GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2024
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Dott. Rosario Messina

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1 Pietra di Antigas  Un alone di mistero e di fascino avvolge la storia della “Piedra del Corazon” (La pietra del cuore). Si tratta del famoso geode in agata che risalirebbe a circa 130 milioni di anni. Ha la forma di cuore umano ed è stato ritrovato circa 40 anni fa da Laires Luciano Lucas ad Artigas in Uruguay. Il suo peso è di 7,4 kg e contiene nel suo interno alcuni simboli e scritte in cristalli di quarzo il cui significato, sebbene interpretato in svariati modi rimane un grande mistero. “Siamo in presenza di qualcosa che supera l’uomo” pare avrebbe detto colui che la ritrovò, casualmente, in una cava tra migliaia pietre. Sin dal giorno della scoperta, la famiglia di Lucas, oggi rappresentata da Hugo Lucas, figlio di Luciano, si è fatta carico di trasmettere la conoscenza di questa pietra in tutto il mondo perchè si crede contenga un messaggio di pace e di amore. Una missione svolta con costanza e devozione. Lo stesso Hugo Lucas ama ripetere: “Questa Pietra appartiene all’Umanità”.

La Sicilia, è stata una delle tappe di questo tour ed anche se è passato qualche anno da quell’evento, sono in molti ancora a ricordarlo ed a chiedersi quale verità custodisce tale straordinario reperto. Della Piedra del Corazon si parlò in una conferenza organizzata ad Acireale (Ct) da Giorgio Bongiovanni, mistico di Siracusa, divenuto famoso per aver ricevuto nel 1989 le stimmate. A quell’incontro partecipò anche Hugo Lucas giunto dall’Uruguay con la Pietra del Cuore che raccontò alla numerosa platea la storia affascinante del misterioso reperto.
La sua storia  iniziò circa 40 anni fà in una piccola località uruguaiana a circa 15 Km dalla città di Artigas che produce migliaia di tonnellate di pietre. Luciano Lucas, nel cantiere di sua proprietà, stava visionando le pietre di agata destinate all’esportazione. Una di loro venne scartata perché cava all’interno. Si trattava di un geode che presentava un buco in una delle pareti, cosicché venne buttata giù dal camion.
La pietra si spaccò a metà. Poco più tardi Lucas la trova e constata, mettendo insieme le due parti, che ha la forma di un cuore e che contiene nel suo interno delle iscrizioni e dei simboli.
La pietra di agata con cristalli di quarzo al suo interno ha delle iscrizioni come una “J”, la “C” e un pesce. A queste vanno aggiunte anche 13 segni e la parola “Mil”, oltre a delle scritte formate da decine di punti. Inoltre si può distinguere una donna che porta un bambino in braccio.
Una delle figure sembra rappresentare un drago, un animale preistorico e sopra di esso si può distinguere la figura di due esseri umani. Un reperto misterioso che sconcerta i geologi. Tutte le immagini e i simboli sono in rilievo e, realizzate, su una base di punti brillanti. Sono evidenti i muscoli del cuore, la cui precisione risulta sorprendente. Nella parte superiore del cuore c’è un’apertura, come se si trattasse dell’uscita delle arterie.
La pietra trasformò la vita di mio padre…” ama ripetere Hugo Lucas “Nessuno ad Artigas, la mia città, riusciva a capire quello che quest’uomo trasmettevaPer anni organizzò dei piccoli incontri, portando questo messaggio dappertutto, sempre gratuitamente. Mai più è stata trovata una pietra simile sul posto.” La Pietra ha trasformato anche la vita di Hugo che la porta in giro per il mondo. Artigas è visitata da moltissime persone che hanno dei doni molto speciali e hanno fatto delle predizioni che si sono avverate sino ad oggi. Una di queste era che a partire dal 2007 il misterioso geode avrebbe iniziato a girare il mondo per portare un messaggio di pace, di amore e di unione.  Oggi questa pietra ha visitato la Francia, la Svizzera, il Belgio, il Canada… è conosciuta in oltre 25 Paesi, è entrata nella chiesa del Sacro Cuore, a Notre Dame, alla cattedrale di Lyone ed è stata anche all’ONU.
Qual’é l’opinione degli scienziati?
Come ha spiegato Hugo Lucas il 4 febbraio del 1997 il geologo uruguaiano Claudio Gaucher ha realizzato uno studio sulla Pietra concludendo: “che ha un’antichità di 130 milioni di anni, che le forme che in essa appaiono sono troppo precise e regolari, che le strutture sono state realizzate da ‘qualcuno’, e rispondono a fenomeni a noi sconosciuti fino ad oggi”. Gaucher non ha escluso la possibilità che la Pietra ‘sia stata elaborata, per dirlo in qualche modo, dopo la sua formazione’. Il geologo ha inoltre aggiunto che “volendo entrare nel campo della speculazione possiamo considerare il geode portatore di un vero messaggio“. In sintesi ha affermato che “con l’aiuto di un amico esperto in scrittura antica, siamo giunti alla conclusione che ci sono due tipi di scrittura che assomigliano a quella ritrovata nella pietra, l’ebraico e la runica“. Il 3 luglio 1997, durante una sua visita alla città di Artigas, Giorgio Bongiovanni, stigmatizzato, dopo aver osservato attentamente la Pietra, si è espresso dicendo “contiene un messaggio che fa riferimento al codice genetico dell’evoluzione del pianeta”.

Giorgio Bongiovanni mostra la Pietra del Cuore assieme a Hugo Lucas

Giorgio Bongiovanni mostra la Pietra del Cuore assieme a Hugo Lucas

3 Pietra di Antigas

il pesce

2 Pietra di Antigas

il cuore

il drago con le ali

il drago con le ali

Zodiaco

Caro Ciro Discepolo,

salve, ho voluto scrivere questa lettera che le sottopongo, dopo avere assistito alla puntata del Talk Show “Porta a Porta” avente come tema “MAL D’OROSCOPO”, per la quale sono rimasto alquanto disgustato e rammaricato. Lo squallore strumentale con il quale la trasmissione è stata strutturata mi ha indotto a scrivere le considerazioni appresso indicate che spero siano condivise.

Il pretesto del tema della puntata, è stata la proposta di legge secondo la quale ogni oroscopo pubblicato su un giornale o letto via radio, dovrà essere preceduto dalle parole: “Le previsioni astrologiche sono basate su elementi e deduzioni che marcano di un fondamento scientifico“; sono previste anche multe salate da 2 mila a 8 mila curo per chi non rispetta la norma. La proposta, (ahimè, come se tutti i mali di questo mondo fossero addebitabili all’oroscopo del giorno), pur lasciando il tempo che trova, potrebbe anche essere condivisibile, ma da qui al fatto di strumentalizzare un intero programma televisivo per fare di questa “scienza” una gran “marmellata” paragonata a cartomanzia, chiromanzia, ecc. mi pare una grossa forzatura. E proprio quello che è accaduto nella puntata di “Porta a Porta”, dove l’Astrologia è stata presentata come un’ arte divinatoria mistificatrice, fonte indiscriminata di guadagno (milioni di curo guadagnati annualmente da astrologi), capace solo di abbindolare eserciti di creduloni indifesi che vivono disagi personali, spesso vittime inconsapevoli di venali mistificatori.

A tal proposito, nessuno vuole negare, tanto meno il sottoscritto, l’esistenza di ciarlatani senza scrupoli che hanno fatto fortune sulla pelle di tante oneste persone, in certi casi mandandoli sul lastrico o contribuendo ad aggravare disagi e malesseri per i quali avevano chiesto aiuto, un fenomeno che nel tempo ha danneggiato parecchio l’immagine, il valore e le potenzialità dell’astrologia, e che meriterebbe di essere affrontato nelle sedi opportune e non dato in pasto agli ascoltatori in maniera strumentale come spesso accade. Ciò contribuisce solo a mortificare l’onesta attività di tanti seri “professionisti” che con i loro studi, hanno dato in passato e continuano a dare importanti contributi affinché l’astrologia possa essere riconosciuta come scienza (e non un’arte divinatoria considerata alla pari della cartomanzia, della chiaroveggenza ecc.). Nella trasmissione “Porta a Porta” è stato fatto di tutto e di più, per mortificare la “validità” di questa “scienza” millenaria, senza neppure accennare al pensiero di illustri scienziati (astronomi, filosofi, letterati, religiosi ecc. ecc.) e sono tanti, che hanno concentrato i loro studi e dedicato gran parte della propria vita all’Astrologia ed ai meccanismi che la governano. Vorrei ricordare, a tal proposito, che dall’Astrologia ad esempio nasce l’Astronomia, una scienza che ha dato un grande contributo per l’evoluzione dell’uomo. Eppure la diffidenza verso quest’antica arte serpeggia, relegandola in una sorta di limbo che spesso induce gente comune ed intellettuali a prenderne le distanze.

