili unicamente in loco.
Fatte salve le leggi vigenti e le esigenze di conservazione, gli utenti possono, inoltre, ottenere riproduzioni dei documenti in formato sia cartaceo sia digitale, secondo tariffe stabilite. E’, infine, a disposizione del pubblico un PC da cui accedere gratuitamente al sito OEB ( Online Egyptological Bibliography).

X Sala museo_egizio

Il Restauro
Il restauro dei reperti è sponsorizzato da Gli Scarabei, Associazione dei Soci Sostenitori del Museo Egizio di Torino. In meno di tre anni di attività Gli Scarabei hanno sponsorizzato importanti interventi di restauro per un importo di 80.000 euro focalizzati in particolare sulla Tomba di Kha, uno dei capolavori del Museo Egizio, e consistenti in operazioni delicatissime come la rimozione di vecchi interventi, il consolidamento e la stabilizzazione dei tessuti e la pulizia dei reperti.
L’attività degli Scarabei si estende a numerosi altri tesori a rischio come la preziosa maschera di cui si mostrano alcuni scatti prima e dopo l’intervento di restauro.
XY STATUARIO

La Storia
Il Museo delle Antichità Egizie venne fondato nel 1824 dal re Carlo Felice con l’acquisizione di una collezione di 5628 reperti egizi riunita da Bernardino Drovetti. La sede del Museo è da allora nel palazzo che nel XVII secolo l’architetto Michelangelo Garove aveva costruito come scuola dei Gesuiti, noto come “Collegio dei Nobili”, e che nel XVIII secolo era diventato sede dell’Accademia delle Scienze. Il 6 ottobre 2004 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha conferito in uso per trent’anni i beni del Museo alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino, presieduta da Evelina Christillin di cui fanno parte la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. L’egizio di Torino è’ annoverato tra i primi 10 musei più visitati d’Italia e tra i primi 100 al mondo. Nel 2014 sono passati per le sale del palazzo di via Accademia delle scienze oltre 567mila visitatori.
Il primo oggetto giunto a Torino è la Mensa Isiaca, una tavola d’altare in stile egizittizzante, realizzata probabilmente a Roma nel I secolo d.C. per un tempio di Iside e acquistata da Carlo Emanuele I di Savoia nel 1630. Nel 1724 Vittorio Amedeo II di Savoia fonda il Museo della Regia Università di Torino, presso il palazzo dell’Università in Via Po, cui dona una piccola collezione di antichità provenienti dal Piemonte. Nel 1757, Carlo Emanuele III di Savoia, per arricchire il Museo dell’Università, incarica Vitaliano Donati, professore di botanica, di compiere un viaggio in Oriente e di acquistare in Egitto oggetti antichi, mummie e manoscritti che potessero illustrare il significato della tavola stessa. Gli oggetti raccolti dal Donati, tra cui tre grandi statue, giungono a Torino nel 1759 e sono esposti nel Museo della Regia Università, dove dal 1755 è collocata anche la Mensa Isiaca.
Nel 1824 re Carlo Felice acquista una collezione di 5628 reperti egizi di Bernardino Drovetti. Questi, di origini piemontesi, aveva seguito Napoleone Bonaparte durante alcune delle sue campagne militari e per i suoi meriti l’Imperatore lo aveva nominato Console di Francia in Egitto. Drovetti, grazie alla sua amicizia con il viceré d’Egitto, Mohamed Alì, riuscì a trasportare in Europa gli oggetti raccolti. La collezione venduta dal Drovetti al sovrano Carlo Felice è costituita da 5.268 oggetti (100 statue, 170 papiri, stele, sarcofagi, mummie, bronzi, amuleti e oggetti della vita quotidiana). Giunta a Torino, è depositata presso il palazzo dell’Accademia delle Scienze (dove si trova tuttora) progettato nel XVII secolo dall’architetto Guarino Guarini come scuola gesuita.
Mentre la Collezione Drovetti è disimballata, Champollion arriva a Torino e nell’arco di qualche mese di febbrile attività ne produce un catalogo, nonostante i disaccordi circa la conservazione dei reperti con il primo direttore, Giulio Cordero di San Quintino. Nel 1832, le collezioni raccolte presso il Museo dell’Università sono trasferite nel palazzo dell’Accademia delle Scienze. Alla guida del Museo si succedono Francesco Barucchi e Pier Camillo Orcurti. Dal 1871 al 1893 il direttore è Ariodante Fabretti che, coadiuvato da Francesco Rossi e Ridolfo Vittorio Lanzone, elabora il catalogo delle opere allora conservate. Nel 1894 la guida del Museo passa a Ernesto Schiaparelli che organizza scavi in numerosi siti egiziani, tra cui Eliopoli, Giza, la Valle delle Regine a Tebe, Qau el-Kebir, Asiut, Hammamija, Ermopoli, Deir el-Medina e Gebelein, dove le missioni sono proseguite dal suo successore, Giulio Farina. L’ultima acquisizione importante del Museo è il tempietto di Ellesija, donato all’Italia dalla Repubblica Araba d’Egitto nel 1970, per il significativo supporto tecnico e scientifico fornito durante la campagna di salvataggio dei monumenti nubiani, minacciati dalla costruzione della grande diga di Assuan.
Nelle sale del Museo delle Antichità Egizie sono oggi esposti circa 3.300 oggetti. Più di 26.000 reperti sono depositati nei magazzini, in alcuni casi per necessità conservative, in altri perché rivestono un interesse unicamente scientifico (vasellame, statue frammentarie, ceste, stele, papiri) e sono oggetto di studi i cui esiti sono regolarmente pubblicati.