Ritornando alla puntata di “Porta a Porta”, non sarebbe esagerato dire come sia stata infelice (forse artatamente ben architettata per raggiungere lo scopo) la scelta degli ospiti. Scandalosa l’assenza di validi interlocutori tra gli addetti ai lavori per dare, quantomeno, una sorta di equilibrio al dibattito, a tratti scaduto nel ridicolo e nella mistificazione come quando più volte è stato asserito che il grande Galileo Galilei faceva l’oroscopo perché persona venale ed avida che doveva mantenere l’amante. Ridicolo !!
Lo stesso avrebbe fatto Newton: per soldi! Nessun accenno invece sulle potenzialità di questa scienza, sull’astrologia karmica, sulla relazione tra psicologia e astrologia, poiché entrambe studiano 1′ uomo, su Jung e gli psicologi junghiam che hanno “recuperato” (e non abusato) i principi astrologici, sulle nuove frontiere raggiunte dagli studiosi nell’ ultimo secolo, ecc. Nella trasmissione non è accaduto niente di tutto questo: l’Astrologia è stata associata riduttivamente, “sic et simpliciter” all’oroscopo del giorno (personalmente ritengo che l’abuso della previsione spicciola di poche righe, abbia nel tempo ridicolizzato e stravolto quella che è la vera anima dell’astrologia, la quale non può certo dare “responsi” all’uomo comune in poche righe) ed a tutte le ciarlatanerie di quel “mare magnum” di previsioni e “consigli” che utilizzano qualunque mezzo messo a disposizione dalla tecnologia (telefono, TV, giornali, ecc.) come terreno fertile di chi considera questa nobile arte la gallina dalle uova d’oro. Una trasmissione che avesse voluto affrontare in termini seri il tema della puntata, avrebbe sicuramente dato un’impostazione diversa, a cominciare dagli ospiti presenti. Ciò per non generare speculazioni, che puntualmente ci sono state, che hanno contribuito solo a confondere le idee degli ascoltatori, a denigrare 1’astrologia e, di riflesso, anche al lavoro di tanti onesti studiosi che credono in questa disciplina, ma quel che è peggio, senza alcuna possibilità di replica.

“Azzeccata” (se questo era lo scopo da raggiungere) la scelta degli ospiti votati contro l’astrologia, tra questi citiamo i più accaniti: 1’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, docente dell’Università “Roma 3″ (che non è la prima volta che appare in simili trasmissioni), la quale con le sue pretestuose illazioni ed argomentazioni (come quella di Galileo Galilei astrologo solo per fare soldi e mantenere l’amante) ha preteso di rivelare verità oggettive; Stefano Bognasquo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Torino e rappresentante del “Cicap”, il fisico Corrado Lamberti, direttore della rivista astronomica “Le stelle”, uno dei firmatari della proposta di legge del “bollino” il quale con le sue argomentazioni ha fatto di tutto per convincere il pubblico dell’assurdità nonché della pericolosità di credere negli oroscopi (ad esempio, chi vi si affida per problemi di salute). Sull’altro fronte, non posso che sottolineare quanto disastrosa sia stata (mi sorge il dubbio che sia stata volutamente fatta ad hoc) la scelta degli ospiti che dovevano rappresentare, difendere e controbattere in un confronto “equilibrato” e con adeguate argomentazioni tutte le mistificazioni che sono state dette nel corso della trasmissione.

Invece è stato un processo a senso unico che ha mortificato con le battute ironiche del conduttore e degli “inquisitori” l’anima nobile di questa antica scienza. E mentre la rabbia montava in me per assistere a cotanta vergognosa e deleteria denigrazione dell’Astrologia mi chiedevo perché tante importanti assenze in trasmissione, che avrebbero fatto sicuramente la differenza e quanto meno dato una visione più oggettiva del tema. Non c’era un rappresentante del CIDA, peccato; non c’era neppure un gruppo di astrologi o studiosi pronto a confrontarsi con argomentazioni serie, incisive, con gli “inquisitori”, pronti a spiegare le nuove frontiere dell’astrologia. La “difesa” è stata invece affidata a BRANKO, il quale, con tutto il rispetto per il personaggio, non è stato assolutamente all’altezza del confronto, che richiedeva un interlocutore di spessore e più autorevole. BRANKO (poeta delle stelle, come si autodefinisce), con il suo solito fare sorridente, a tratti etereo, definendo 1’astrologia non una scienza ma una filosofia di vita, non ha sviscerato a fondo il nocciolo della questione, dando a tratti l’impressione di difendere un’Astrologia fatta solo di “intuizioni”, “sensibilità al 1 irrite della chiaroveggenza”, di `messaggi” che si perdono nel tempo. 1 suoi interventi, dove ha più volte ribadito che 1′ Astrologia “non è una scienza” e perfino che egli non ha uno studio dove esercita l’attività di astrologo, hanno sortito un effetto meno incisivo rispetto alle riflessioni (paradossalmente più credibili) delle altre ospiti che hanno difeso come hanno potuto (con le argomentazioni tipiche di un neofita appassionato di astrologia) 1’Astrologia. Ricordiamo i loro nomi: la showgirl Anna Maria Barbera in arte “Sconsolata”, la stilista Laura Biagiotti, la showgirl Flavia Vento (alla duale, appassionata di tarocchi, quasi ridicolizzandola è stato concesso di leggere delle carte 1ìawaiane) e Sandra Petrignani in arte “Cassandra”, scrittrice che cura la pagina delle previsioni astrologiche del settimanale Panorama.
Altrettanto discutibili, non per le verità propinate, quanto per la parzialità (che ha contribuito solo ad amplificare “l’effetto marmellata” ed a confondere le idee degli ascoltatori) con la quale sono stati confezionati i servizi andati in onda durante la trasmissione (sul fenomeno dei ciarlatani, sugli stratosferici guadagni degli astrologi che ogni anno superano i cinque miliardi di curo, sulle evasioni fiscali, ecc. ecc.), infarciti con la solita retorica agnostica, speculativa e denigratoria, che poi è quella che non fa mai chiarezza sui problemi, che non promuove verità e non separa quanto c’è di buono dalle strumentali manipolazioni, la quale invece sortisce l’effetto opposto, quello di alimentare la confusione.

Affrontare in questo modo semplicistico e generalizzato un tema serio come quello delle distorsioni operate in danno dell’astrologia, quella con la A maiuscola che è ben altra cosa, incoraggia quelle crociate che si trasformano indiscriminatamente nella solita “caccia alle streghe”, dove nel gran polverone che questa inevitabilmente comporta (il rischio alla quale 1’astrologia ed i suoi cultori sta andando incontro nell’immediato futuro quando la proposta di legge sarà oggetto di dibattiti e talk show) proliferano i furbi di turno che continuano ad operare nell’ombra, utilizzando l’astrologia a proprio uso e consumo.

A questo punto mi chiedo e richiedo, alla luce di quanto è accaduto nel programma, se la nuova proposta di legge sarà il pretesto per intraprendere una nuova crociata contro 1′ astrologia, che potrebbe comportare il rischio di un ritorno a metodi da “Inquisizione” certamente adeguati ai tempi (e non con i roghi in pubblica piazza) che faranno uso indiscriminato di metodi sfacciatamente di parte. La nostra società è piena di farisei, di perbemsti, di bigotti, pronti a lanciare accuse gratuite piuttosto che confrontarsi in un dibattito serio su temi come questo. Non è da sottovalutare se una trasmissione del calibro di “Porta a Porta” di una rete pubblica scende in campo per propinare il suo “messaggio”, sicuramente di parte, a milioni di spettatori, cassa di risonanza del messaggio che si è voluto dare. Forse questo è il presagio che si preparano tempi duri! Ben vengano allora i dibattiti seri che possono aiutare a fare chiarezza, contribuendo a debellare quell’universo di ciarlatani che si spacciano per santoni, guaritori, astrologi, i veri mistificatori. Mi rifiuto però di accettare supinamente trasmissioni come questa senza poi “spezzare una lancia” se pur con il modesto contributo che mi è permesso di fare, per onorare lo sforzo di tanti studiosi che credono nell’astrologia e si approcciano ad essa con metodologia seria e rigorosa. Mi auguro che quanto è accaduto non passi inosservato. Occorre a mio giudizio un intervento serio e autorevole, da parte di chi ha i titoli per farlo, che serva quanto meno a smentire tutte quelle speculazioni che quotidianamente i mass-media ci propinano per denigrare l’Astrologia. Occorre altresi, a mio modesto parere, avere il coraggio di iniziare seriamente a porsi il problema di regolamentare tutte quelle forme di “previsione” spicciola ed a buon mercato (che trovi ovunque) di cui oggi si fa un abuso, che non fanno certo il bene della causa, ma servono solo a ridurre sempre di più l’immagine dell’Astrologia a quella di una delle tante arti divinatorie, quindi poco credibile, o peggio, a farne uno strumento di plagio e di arricchimento personale di indiscriminati abili negromanti.

Credo sia giunto il momento di adoperarsi seriamente ed al più presto per accelerare il processo di legittimazione e di riconoscimento da parte dello Stato affinché l’Astrologia possa ottenere lo status di “materia di studio” e legittimare cosi la nascita di un “ordine” pubblicamente riconosciuto dalle autorità.

Ma per arrivare a questo occorre educare l’opinione pubblica attraverso un’azione seria ed autorevole di corretta informazione su quella che è la vera anima dell’astrologia, le tecniche, l’evoluzione, le nuove frontiere, il tema natale, su come può essere strumento di aiuto per la crescita spirituale di un individuo ecc. Questi sono a mio giudizio i temi da dibattere, non il “bollino”. I mass media sono il terreno ideale per fare questo. Non occorre fare nuove crociate, ma alla luce di questo nuovo scenario al quale l’astrologia sta andando incontro con la nuova proposta di legge, credo che sia giunto il momento di uscire dall’ombra e secondo le proprie possibilità e nel rispetto dei propri punti di vista, cominciare a dare il proprio contributo affinché all’Astrologia sia riconosciuta la giusta collocazione che merita e, nel contempo, si faccia terra bruciata di tutte quelle mistificazioni che nel tempo hanno offuscato e distorto, per la malafede e l’abuso di tanti, le vere potenzialità di questa affascinante “scienza” millenaria. lo credo nell’Astrologia e nelle sue potenzialità, credo che possa benissimo, per certi versi, essere accostata alla psicologia o I ad altre scienze, dalla quale può ricevere e dare molto. Credo nelle nuove frontiere che certi studi hanno raggiunto, i quali possono aprire orizzonti nuovi che neanche immaginiamo, credo soprattutto nella onestà intellettuale di molti studiosi che si sono accostati all’Astrologia per amore di conoscenza con lo stesso rigore che caratterizza un qualunque altro scienziato, ed è su questi, perché più spendibili e credibili, che occorre fare leva per fare chiarezza.

Con questa lettera ho voluto dare il mio modesto contributo, alla luce di quanto è successo, per stimolare, mi auguro, un vostro autorevole intervento finalizzato a controbattere tutte quelle vergognose speculazioni, che non rendono giustizia ai vostri studi. Occorre difendere ed onorare quanti hanno dedicato la propria vita allo studio dell’Astrologia, coloro che si sforzano di fare chiarezza su una materia così complessa e vasta, la gente che si rivolge a voi operatori per avere un aiuto che possa dare una svolta alla loro vita. Ma soprattutto ritengo che sia giunto il momento di dire basta a queste pagliacciate mediatiche che non fanno altro che mettere nello stesso calderone astrologi onesti e millantatori.

Vorrei concludere con un pensiero di Lisa Morpurgo “Le presunte obiezioni razionali all’astrologia hanno la stessa fonte, irrazionale, di tutte le obiezioni e quanto può incrinare uno status quo di comodo. Dal dileggio delle arti magiche, alla condanna dei viaggi spaziali, con i pretesti più varie nelle più svariate circostanze, certe reazioni si presentano con una puntualità tale da consentire a chi ne avesse voglia, un ritratto ideale dell’homo sapiens: teologo, ideologo, intollerante, estraniato dalla natura, aggrappato alle proprie convinzioni, fiducioso nell’umanità ed atterrito dalla morte. Perché allora strappargli di dosso quel bel suo vestito da imperatore che gli piace tanto? Perché infondo non ci crede nemmeno lui, e la sua nudità gli salta agli occhi ad ogni tornante della storia….. “.

Non ho altro da aggiungere, solo un appello sincero: fate in modo, con un segnale forte, che possiamo continuare a credere in voi e nell’astrologia.

Un affettuoso saluto,
Rosario Messina

La risposta di Ciro Discepolo

Che dire della lettera di Rosario; non so se siamo all’altezza, ma forse possiamo offrirgli un cameo che potrebbe gradire. Nel numero 19 (Luglio 1994) di Ricerca ’90, su segnalazione di Enzo Barillà, pubblicammo queste poche righe:

Udite, udite! Ricordate la professoressa Cecilia Gatto Trocchi, titolare della Cattedra di Antropologia Culturale presso l’Università di Perugia? Per quelli di corta memoria diremo che si tratta della studiosa che è divenuta famosa per avere pubblicato un libro in cui affondava impietosamente il bisturi della sua critica nel mondo spesso fraudolento dell’occulto in Italia. Adesso è di nuovo in auge. Ha ricevuto un’altra cattedra? No. Semplicemente ha organizzato un “viaggio-studio” con la società Image (Ponte San Giovanni, Perugia), nelle terre della magia, a Recife e a Bahia, al termine del quale, ai partecipanti, rilascerà nientemeno che “un diploma sul campo per la ricerca e la sperimentazione esoterica”. Meraviglioso, no? Quella di rilasciare diplomi è proprio una vocazione di molti italiani. E, visto che siamo in argomento, ricordiamo solo poche parole di ciò che scrisse Paul Feyerabend in relazione al manifesto dei 186 scienziati, tra cui diversi Premi Nobel, contro l’astrologia (autunno 1975):

“… Ora, ciò che sorprende il lettore – la cui immagine della scienza sia stata formata dai consueti panegirici che ne sottolineano la razionalità, obbiettività, imparzialità, e via di seguito – è il tono religioso del documento, 1′ analfabetismo delle ragioni addotte ed il modo autoritario utilizzato per presentarle. I dotti gentiluomini nutrono forti convincimenti, e utilizzano la loro autorità per diffondere tali convincimenti (ma perché 186 firme se si hanno buone ragioni?), conoscono qualche frase che assomiglia ad una argomentazione, ma sicuramente non sanno niente di ciò che dicono… “.

Ciro Discepolo

 

Ciro Discepolo  Ciro Discepolo

 

 

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WESAK 2015

Festa Universale di Luce e Benedizione.
Lunedì 4 Maggio ore 19.00 presso La Terra di Bo’

 Via Garibaldi 298,    Viagrande (CT)
INGRESSO LIBERO

Il Wesak è una festività orientale molto antica che appartiene alla tradizione Buddhista, da alcuni anni si sta diffondendo anche in occidente ed ha acquisito una nota universale, proprio perché i tempi sono maturi
per cercare di unificare Oriente e Occidente, Buddha con Cristo, cuore e mente, superando tutte le barriere culturali, etniche, religiose e filosofiche. Perciò riguarda l’intera umanità ! Vi aspettiamo per
celebrare, in unità e amore fraterno, un rito antichissimo per la Nuova Era dell’Acquarius. Costruiremo il Mandala del Pentagramma di Luce.
Danzeremo con il gruppo della Sorellanza dell’Arcobaleno Rotante e verranno onorati i quattro elementi di base della vita: Fuoco, Acqua, Aria e Terra. Faremo la meditazione del Plenilunio di Riconciliazione e di
Fraternità Mondiale. Riceveremo la Benedizione dei Maestri Ascesi e ci purificheremo con il rito dell’Acqua Consacrata. Reciteremo canti, preghiere e mantra universali.

NOI  SIAMO  NEL  TUTTO  E  IL TUTTO E’ ’ IN  NOI

Si suggerisce di vestire con qualcosa di bianco (o molto chiaro) e di portare con sé una bottiglietta d’acqua ed anche un solo fiore, preferibilmente un iris viola, o qualunque tipo di fiore purché sia privo
di spine.
Al termine della cerimonia, ciascuno dei partecipanti prenderà un fiore a caso. Ognuno riceverà l’energia d’amore che un altro essere ha ri-posto proprio in quel fiore e la porterà con sé nella propria casa dove esso emanerà per lungo tempo (fino al Wesak successivo) la sua effusione di luce. Terminata la cerimonia sacra condivideremo insieme del cibo, che ciascun partecipante deciderà di portare.