                                       ROSARIO MESSINA

 

Drovetti

Bernardino Drovetti

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Foto di Michela Perrone e della pagina di Face Book del Museo Egizio

 

 

MUSEI: EGIZIO TORINO, NUOVO ALLESTIMENTO SCAVI SCHIAPPARELLI      XY I Sarcofagi    XY Piramide (foto Michela Perrone)

PALERMO. La Regione ha istituito in Sicilia i primi 79 Geositi. L’Assessore Regionale al Territorio e Ambiente Maurizio Croce ha comunicato, nel corso di una conferenza stampa, l’avvenuta istituzione dei primi Geositi in Sicilia, luoghi o territori in cui è possibile riscontrare un interesse geologico, geomorfologico, paleontologico, mineralogico. Si tratta di siti che presentando un valore scientifico e ambientale di una così tale importanza che vanno preservati con norme di tutela specifiche.
I Geositi che sono stati istituiti, con l’obiettivo di evidenziare le loro specifiche peculiarità scientifiche, sono 79 di cui 3 di rilevanza mondiale e unici.
Le tre eccellenze sono:
la “Grotta Rumena 1” – Comune di Custonaci (Tp),
le “Lave brecciate a fluoro-edenite e fluoro flogopite di Monte Calvario”- Comune di Biancavilla (Ct).
il “GSSP del Piacenziano” a Punta Piccola” – Comune di Porto Empedocle (Ag)

I restanti Settantasei Geositi ricadono invece all’interno di Riserve Naturali.