Organizzatori dell’’evento:
Gruppo della Sorellanza dell’Arcobaleno Rotante e Giovanni Aloisi del
Centro D.K. della Società Teosofica

Info: gioaloisi@tiscali.it

1 Wesak

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Messaggio Pubblicitario:

Alle pendici dell’Etna in località Solicchiata immersa nel sole e tra i vigneti, la prestigiosa Cantina Russo dal 1860 produce vini D.O.P. e I.G.P.Numerosi sono i riconoscimenti a 5 stelle. Medaglia d’oro per il vino rosso, bianco e rosato Rampante. La famiglia Russo è creatrice dello spumante metodo classico Mon Pit de Blaues da uve cataratto e caricante.
Nella giornata del 1° Maggio è prevista la visita guidata della cantina e dopo pranzo passeggiata tra vigneti e boschetti.
Le Peperine, Angela e Pinella socie dell’Associazione Nazionale “Cuoche a domicilio“, propongono:
Antipasto: Favette primavera, polpette di verdura maritata e girelle di pane alle olive.
Primo: Fusilli agli ortaggi di primavera e cacio cavallo ragusano. Risotto al radicchio sfumato al vino rosso.
Secondo: pepite di pollo speziate, rotolini di carne al profumo di limone, tocchetti di salsiccia e funghi su crostone di pane.
Contorno: misticanza di stagione.
Dolci: torta rustica alla ricotta e bavarese alle fragole
Acqua e calice di vino della Cantina Russo

Per Informazioni:

Angela Lombardo 389 7969091, Pinella Di Prima 392 5542020 lepeperine.ap@gmail.com

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01 Tama, Zagari, Lombardo e Langella

GIARDINI NAXOS. La suggestiva chiesa intitolata a Maria SS.ma Immacolata di Giardini Naxos ha ospitato il sesto incontro del Salotto letterario “Libri Inn….Riviera”, ideato e promosso dall’Associazione Scientifico Culturale Mea Lux, presieduta dalla presidente regionale della SIAF Angela Lombardo. La chiesa che si affaccia sull’incantevole baia della prima colonia greca di Sicilia è stata il palcoscenico ideale per trattare il tema della serata intitolata “Oltre il velo: Fede, Rito, Sacralità’”. La rassegna letteraria questa volta ha voluto proporre un testo nel quale traspare la complementarietà tra scienza e spiritualità, attraverso l’interpretazione simbolica della scultura del Cristo Velato che si trova della Cappella di San Severo a Napoli, realizzata nel 1753 da un giovane scultore napoletano, Giuseppe Sammartino.
A differenza dei cinque incontri precedenti, dove i protagonisti della serata hanno presentato il proprio libro edito, in quello di Giardini Naxos è stato invece esposto l’anteprima del libro del prof. Elviro Langella  intitolato “Oltre il velo” che sarà presentato il 21 giugno al Museo Minimo Sancrez De Luna di Napoli. Il testo costituisce il proseguimento delle edizioni precedenti scritte dal prof. Langella illustre studioso della famosa scultura napoletana e della Cappella di San Severo alla quale ha dedicato diversi libri. A tal proposito ricordiamo come lo scorso anno nell’isola di Procida in occasione della settimana santa, presso la Congrega dei Frati Turchini, il prof. Langella ha partecipato, riscuotendo grande successo, ad una tavola rotonda di due giorni dove sono stati messi a confronto tre grandi opere, il Cristo velato del Sammartino. il Cristo morto di Carmine Lantriceni, conservato nella chiesa della Congrega dell’Immacolata dei turchini sull’Isola di Procida ed il Cristo deposto del duomo di Capua del maestro Matteo Bottiglieri. Quest’ultimo, lo ricordiamo, autore della statua della Madonna Santa Maria Raccomandata Patrona di Giardini Naxos portata via mare da un bastimento dei fratelli Cacopardo il 6 aprile 1847 e, custodita nella chiesa madre che porta il suo nome.
L’incontro culturale svoltosi nella Chiesa dell’Immacolata, è stata un occasione suggestiva per conoscere meglio la storia affascinante della Cappella di San Severo e dei tesori artistici che essa custodisce, noti in tutto il mondo, in particolare la statua del Cristo Velato commissionata da Raimondo De Sangro, principe di San Severo, allo scultore Giuseppe Sammartino per onorare la morte dell’amico compositore Giovan Battista Pergolesi, la cui morte era stata preannunciata in sogno dalla donna amata Maria Spinelli.
In apertura di serata è stato proiettato il video realizzato al convento dei Frati Cappuccini di Linguaglossa (Ct) intitolato “Le ultime note di Giovanbattista Pergolersi“, regia di Rosario Minardi su progetto di Elviro Langella. Le riprese ed il montaggio sono di Francesco Attardi. Il video rappresenta in maniera suggestiva e toccante, gli ultimi istanti di vita del Pergolesi morto nel 1736 di turbercolosi a soli 26 anni nel convento dei Cappuccini di Pozzuoli (Na). La rievocazione storica di quel momento drammatico è stata magistralmente ricostruita nel convento etneo che ha visto protagonisti, tra gli interpreti, anche gli stessi monaci di Linguaglossa. A rendere ancora più suggestive le immagini le note dello “Stabat Mater” la composizione che Giovanbattista scrisse con le ultime sue forze.
L’emozionante e commovente ouverture scelta per introdurre l’evento ha subito proiettato il numeroso pubblico presente nelle suggestive atmosfere del secolo dei lumi che hanno fatto da cornice al tema dell’incontro iniziato con i saluti di Padre Eugenio Tamà parroco della chiesa madre Santa Maria Raccomandata e di quella dell’Immacolata.
Impeccabile la conduzione della serata da parte di Angela Lombardo, ideatrice del salotto letterario la quale, con i suoi interventi è riuscita, con raffinata maestria, a caratterizzare i momenti più significativi della kermesse. Introducendo il tema della serata con brevi cenni sui protagonisti che ruotano attorno alla storia del Cristo Velato e, presentando i relatori, ha anche spiegato come i contenuti dei libri presentati nel salotto letterario mirano, in particolar modo, alla divulgazione di tematiche riguardanti la cultura olistica. Prima di dare inizio agli interventi è stato replicato il rituale del “diario di bordo” ovvero l’apposizione della firma seguita da un breve pensiero dell’autore del libro nel registro degli eventi.
L’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Elviro Langella il quale utilizzando delle slides ha iniziato a parlare del Cristo Velato e della Cappella di San Severo che saranno ancora protagoniste nel suo prossimo libro. “Tra le sculture della Cappella“, ha spiegato Langella “questa è, quella che maggiormente affascina per lo strabiliante effetto di trasparenza, reso dall’autore sui più minuti dettagli delle membra del Cristo. Il capo dolcemente reclinato sul cuscino, la vena che sembra ancora pulsare sulla fronte, le mani dalle sottili dita raccolte sul corpo, i solchi delle stimmate tangibili, rendono questa scultura immediatamente espressiva, non per una prodigiosa tecnica scultorea ma, soprattutto, per un grandissimo sentimento lirico ed un’elevata emozionalità nell’interpretare questo tema sacro. L’effetto illusionistico del velo, che rende fluido il movimento del corpo in tutta la sua anatomia, non ha lo scopo di un consumato virtuosismo come apparentemente può sembrare ma, piuttosto, quello di rianimare le membra rilassate nell’abbandono della morte, rendendoci, per effetto di un’intensa suggestione, partecipi spettatori del sacrificio della Croce. La Cappella, legata al nome di Raimondo Dè Sangro, principe di San Severo e, ai suoi interessi per la scienza e l’alchimia, sembra realizzare un felice connubio tra impegno artistico – che trova espressione negli orientamenti figurativi, inediti del ‘700 napoletano – e il fascino misterioso del tempio iniziatico“.
Il prof. Langella ha proposto un invito alla riflessione sul rapporto tra i valori cristiani incarnati dall’immagine di Cristo quale icona della Passione, e i diversi modi con cui gli artisti hanno inteso rappresentarla nell’arte sacra, con riferimento particolare alla scultura del Settecento; vale a dire il secolo in cui Elviro Langella ha scelto di ambientare il suo libro. Poiché il contesto nel quale si snoda la narrazione è il Regno delle due Sicilie e prevalentemente Napoli, l’autore, nel corso della serata ha dato risalto all’opera, il Cristo Velato, che più di ogni altra, può interpretare i sentimenti religiosi della città partenopea.
Non è un caso che il servizio della RAI, “Dio vive a Napoli”, andato in onda dopo la Via Crucis della Settimana Santa, abbia introdotto la recente visita di Papa Francesco a Napoli con alcune lunghissime carrellate proprio sul Cristo velato, divenuto nell’immaginario del pubblico emblema dell’anima pulsante dei fedeli napoletani.
L’autore, a dispetto del titolo del libro (una sorta di work in progress dei lavori precedenti) ha chiarito che, non intende affatto spingersi “oltre il velo”, ben consapevole del rischio di profanare l’altezza artistica e spirituale di un tal capolavoro. Piuttosto, invita a ripercorrerne l’ispirazione fin dall’inizio, inquadrandola nella grande epopea dell’arte sacra di quegli anni, a cominciare dallo straordinario Cristo deposto del Duomo di Capua realizzato da Matteo Bottiglieri, il maestro del Sammartino.
Reduce dagli studi condotti assieme ad altri quattro esperti e storici dell’arte, in una tavola rotonda tenuta sull’isola di Procida durante i riti dei “Misteri” della Settimana Santa, Langella ha messo a confronto questi insuperabili capolavori con l’analogo Cristo morto di Procida scolpito da Carmine Lantriceni. Intorno a quest’opera di struggente sofferenza, gravita la sacra rappresentazione del Venerdì Santo che coinvolge l’intera comunità isolana di 5 mila abitanti. Tra le più toccanti e imponenti d’Europa essa è aperta alla partecipazione creativa di 300 ragazzi che realizzano 40 carri allegorici monumentali rinnovati di anno in anno, con inedite immagini ispirate ai “Misteri”.
A conclusione del suo intervento, Langella ha sottolineato come “I veri capolavori dell’arte sacra non sono solo quelle opere sublimi che ammiriamo magari nella Cappella gentilizia di qualche coltissimo principe aristocratico, ma anche quelle che in molte antiche città del mondo cristiano, convivono con lo spirito delle tradizioni popolari, continuando a sfilare, da più di tre secoli, nelle sacre rappresentazioni della Settimana Santa intorno alle quali ancora si raccoglie con lo stesso fervore di un tempo, la comunità dei fedeli”.
A dare tono alla serata con il suo interessante contributo è stato il dott. Silvio Zagari, responsabile del “Centro di Psicologia Quantistica” di Catania, il quale ha tracciato le dinamiche con le quali, attraverso la preghiera è possibile mettersi in contatto con Dio. Come negli incontri precedenti l’intervento di Zagari è stato illuminante e soprattutto emotivamente coinvolgente per aver trattato con delicata e rispettosa armonia di toni e contenuti una materia tanto sacra come la fede in Dio e la preghiera. Dopo avere individuato il comune denominatore tra rito, fede e sacralità nella preghiera e, la preghiera come mezzo per connettersi con Dio ed “andare oltre il velo”, Zagari  ha trattato il predetto tema dal punto di vista della fede e della scienza utilizzando una bellissima metafora di Papa Wojtyla: “Fede e scienza sono come due ali con le quali l’umanità deve intraprendere il suo viaggio terreno e spirituale“. Ha evidenziato come la differenza tra scienza e spiritualità non è nel fine che perseguono ma nel modo in cui lo perseguono. Infatti oggi scienza e spiritualità sono i grandi fiumi dell’attività umana che stanno convergendo. Successivamente Zagari ha iniziato a spiegare, da un punto di vista scientifico, la connessione dell’uomo con la mente di Dio che passa attraverso gli studi del fisico tedesco Burkhard Heim (scomparso nel 2001) che ha dedicato gran parte dei suoi 76 anni di vita alla Fisica teorica e alla ricerca di una teoria di campo unificata, cioè una teoria che unisse la relatività generale di Einstein alla Meccanica Quantistica. “Secondo Heim“, ha spiegato Zagari, “il vuoto non è vuoto ma è composto da una serie di elementi invisibili comunicanti fra loro che connettono le quattro dimensioni previste dal fisico tedesco (dimensione delle mente di Dio – dimensione delle informazioni – dimensione delle strutture e dei progetti di Dio – dimensione spazio tempo che è la nostra dimensione)“. Quindi ha proseguito spiegando che il pensiero “precipitato” di Dio o quelle informazioni che viaggiano attraverso i fotoni crea tutto ciò che noi chiamiamo realtà. Quando queste informazioni entrano in contatto con l’uomo, si trasformano in biofotoni e successivamente in un segnale elettromagnetico cioè un messaggio che sottoforma di immagine, simbolo o intuizione ha il compito di indirizzare la nostra vita verso il progetto divino. Presupposto essenziale perché ciò avvenga è la preghiera, quella recitata con fede, col cuore e con la mente. Affinché tutto ciò accada e tale comunicazione col divino avvenga, sia in entrata (da Dio all’uomo) che in uscita (dall’uomo a Dio) deve essere superata una barriera energetica (effetto tunnel quantistico). Questo avviene attraverso un altro meccanismo quantistico definito “coesione quantistica” che viene attivato dalla preghiera. In sostanza la preghiera è in grado di permettere all’uomo di comunicare con Dio e viceversa poiché genera quella coesione quantistica necessaria a superare ogni barriera energetica. Il relatore ha concluso con l’auspicio di buttare le cerbottane attraverso cui guardiamo l’Universo per sostituirle con degli occhiali quantistici e di fede. In questo modo è possibile per ammirare la bellezza del creato e la grandezza del Creatore.
A conclusione della serata Angela Lombardo dopo aver ringraziato Padre Eugenio Tamà per l’ospitalità, i relatori ed il pubblico intervenuto ha dato appuntamento a tutti per la presentazione dell’ultimo libro che concluderà la prima edizione della rassegna.

                                                                                       ROSARIO MESSINA

3 La presentazione

Photo Rosario Messina

2 Angela Lombardo 7 relatori

     8 Zagari

5 Elviro Langella           9 Zagari

1AX Proprieta Cappella Sansevero      3AX Cristo Velato Linof

2AX Cristo Velato Langella

Immagini tratte dal backstage del video realizzato al convento dei Frati Cappuccini di Linguaglossa (Ct) intitolato “Le ultime note di Giovanbattista Pergolersi“, regia di Rosario Minardi su progetto di Elviro Langella.

0X  Backstage  Pergolesi   1X Backstage Pergolesi Velo

8X Backstage Pergolesi

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Madame-di-Gigliola-1070 × 483Sento doveroso dedicare il primo articolo che inaugura questa sezione tematica intitolata “Il Personaggio” ad un figlio di Sicilia a me molto caro. A lui devo molto, mi ha trasmesso sin da quando ero piccolo l’amore per i libri, l’arte e la cultura linfa vitale per  l’evoluzione dell’anima.

Scomparso prematuramente a soli 57 anni ha lasciato un vuoto incolmabile non solo in me ma anche in chi lo ha conosciuto personalmente ed artisticamente. Stiamo parlando di Gaetano Mattina nella vita stimato professionista, funzionario giudiziario e nel contempo apprezzato pittore. Nato a Catania nel 1940 visse fino agli inizi degli anni 70′ nella sua città natale dove, dopo il diploma di geometra inizio ad esercitare la professione. Successivamente, dopo aver vinto un concorso pubblico intraprese la carriera di Ufficiale Giudiziario. La sua sede di destinazione fu il Tribunale di Asti.  Cosicché andò via da Catania e si trasferì nella città piemontese con la moglie Francesca ed i figli Fabio e Romina lasciando per sempre la sua amata terra. L’arte ed in particolare la pittura furono il suo primo amore. Sin da giovane si dedicò per diletto alla pittura e talvolta anche alla scultura traendone lusinghieri risultati. Una passione che perfezionò anno dopo anni fino a diventare un valido ed apprezzato pittore.

Gaetano Mattina appartiene a quella schiera di artisti  autodidatti che dipingono per il piacere di trasformare la tela in un palcoscenico ideale dove proiettare le proprie emozioni e dare voce alle molteplici sensibilità dell’anima. E’ stato un allievo di se stesso e, con il passare degli anni, perfezionò sempre più le sue tecniche dando prova di grandi capacità ed estro pittorico non comune. La sua vena artistica non ha conosciuto soste e, diversi furono i soggetti delle sue tele a olio che vanno dai vasi con fiori, alle marine, alle campagne, a quelli realizzati con la tecnica “cubista” fino ad approdare  al ritratto che affinò sempre più avvalendosi anche dell’apporto della fotografia.

Riguardo alla sua evoluzione artistica, possiamo dire che, giocoforza, raggiunse i livelli più alti ad Asti dove si trasferì con la famiglia per il lavoro. E’ nella città piemontese che comincia a frequentare altri artisti fino a diventare socio della Società Promotrice di Belle Arti di Asti.

Nel 1997 in occasione delle manifestazioni per celebrare i cinquanta anni della nascita del sodalizio, nel testo pubblicato a ricordo dell’evento troviamo anche il suo profilo nel quale si legge “Degno di nota per la ritrattistica e validissimo pittore, Mattina Gaetano non solo dipinge il ritratto, egli lo interpreta, studia il carattere del soggetto, lo realizza: quel ritratto dice qualcosa”.

Il ritratto caratterizzò gran parte dei suoi lavori (tra i suoi primi ritratti, quelli dei figli) anche se, immune da preconcetti formali, culturali, letterali alcuni suoi dipinti testimoniano come venisse sedotto anche dallo spettacolo della natura, che ritrae liberamente, con grande sensibilità come ad esempio in alcuni dipinti che ritraggono file di alberi innevati.

Diverse sono state le collettive alla quale ha partecipato, anche a Torino, dove le sue opere hanno ottenuto larghi consensi di pubblico e di critica.