     Una particolare attenzione va posta sul GSSP di Punta Piccola a Porto Empedocle in quanto i G.S.S.P. (Global Stratotype Section and Point) costituiscono siti con “oggettivi caratteri di unicità”. Si tratta di successioni rocciosa, dallo spessore variabile da pochi ad alcune decine di metri e rappresentano per la comunità scientifica internazionale i riferimenti della “Scala cronostratigrafica standard globale“. Ciascun GSSP è scelto dopo lunghe, approfondite e documentate ricerche, da parte degli specialisti di quel particolare intervallo temporale e votato da un’apposita commissione della ICS (International Commission on Stratigraphy), organo della IUGS (International Union of Geological Sciences). In Italia l’ente deputato alle ricerche sui GSSP è l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).  Altri GSSP della nostra Penisola conosciuti  in tutto il mondo sono: 1) Monte San Nicola (Butera, Caltanissetta, Sicilia). Definisce la base del piano Gelasiano (Pleistocene);  2) Eraclea Minoa (Agrigento, Sicilia). Definisce la base dello Zancleano (Pliocene); 3) Vrica (Crotone, Calabria). Definisce la base del piano Calabriano (Pleistocene); 4) Monte dei Corvi (Ancona, Marche). Definisce la base del Tortoniano (Miocene); 5) Carrosio (Alessandria, Piemonte). Definisce la base dell’Aquitaniano (Miocene); 6)  Massignano (Ancona, Marche). Definisce la base del Rupeliano (Oligocene); 7)  Prati di Stuores (Bolzano, Trentino Alto Adige) Definisce la base del Carnico (Triassico); 8) Bagolino (Brescia, Lombardia). Definisce la base del Ladinico (Triassico).
L’istituzione dei Geositi comporta l’apposizione di vincoli, ai fini della tutela, che non vanno letti come restrizioni ma come opportunità di conoscenza, conservazione e non solo. I Geositi assumono un alto valore scientifico e paesaggistico risultando di fondamentale importanza nella politica regionale di promozione delle aree protette. Con l’istituzione dei Geositi in Sicilia si estende la conoscenza, la valorizzazione e quindi la fruizione del bene geologico all’intera collettività.
ROSARIO MESSINA

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Madame-di-Gigliola-1070 × 483Sento doveroso dedicare il primo articolo che inaugura questa sezione tematica intitolata “Il Personaggio” ad un figlio di Sicilia a me molto caro. A lui devo molto, mi ha trasmesso sin da quando ero piccolo l’amore per i libri, l’arte e la cultura linfa vitale per  l’evoluzione dell’anima.

Scomparso prematuramente a soli 57 anni ha lasciato un vuoto incolmabile non solo in me ma anche in chi lo ha conosciuto personalmente ed artisticamente. Stiamo parlando di Gaetano Mattina nella vita stimato professionista, funzionario giudiziario e nel contempo apprezzato pittore. Nato a Catania nel 1940 visse fino agli inizi degli anni 70′ nella sua città natale dove, dopo il diploma di geometra inizio ad esercitare la professione. Successivamente, dopo aver vinto un concorso pubblico intraprese la carriera di Ufficiale Giudiziario. La sua sede di destinazione fu il Tribunale di Asti.  Cosicché andò via da Catania e si trasferì nella città piemontese con la moglie Francesca ed i figli Fabio e Romina lasciando per sempre la sua amata terra. L’arte ed in particolare la pittura furono il suo primo amore. Sin da giovane si dedicò per diletto alla pittura e talvolta anche alla scultura traendone lusinghieri risultati. Una passione che perfezionò anno dopo anni fino a diventare un valido ed apprezzato pittore.

Gaetano Mattina appartiene a quella schiera di artisti  autodidatti che dipingono per il piacere di trasformare la tela in un palcoscenico ideale dove proiettare le proprie emozioni e dare voce alle molteplici sensibilità dell’anima. E’ stato un allievo di se stesso e, con il passare degli anni, perfezionò sempre più le sue tecniche dando prova di grandi capacità ed estro pittorico non comune. La sua vena artistica non ha conosciuto soste e, diversi furono i soggetti delle sue tele a olio che vanno dai vasi con fiori, alle marine, alle campagne, a quelli realizzati con la tecnica “cubista” fino ad approdare  al ritratto che affinò sempre più avvalendosi anche dell’apporto della fotografia.