Aveva tanti amici artisti tra questi il pittore di origine pugliese Armando Buico (scomparso nel 1992) che considerava un maestro tanto da dedicargli anche un quadro che raffigura il pittore all’opera. Originale la tecnica con il quale ha dipinto l’amico. L’immagine si compone di una serie di piani solidi che si intersecano secondo angolazioni diverse. Ogni angolazione è il frutto di una visione parziale del soggetto e, come una sorta di mosaico, non c’è separazione tra una figura e l’ altra. Buico, diplomato al Liceo artistico di Torino dell’Accademia Albertina, noto pittore perfezionista fu uno dei fondatori ad Asti del Liceo Artistico “Gandolfino d’Asti”.

Gaetano Mattina è un figlio di Sicilia che merita di essere ricordato perché, con le sue opere, ha dato lustro alla sua terra natale. La sua prematura scomparsa nel pieno della maturità artistica ha certamente lasciato un vuoto incolmabile. E’ una perdita per il mondo dell’arte poiché tante altre pagine di genio artistico sarebbero ancora state scritte con le setole di un pennello.

                                                                                    ROSARIO MESSINA

 

 

1P Mattina foto Vitt.

 

3 Mattina piccola   1A Quadro di Fabio

 

Case piccola  Fiori piccola

Cubista piccolo   4 Armando piccola

2P BRUNO OK  3P FEDERICA OK

5P ROBERTA OK  4P DANIELE OK

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1 MICIO x art.

La compassione e l’empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo possa ricevere in dono

(Charles Darwin)

A Micio 8 Aprile 2015

Ti ho trovato abbandonato per strada una notte di agosto di 17 anni fa davanti ad una discoteca. Eri piccolo ed irresistibilmente dolce. Non potevo non portarti a casa per darti da mangiare. Dovevi rimanerci solo per qualche giorno e per questo io, mamma e papà ti abbiamo chiamato semplicemente micio.
Non abbiamo scelto un nome per questo motivo….. però giorno dopo giorno era sempre più difficile dover pensare di riportarti in strada o regalarti a qualcuno…La tua dolcezza ci ha conquistati tutti giorno dopo giorno e sei diventato il principe di casa nostra. Ieri, dopo diciassette anni ci hai lasciati dopo una sofferenza atroce che non ti ha lasciato scampo e che non meritavi.
Dopo di te il vuoto, terribile, straziante, incolmabile perché sei stato tanto buono e tollerante con tutti, anche con i tre mici che sono arrivati, anni dopo a casa (salvati come te dopo essere stati gettati in un cassonetto delle immondizie subito dopo appena nati). Li hai accettati sin dal primo giorno senza mai litigare e, loro, ti hanno sempre rispettato come il fratello più grande. In questi giorni di sofferenza ti sono stati vicini perché hanno capito che stavi per lasciarci. Bello dentro e fuori anche ora che avevi la tua veneranda età.
Con te va via una parte di storia della nostra famiglia perché hai condiviso con noi gioie e dolori di quasi un ventennio. Quanti ricordi ci legano, anche le tue divertenti monellerie. Come i fotogrammi di un film rivedo i momenti più belli di questa nostra storia e mi rendo conto di quanto sei stato protagonista, prezioso, nella nostra famiglia e quanta luce, gioia, amore e serenità hai portato dentro. Un angioletto a quattro zampe.
Questa Pasqua è stata la nostra ultima festa con te e già ci manchi tanto. Quanto dolore! Ho conservato la tua ciotola e terrò caro il giubbotto ed il maglione di lana con il quale ti ho coperto quando stavi male. Hai aspettato che io venissi a casa perché volevi darmi l’ultimo saluto e così è stato. Appena il tempo di qualche carezza.
Grazie per avermi voluto accanto prima di andare via per sempre. Adesso riposa in pace. Spero che in cielo hai già trovato il tuo posto ideale e tanti angioletti compagni di gioco.

Ti voglio bene

               Ciao Micio

0 10668

SONY DSCGran bel cane di razza il Cirneco che esiste in Sicilia dalle epoche più remote. E’ un cane da caccia adatto a terreni aspri e specialmente indicato per la caccia al coniglio selvatico e la lepre – cane dotato di grande temperamento, e dolce ed affettuoso, nel contempo.
Secondo alcune tesi pare che tragga le sue origini da antichi cani da caccia allevati in età faraonica nella Valle del Nilo e diffusi, in Sicilia dai Fenici. Successivi studi hanno indicato che, molto probabilmente, il Cirneco sia una razza autoctona siciliana, della regione Etnea, poiché i documentari di monete ed incisioni rivelano come il Cirneco esistesse già da molti secoli prima della venuta di Cristo. . Una teoria accreditata, al momento, sembra quella che li vede discendere dal lupo abissino. Come il “cugino” Pharaon Hound (che gli somiglia moltissimo, ma è di taglia maggiore) e come il Podenco spagnolo, si è sviluppato nel bacino del Mediterraneo, dove ha cominciato ad affiancare l’uomo nella caccia a partire dall’era faraonica: ma se un tempo si riteneva che il Pharaon Hound fosse il suo diretto progenitore, oggi comunque si tende a credere che la razza si sia sviluppata autonomamente e che sia autoctona siciliana.
Come tutti i cani primitivi, il Cirneco non è un cane “costruito” dall’uomo; la sua evoluzione è stata completamente naturale, il che fa sicuramente parte del suo fascino, così come l’aspetto esotico e particolarissimo. E’ presente in Sicilia da “almeno” tremila anni, perché se ne hanno tracce storiche fin da quel tempo. Del Cirneco hanno parlato Aristotele (che nel suo “De Natura Animalium” descrive un “cane dalle orecchie aguzze” definendolo “antico cane mediterraneo”), Linneo, Claudio Eliano e molti altri studiosi naturalisti. Aristotele fornisce anche la più attendibile etimologia del nome Cirneco: “razza di Cirene” (dal greco Kjrenaikòs, da cui si passa a cyr naecos con la trasposizione latina che vede l’inserimento del dittongo AE e l’elisione della vocale E). Diverse monete sicule portano l’effige di questo cane. Altre testimonianze si trovano nei mosaici della Villa Romana di Piazza Armerina. Naturalisti come il Bellin e il Keller hanno studiato le origini di questi cani. La somiglianza con i levrieri è indiscutibile, ma i graioidi di tipo primitivo sono decisamente più rustici e più adatti al tipo di terreno su cui si devono muovere, in particolare alla roccia vulcanica nel caso del Cirneco.
Il Cirneco si presenta con una figura molto snella, con zampe lunghe, orecchie dritte e con un corpo muscoloso, ma nello stesso tempo molto elegante. Ha un fiuto eccezionale ed è agilissimo nel cambiare direzione durante l’inseguimento della preda. Malgrado abbia l’aspetto che ricorda quello dei levrieri, non caccia a vista ma usa l’olfatto come un cane da cerca. Secondo la classificazione della Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.), tutti i cani appartenenti alla razza dei “levrieri” appartengono al 10º gruppo, mentre il Cirneco è inserito nel 5º Gruppo, quello delle razze di tipo primitivo.
Dotato di grande intelligenza è, generalmente, indipendente e solitario. Di norma diffidente con gli estranei si affeziona ad un solo padrcirneco-3one. Si può dire che abbia le sue simpatie ed antipatie a pelle: con alcuni individui non socializza e, alla loro vista, abbaia; con altri, inizialmente, si mostra aggressivo, ma poi socializza; con altri ancora prova un feeling immediato e socializza subito. È un cane che per il padrone darebbe tutto se stesso.
La vita media di questo cane è molto elevata, quindici anni circa, ma esistono esemplari che vivono anche venti anni. Cane velocissimo e molto agile è capace di raggiungere persino i 40/45 km/h nella corsa. Generalmente raggiunge l’altezza di 46-50 cm al garrese negli esemplari maschi, mentre le femmine misurano dai 42 ai 46. Il peso del maschio si aggira intorno ai 10-12 kg, mentre le femmine raggiungono gli 8-10. La lunghezza del tronco è, in media, uguale all’altezza al garrese: il cirneco ha, dunque, una costruzione quadrata. È strutturato da una massa muscolare che comprende l’80% del corpo. Si presenta snello e, se nutrito in modo adeguato, mantiene una linea elegante e slanciata. I colori del mantello del Cirneco dell’Etna vanno dal sabbia dorato al cervo scuro; talvolta sono presenti macchie bianche, su tutto il corpo; sebbene molto rari ne esistono colorati di bianco arancio (come nel setter inglese) e di bianco puro (pur non essendo propriamente albino). Il colore riconosciuto dagli standard di razza è il fulvo più o meno intenso, isabella e sabbia, con lista bianca in fronte, al petto, zampe bianche, punta della coda bianca e ventre bianco.
La razza è stata riconosciuta dall’ENCI nel 1940, con standard morfologico redatto dal Solaro. La prima allevatrice di grande rilievo, che diede un contributo fondamentale alla selezione, fu Agata Paternò Castello, appassionata e competente cinofila catanese. Data la localizzazione estremamente circoscritta del Cirneco, che solo da pochi anni ha varcato i confini siciliani, la bibliografia in materia è piuttosto scarsa. Nell’Ottocento venne pubblicato un trattato di Giuseppe Galvagni, Fauna Etnea, Memoria 3° sulla terza famiglia dei carnivori, che descrive attentamente e minuziosamente il Cirneco e l chiama, alla maniera naturalistica, canis etneus. Nel 1972 è stata pubblicata una monografia estremamente accurata da Giovanni Bonatti Nizzoli di Carentino, che ancor oggi costituisce l’opera più completa sulla razza.

                                                                                                                                      ROSARIO MESSINA

1 Dracma con Cirneco

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3X Gatto Selvatico EtnaIl Gatto Selvatico dell’Etna è una specie endemica da salvaguardare. Occorre tutelare questo magnifico esemplare di Felis Silvestris patrimonio di biodiversità animale tra i più significativi dell’area circostante il vulcano. In passato il felino è stato spesso minacciato dall’ intervento dell’ uomo, che ha ristretto le aree di caccia e costretto il gatto selvatico a scendere a compromessi con la sua indole di cacciatore solitario. Un anno fa al Parco dell’Etna a Nicolosi (Ct) si è svolto un convegno appositamente dedicato, organizzato dall’Ente Parco in collaborazione con l’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari, Dipartimento Interventi Infrastrutturali e con il Dipartimento di Biologia Animale “Marcello La Greca” dell’Università di Catania.
La sopravvivenza del gatto selvatico è un obiettivo che il Parco dell’ Etna intende portare avanti assieme all’ Università di Catania nella tutela di questa specie così affascinante.
Nel mese di dicembre del 2014 è stato realizzato un passo importante per la tutela e lo sviluppo della conoscenza della popolazione del gatto selvatico che costituisce la più straordinaria biodiversità faunistica del Parco dell’Etna. E’ stata sottoscritta una convenzione tra il Parco dell’Etna e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche dell’Università di Palermo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina, la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania. L’obiettivo dell’accordo siglato è la realizzazione di uno “studio sulla biologia ed eco-etologia del gatto selvatico nel parco regionale dell’Etna e realizzazione del piano di conservazione”. A tal proposito si intende studiare lo status attuale del gatto selvatico nel territorio dell’area protetta attorno al vulcano e promuoverne la conservazione a lungo termine.
Il gatto selvatico è classificato come “least concern” (specie a rischio minimo) dalla IUCN, anche se le popolazioni sono in declino. E’ compreso nella lista rossa dei vertebrati italiani e, a livello legislativo, è inserito nella Direttiva Habitat (allegato IV) della Comunità Europea. Rappresenta l’ultimo “grande” predatore della Sicilia e nel Parco dell’Etna dove trova un habitat ottimale per la varietà degli ambienti e la disponibilità delle prede. Le minacce per la conservazione a lungo termine di questa specie sono numerose e molteplici, quali l’ibridazione con il gatto domestico, la frammentazione degli habitat e la sempre crescente pressione antropica.
Come ha spiegato il prof. Mario Lo Valvo dell’Università di Palermo: “Sull’Etna, vive una delle popolazioni feline con la più alta densità registrata (circa 0.30 gatti per Kmq.). Questo progetto in collaborazione con il Parco dell’Etna è estremamente importante per lo studio e la conservazione di questa specie faunistica. In Sicilia vive l’unica popolazione mediterranea di gatto selvatico non introdotta dall’uomo; studi recenti hanno evidenziato che il patrimonio genetico di questa popolazione è chiaramente divergente rispetto alle altre popolazioni italiane, costituendo di fatto una distinta unità di conservazione.”.
La presidente del Parco Maria Mazzaglia ha spiegato i termini del progetto il quale prevede uno studio approfondito dell’ecologia di questa specie affinchè si possano formulare delle linee guida per promuovere la conservazione a lungo termine del gatto selvatico nel territorio del Parco dell’Etna. E’ prevista, a carico dell’Ente Parco, la selezione di personale specializzato per la ricerca sul campo. Sarà realizzato un database dei dati raccolti; una mappa dettagliata in cui verranno identificate le principali minacce per questa specie al fine di pianificare le azioni di tutela, conservazione e divulgazione. E’ previsto anche un database fotografico in cui verrà catalogato tutto il materiale raccolto tramite le trappole fotografiche. Inoltre, il personale specializzato, selezionato dall’Università di Palermo, parteciperà ai momenti divulgativi del progetto presso la sede del Parco e nelle scuole. Per quanto riguarda le collaborazioni al progetto, l’Università di Messina realizzerà le analisi parassitologiche sui circa 120 campioni raccolti, mentre la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania metterà a disposizione 18 trappole fotografiche.
Sull’Etna il Gatto selvatico vive a quote medie più alte (1200-1800 m), e sfrutta come tane i cunicoli della “sciara”, i labirintici cunicoli delle vecchie colate laviche (del 1600 circa). Quali sono le caratteristiche di questa specie? Morfologicamente e dimensionalmente è affine al gatto domestico (TC: 450-630 mm, C: 250340 mm, P: 2-6 kg), dal quale risulta difficilmente distinguibile. Le caratteristiche del mantello utili ad una corretta identificazione degli esemplari comprendono un colore di fondo variabile dal grigio-giallastro al grigio-argenteo; un disegno nero brillante, articolato in quattro strie nella regione occipito-cervicale, due strie scapolari, una dorsale fino all’attaccatura della coda, l’apice e gli anelli presenti su quest’ultima; un disegno evanescente, molto più chiaro del precedente, lungo la regione laterale; padiglioni auricolari di colore uniforme e privi di ciuffetti di pelo.
  ROSARIO MESSINA