Riguardo alla sua evoluzione artistica, possiamo dire che, giocoforza, raggiunse i livelli più alti ad Asti dove si trasferì con la famiglia per il lavoro. E’ nella città piemontese che comincia a frequentare altri artisti fino a diventare socio della Società Promotrice di Belle Arti di Asti.

Nel 1997 in occasione delle manifestazioni per celebrare i cinquanta anni della nascita del sodalizio, nel testo pubblicato a ricordo dell’evento troviamo anche il suo profilo nel quale si legge “Degno di nota per la ritrattistica e validissimo pittore, Mattina Gaetano non solo dipinge il ritratto, egli lo interpreta, studia il carattere del soggetto, lo realizza: quel ritratto dice qualcosa”.

Il ritratto caratterizzò gran parte dei suoi lavori (tra i suoi primi ritratti, quelli dei figli) anche se, immune da preconcetti formali, culturali, letterali alcuni suoi dipinti testimoniano come venisse sedotto anche dallo spettacolo della natura, che ritrae liberamente, con grande sensibilità come ad esempio in alcuni dipinti che ritraggono file di alberi innevati.

Diverse sono state le collettive alla quale ha partecipato, anche a Torino, dove le sue opere hanno ottenuto larghi consensi di pubblico e di critica.

Aveva tanti amici artisti tra questi il pittore di origine pugliese Armando Buico (scomparso nel 1992) che considerava un maestro tanto da dedicargli anche un quadro che raffigura il pittore all’opera. Originale la tecnica con il quale ha dipinto l’amico. L’immagine si compone di una serie di piani solidi che si intersecano secondo angolazioni diverse. Ogni angolazione è il frutto di una visione parziale del soggetto e, come una sorta di mosaico, non c’è separazione tra una figura e l’ altra. Buico, diplomato al Liceo artistico di Torino dell’Accademia Albertina, noto pittore perfezionista fu uno dei fondatori ad Asti del Liceo Artistico “Gandolfino d’Asti”.

Gaetano Mattina è un figlio di Sicilia che merita di essere ricordato perché, con le sue opere, ha dato lustro alla sua terra natale. La sua prematura scomparsa nel pieno della maturità artistica ha certamente lasciato un vuoto incolmabile. E’ una perdita per il mondo dell’arte poiché tante altre pagine di genio artistico sarebbero ancora state scritte con le setole di un pennello.

                                                                                    ROSARIO MESSINA

 

 

1P Mattina foto Vitt.

 

3 Mattina piccola   1A Quadro di Fabio

 