SONY DSC   2X Gatto selvatico Etna

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1X Cucciolo La Pet Therapy ha raggiunto nuove frontiere. Un rifugio statunitense per animali, nello stato dello Utah è stato attrezzato con tecnologie in grado di far interagire utenti online con i gatti ospiti del rifugio. Si tratta del rifugio Murray di Deann Shepherd che ha lanciato il nuovo servizio nella speranza di sfatare il mito che i rifugi per animali siano posti tristi e deprimenti. E’ stata riservare una stanza del rifugio a tre gatti con giocattoli telecomandati. Giocattoli, manco a dirlo, gestiti da “internauti” che collegandosi al sito iPet possono giocare via internet con i micetti.
In Giappone si stanno diffondendo con successo i Cafè Neko (in giapponese Neko vuol dire gatto) dove è possibile consumare un caffè in compagnia di ospiti a quattro zampe. I piccoli felini, tengono compagnia ai clienti, i quali entrando nel caffè possono scaricare le tensioni, rilassarsi e divertirsi giocando con i gatti e accarezzandoli. All’interno dei Cat Cafè i felini ovviamente possono contare su spazi privati, cucce e ceste in cui possono rifugiarsi quando vogliono rimanere da soli. Il Cat Cafè rappresenta la soluzione ideale per chi vorrebbe possedere un gatto ma per diverse ragioni non può acquistarne uno, o semplicemente per tutti coloro che desiderano relazionarsi con un felino.
La tradizione del Cat Cafè ha preso il via a Taiwan, presso il Cat Paradise di Taipei, e si è sviluppata velocemente nel Sol Levante anche perché i regolamenti condominiali nipponici vietano agli inquilini di avere un animale domestico. In tutto il Giappone attualmente si contano oltre cento Neko Cafè, di cui una quarantina a Tokyo, nonostante le proteste degli animalisti che hanno messo in evidenza possibili stress per gli animali, sottoposti al contatto costante con gli esseri umani. In Giappone, intanto, il trend si sta diffondendo a tal punto che stanno sorgendo Cat Cafè specializzati: per esempio, solo con gatti neri, solo con gatti grassi, solo con mici trovatelli, e così via.
In Giappone i gatti se li portano anche in ufficio per aumentare la produttività e il benessere dei dipendenti, più raramente succede anche qui in Italia, ma ora i gatti possono essere sempre presenti nelle nostre vite. E in Italia? Anche nel Bel Paese cresce la considerazione dei piccoli amici a quattro zampe che si sta iniziando ad ammettere anche nei luoghi pubblici.
Nel 2014 nasce a Torino in un piccolo bistrot il primo “Cafè Neko”. Da qualche mese anche a Roma è stato realizzato un Cat Cafè con una piccola colonia felina che ha a disposizione giochi, tiragraffi alti come piccoli alberelli, percorsi e giochi vari. Cosicchè tra un caffè ed una tisana è possibile giocare con i miciotti. Anche nel nostro Paese sta per diffondersi questa tradizione, che in Europa è iniziata a Vienna.
Ma non è finita qui poiché un’altra novità sta interessando gli animali da compagnia i quali, dora in avanti potranno far visita al proprio padrone ricoverato in ospedale. Due regioni, la Toscana e l’Emilia-Romagna, hanno approvato delle linee guida per regolamentare l’accesso di cani e gatti nelle strutture sanitarie. Lo scopo è quello di ricreare l’affetto della famiglia per quei pazienti ricoverati in ospedale per guarire prima e meglio. Ora sarà possibile, infatti, ricevere la visita anche dei propri cari……. a quattro zampe. E’ stato comprovato come il rapporto affettivo tra il paziente e il proprio animale fa bene anche alla salute. Lo dimostra la scienza. Per questo le strutture sanitarie sono state invitate ad agevolare il contatto dei pazienti, anziani e bambini in particolare, con il proprio mondo affettivo. Ci sono naturalmente delle regole da seguire: gli animali devono essere quelli che vivono nelle famiglie dei pazienti ricoverati e devono essere iscritti all’Anagrafe animali d’affezione. Il loro accesso in ospedale viene consentito secondo un regolamento interno e compatibilmente con lo stato di salute dei pazienti. La richiesta di accesso dovrà essere presentata all’Unità operativa dal paziente stesso o da un suo familiare. In ciascuna Unità operativa sarà ammesso un animale per volta, con tutti i supporti adeguati (collari, pettorine, guinzaglio, disponibilità di una museruola).
Le organizzazioni che si occupano dei pazienti ricoverati in ospedale chiedono da tempo che siano ammessi gli animali domestici nelle corsie, soprattutto per stare vicino ai pazienti gravi o con difficoltà di deambulazione. La richiesta rientra nella cosiddetta pet therapy, una terapia dolce, basata sull’interazione uomo-animale. La presenza di un animale permette in molti casi di consolidare un rapporto emotivo con il paziente e, tramite questo rapporto, stabilire sia un canale di comunicazione paziente-animale-medico sia stimolare la partecipazione attiva del paziente.
I nostri amici a quattro zampe sono stati riconosciuti come veri e propri terapeuti nella Pet Therapy che utilizza il rapporto uomo-animale, ricco di numerosi potenziali terapeutici naturali che vengono incrementati in tali contesti attraverso l’utilizzo di metodologie e tecniche specifiche. Ad essere utilizzati nella Pet Therapy possono essere animali domestici o addomesticabili di vario tipo tra i quali cani, gatti e cavalli sono i più comuni. Tuttavia, questo crescente tipo di impiego degli animali per il miglioramento della salute umana studia e applica con grande successo, in base alle necessità, anche conigli, criceti, uccelli, pesci, delfini e persino quegli animali considerati nella tradizionale e antica visione contadina solo come animali d’alimentazione o da lavoro, quali mucche, asini e capre.
Il termine “Pet Therapy ” è stato coniato nel 1953 in America da uno psichiatra infantile di nome Boris Levinson e designa oggi una serie complessa di interventi volti a migliorare la salute psicofisica dell’uomo e basati sull’utilizzo del rapporto uomo-animale. In realtà, l’uso degli animali da compagnia (pets) come supporto ad altre forme di terapia affonda le sue radici in tempi molto lontani: una forma storica di terapia con gli animali è quella che veniva utilizzata già da Ippocrate il quale consigliava, per combattere problemi d’insonnia, di mancanza di energia e sintomi legati allo stress, una forma molto spontanea e destrutturata di quella che oggi è l’ippoterapia. Quest’ultima è stata sperimentata nel diciannovesimo secolo anche in Francia per supportare efficacemente la riabilitazione di portatori di handicap neurologici, ma ancora prima altre forme di utilizzo degli animali per migliorare le condizioni di salute dei pazienti sono state rintracciate in altri paesi in cui, soprattutto cani e gatti, riuscivano spontaneamente a produrre il miglioramento dell’umore di persone con problemi psichici.
Spesso la Pet Therapy è considerata una terapia semplicemente basata sul contatto con gli animali. Come mostrano alcune esperienze, la vicinanza e il rapporto con un “pet” possono effettivamente essere di per se stessi naturalmente in grado di migliorare la salute fisica o psicologica. Tuttavia, si può parlare veramente di terapia in senso stretto solo in alcune forme più strutturate di cura con l’uso di animali che devono avere particolari caratteristiche. L’impiego di certi animali, come ad esempio i cavalli, sono utili sotto l’aspetto psicomotorio. Infatti è possibile utilizzare vere e proprie forme di riabilitazione a schemi e abitudini posturali e motorie che possono agire stimolando il tono muscolare in situazioni di atrofia e favorendo la motricità fine anche in persone con handicap. Le possibilità di applicazione della terapia con gli animali sono innumerevoli e sono legate sia alle caratteristiche degli animali scelti, che alle tecniche ed ai metodi utilizzati. Una delle principali aree di applicazione riguarda i disturbi dell’umore . Infatti, l’isolamento, la solitudine, la malinconia e persino forme affettive negative più stabili come la depressione risentono positivamente del rapporto con animali a cui fare le coccole, condividendo attività di gioco. La piacevole attività di accarezzare un animale, anche grazie alla capacità di stimolare la produzione di endorfine (neuromediatori del piacere), si è dimostrata anche un valido aiuto per prevenire e combattere lo stress : tende a calmare ed a diminuire comportamenti violenti e conflittualità, dimostrandosi capace nel tempo di abbassare i parametri fisiologici della pressione sanguigna e i livelli di colesterolo cattivo.
Un’altra importante area di applicazione delle attività svolte con gli animali a supporto della salute riguarda le malattie neurologiche e cardiocircolatorie , quali demenze senili, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, convalescenza dal coma, ictus o infarti, in presenza delle quali è possibile svolgere delle attività mirate alla riabilitazione e alla stimolazione motoria, soprattutto attraverso esercizi in cui si può stimolare la deambulazione con la conduzione dell’animale in modo meno noioso e più motivante, favorendo al contempo il miglioramento dell’umore che generalmente risente della diagnosi di queste malattie. Nei casi in cui siano presenti limitate capacità di movimento degli arti superiori è possibile favorire la mobilitazione di essi e l’esercizio della manualità attraverso l’interazione fisica con l’animale, carezzandolo, spazzolandolo o attraverso attività di gioco correttamente guidate e graduali che prevedono il lancio di un oggetto o di una pallina morbida.
Lo stesso fondatore del termine Pet Therapy ha utilizzato questo tipo di terapia inizialmente in patologie psicotiche come l’autismo, assecondando la spontanea tendenza di alcuni bambini autistici a sentirsi rassicurati dal rapporto con alcuni animali, come il cane, il cavallo o il delfino, che diventano velocemente in grado di stimolare delle aperture nel loro mondo apparentemente inviolabile. La capacità di alcuni animali di infondere sicurezza consente già da tempo di utilizzarli come un valido aiuto nel trattamento di disturbi post-traumatici, di fobie relative a cose o situazioni e in alcuni paesi è già un’abitudine l’intervento di riabilitazione psicologica in casi in cui, in seguito al sequestro o allo stalking (persecuzione), sia presente una paura paralizzante che costringe a restare chiusi in casa. Questo tipo di intervento è molto simile a quello adottato in presenza di problemi sensoriali o motori che, generando insicurezza, tendono a produrre un isolamento che può essere superato gradualmente attraverso la terapia con un animale.
Esistono inoltre altre applicazioni della Pet Therapy che servono a stimolare la salute fisica o psicologica oppure l’apprendimento e l’educazione. È possibile infatti, con la collaborazione degli animali addestrati, migliorare alcuni disturbi dell’apprendimento attraverso percorsi educativi per tappe sviluppati ad hoc.
Ugualmente utile è la possibilità di utilizzare alcuni animali come lubrificanti sociali, grazie alla loro capacità di facilitare gli scambi sociali e la conversazione nonché alla capacità che possiedono di aiutare a sviluppare abilità relazionali come l’empatia e la comunicazione attraverso i canali non verbali e paraverbali, cioè mediante l’utilizzo in modo più consapevole ed efficace del corpo, dello sguardo, dei gesti e dell’intonazione della voce. A questo proposito, l’utilizzo dell’interazione di animali con i bambini si è dimostrata un valido strumento per migliorare lo sviluppo intellettivo e relazionale sulla base di scambi in cui ogni bambino può essere motivato al superamento del narcisismo e della propria prospettiva, al fine di capire i pensieri, i desideri e le possibilità del proprio compagno di giochi.
Anche eventi negativi e inaspettati, come la perdita di un animale da affezione possono rappresentare un momento di crescita psicologica in quanto, se ben gestiti, possono aiutare a comprendere l’esperienza della morte, “caratteristica naturale della vita”.

                                                                                                    ROSARIO MESSINA

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