Case piccola  Fiori piccola

Cubista piccolo   4 Armando piccola

2P BRUNO OK  3P FEDERICA OK

5P ROBERTA OK  4P DANIELE OK

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3X Gatto Selvatico EtnaIl Gatto Selvatico dell’Etna è una specie endemica da salvaguardare. Occorre tutelare questo magnifico esemplare di Felis Silvestris patrimonio di biodiversità animale tra i più significativi dell’area circostante il vulcano. In passato il felino è stato spesso minacciato dall’ intervento dell’ uomo, che ha ristretto le aree di caccia e costretto il gatto selvatico a scendere a compromessi con la sua indole di cacciatore solitario. Un anno fa al Parco dell’Etna a Nicolosi (Ct) si è svolto un convegno appositamente dedicato, organizzato dall’Ente Parco in collaborazione con l’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari, Dipartimento Interventi Infrastrutturali e con il Dipartimento di Biologia Animale “Marcello La Greca” dell’Università di Catania.
La sopravvivenza del gatto selvatico è un obiettivo che il Parco dell’ Etna intende portare avanti assieme all’ Università di Catania nella tutela di questa specie così affascinante.
Nel mese di dicembre del 2014 è stato realizzato un passo importante per la tutela e lo sviluppo della conoscenza della popolazione del gatto selvatico che costituisce la più straordinaria biodiversità faunistica del Parco dell’Etna. E’ stata sottoscritta una convenzione tra il Parco dell’Etna e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche dell’Università di Palermo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina, la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania. L’obiettivo dell’accordo siglato è la realizzazione di uno “studio sulla biologia ed eco-etologia del gatto selvatico nel parco regionale dell’Etna e realizzazione del piano di conservazione”. A tal proposito si intende studiare lo status attuale del gatto selvatico nel territorio dell’area protetta attorno al vulcano e promuoverne la conservazione a lungo termine.
Il gatto selvatico è classificato come “least concern” (specie a rischio minimo) dalla IUCN, anche se le popolazioni sono in declino. E’ compreso nella lista rossa dei vertebrati italiani e, a livello legislativo, è inserito nella Direttiva Habitat (allegato IV) della Comunità Europea. Rappresenta l’ultimo “grande” predatore della Sicilia e nel Parco dell’Etna dove trova un habitat ottimale per la varietà degli ambienti e la disponibilità delle prede. Le minacce per la conservazione a lungo termine di questa specie sono numerose e molteplici, quali l’ibridazione con il gatto domestico, la frammentazione degli habitat e la sempre crescente pressione antropica.
Come ha spiegato il prof. Mario Lo Valvo dell’Università di Palermo: “Sull’Etna, vive una delle popolazioni feline con la più alta densità registrata (circa 0.30 gatti per Kmq.). Questo progetto in collaborazione con il Parco dell’Etna è estremamente importante per lo studio e la conservazione di questa specie faunistica. In Sicilia vive l’unica popolazione mediterranea di gatto selvatico non introdotta dall’uomo; studi recenti hanno evidenziato che il patrimonio genetico di questa popolazione è chiaramente divergente rispetto alle altre popolazioni italiane, costituendo di fatto una distinta unità di conservazione.”.
La presidente del Parco Maria Mazzaglia ha spiegato i termini del progetto il quale prevede uno studio approfondito dell’ecologia di questa specie affinchè si possano formulare delle linee guida per promuovere la conservazione a lungo termine del gatto selvatico nel territorio del Parco dell’Etna. E’ prevista, a carico dell’Ente Parco, la selezione di personale specializzato per la ricerca sul campo. Sarà realizzato un database dei dati raccolti; una mappa dettagliata in cui verranno identificate le principali minacce per questa specie al fine di pianificare le azioni di tutela, conservazione e divulgazione. E’ previsto anche un database fotografico in cui verrà catalogato tutto il materiale raccolto tramite le trappole fotografiche. Inoltre, il personale specializzato, selezionato dall’Università di Palermo, parteciperà ai momenti divulgativi del progetto presso la sede del Parco e nelle scuole. Per quanto riguarda le collaborazioni al progetto, l’Università di Messina realizzerà le analisi parassitologiche sui circa 120 campioni raccolti, mentre la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania metterà a disposizione 18 trappole fotografiche.
Sull’Etna il Gatto selvatico vive a quote medie più alte (1200-1800 m), e sfrutta come tane i cunicoli della “sciara”, i labirintici cunicoli delle vecchie colate laviche (del 1600 circa). Quali sono le caratteristiche di questa specie? Morfologicamente e dimensionalmente è affine al gatto domestico (TC: 450-630 mm, C: 250340 mm, P: 2-6 kg), dal quale risulta difficilmente distinguibile. Le caratteristiche del mantello utili ad una corretta identificazione degli esemplari comprendono un colore di fondo variabile dal grigio-giallastro al grigio-argenteo; un disegno nero brillante, articolato in quattro strie nella regione occipito-cervicale, due strie scapolari, una dorsale fino all’attaccatura della coda, l’apice e gli anelli presenti su quest’ultima; un disegno evanescente, molto più chiaro del precedente, lungo la regione laterale; padiglioni auricolari di colore uniforme e privi di ciuffetti di pelo.
  ROSARIO MESSINA

SONY DSC   2X Gatto selvatico Etna

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