GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2024
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Etna

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La Base Aerea ospita alcuni assetti stranieri per le attività di Triton legate ai flussi migratori

        Base Aerea di Sigonella (Ct).   Mercoledì 27 maggio 2015, il Direttore della Commissione Europea per la Migrazione e la Protezione, Mr. Laurent Muschel, è stato in visita all’Aeroporto e al 41° Stormo Antisom dell’Aeronautica Militare di Sigonella, nell’ambito della propria visita istituzionale in Italia per conoscere da vicino tutte quelle attività dell’Agenzia dell’Unione Europea “Frontex” e “Triton” legate alle operazioni di pattugliamento e alla gestione dei flussi migratori verso l’Europa.
“Frontex”, operativa dal 03/10/2005, ha lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere degli Stati membri e di favorire gli accordi per rimpatriare i migranti respinti. Le proprie operazioni attive nel Mediterraneo sono “Hermes” e “Aeneas” alle quali si sono aggiunte, dal 02/12/2013, “Eurosur” e, dal 01/11/2014, “Frontex Plus” o “Triton”. Quest’ultima, potendo contare su maggiori risorse tecniche ed umane oltre a un più elevato numero di Stati partecipanti, di fatto ha rimpiazzato e potenziato “Hermes” e Aeneas” a seguito della richiesta da parte dell’Italia perché l’Unione Europea si mobilitasse in suo aiuto per contenere lo straordinario flusso migratorio e – nel frattempo – il budget mensile impiegato nell’operazione “Mare Nostrum”.
Mr. Muschel, con il proprio seguito, all’arrivo è stato ricevuto dal Comandante della Base Aerea Siciliana, Colonnello Pilota Vincenzo Sicuso, che ha illustrato agli ospiti il ruolo e le attività del 41° Stormo. Nel corso della visita, sono state affrontate ed approfondite le questioni connesse con la presenza di assetti stranieri sull’Aeroporto ed impiegati nelle operazioni congiunte di pattugliamento marittimo sotto l’egidia Frontex. A seguire, sono state visitate alcune infrastrutture della Base compreso l’assetto Islandese rischierato a Sigonella per le operazioni Triton e sul quale relativo velivolo Mr. Muschel si è imbarcato per una dimostrazione pratica dell’attività svolta nel Mediterraneo.
Prima di lasciare Sigonella, il Mr. Muschel ha firmato l’albo d’onore del 41° Stormo dove – a futura memoria – ha lasciato note di apprezzamento e ringraziamento per le attività di concorso e supporto fornite da tutta l’Aeronautica Militare nell’ambito dei flussi migratori.
Dal mese di settembre 2013 in modo continuativo e prima ancora in modo saltuario, la Base Aerea di Sigonella ha fornito e continua a fornire il proprio supporto ai diversi assetti stranieri che si sono avvicendati nell’ambito delle attività Frontex. Dopo il supporto e l’ospitalità forniti, generalmente con cadenza mensile, ad assetti provenienti tra gli altri da Grecia, Portogallo, Islanda, Spagna, Svezia e Olanda, attualmente a Sigonella – oltre al rischieramento Islandese – è dislocato quello composto da personale e da tre elicotteri della Royal Navy Britannica che integrano l’unità navale inglese dislocata nel mediterraneo nelle operazioni Triton.
Il 41° Stormo Antisom di Sigonella è dotato di velivoli “Breguet 1150 Atlantic” con i quali garantisce la propria missione primaria consistente nel contrastare la minaccia subacquea e navale e nel fornire il servizio di ricerca e soccorso in mare a lungo raggio mantenendo sotto controllo, a protezione delle principali vie marittime, le unità navali subacquee e di superficie potenzialmente ostili. Inoltre, assicura il controllo del traffico mercantile, nell’ambito delle operazioni contro il terrorismo internazionale, ed il supporto alle attività volte al controllo dei flussi d’immigrazione clandestina dai quadranti meridionali del mediterraneo, garantendo giornalmente – a mezzo del “Atlantic” che è in grado di condurre autonomamente ricerche sistematiche su tutto il Mediterraneo – la copertura delle ampie zone di mare d’interesse, consentendo la tempestiva localizzazione dei profughi in mare e l’allertamento degli organi preposti e garantendo al contempo un costante e pronto intervento SAR (search and rescue: ricerca e soccorso) in caso di sinistro marittimo e naufragio degli stessi.

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CATANIA. Mercoledì 27 maggio,  il 41° Stormo Antisom dell’Aeronautica Militare di Sigonella ha partecipato alla cerimonia di consegna della “Bandiera d’Italia” all’Istituto Comprensivo “Pestalozzi” di Catania.
Nell’occasione, sono stati proprio i Militari provenienti da Sigonella che hanno “scortato” il “Tricolore” prima che lo stesso passasse nelle mani della Madrina della cerimonia, il Prefetto di Catania – Dottoressa Maria Guia Federico, e subito dopo la benedizione in quelle del Dirigente Scolastico del Pestalozzi.
Alla cerimonia, promossa e curata dal Comitato delle Dame dell’Istituto del Nastro Azzurro, hanno partecipato le più alte Autorità civili e militari della provincia Catanese. Oltre al Prefetto erano presenti il sostituto del Sindaco della Città Etnea – l’Assessore Angelo Villari, il Questore – Dottor Marcello Cardona, il Procuratore vicario – Dottor Michelangelo Patanè e i vari Comandanti provinciali o loro sostituti.
Durante l’evento sono stati consegnati diversi riconoscimenti ai giovani studenti meritevoli a seguito di loro stesure sul tema “La Bandiera è simbolo di valori nazionali per i quali molti uomini hanno sacrificato la loro vita”.
Il Prefetto ha chiuso la giornata ringraziando tutti i presenti, tra cui l’Aeronautica Militare per avere portato la Bandiera Nazionale consegnata alla Scuola, e rivolgendosi ai giovani studenti ha detto: “Ho provato grandissima soddisfazione a stare qui con voi; non è un dovere quello che ho svolto stamane ma un piacere perché l’incontro con i giovani per me è sempre un momento fondamentale, i giovani sono il futuro della Nazione e su di loro poniamo grande fiducia e per loro lavoriamo nel quotidiano. Ragazzi custodite questa Bandiera che deve essere un simbolo per tutti quelli che la guardano e riconoscete il valore che essa rappresenta”.

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                E’ tornata ad essere fruibile un area del centro storico di Catania scenario di un antica leggenda catanese che ha come protagonista Gammazita, una fanciulla vissuta nel periodo della dominazione angioina che sacrificò la propria vita gettandosi dentro un pozzo, che da allora prese il suo nome, piuttosto che cedere alle voglie di un soldato francese. Questo racconto che non è mai stato storicamente provato, rappresenta il dramma delle donne predate da un invasore, dal ratto delle Sabine operato dagli uomini della Roma nascente, al grido di “mamma! Li Turchi!” delle invasioni arabe che lasciano nella nostra cultura, segni come le teste – cachepot, tanto frequenti nelle ville che rappresentano il moro e la donna di pelle chiara. O la festa dei giganti Mata e Grifone (il moro) a Messina.
              Il pozzo di Gammazita si trova nel centro storico di Catania, nei pressi di piazza Federico di Svevia, su via S. Calogero: ai piedi di una scala vi è un lavatoio secentesco che riceve acqua da uno dei rivoli del fiume Amenano, il tutto appoggiato ad una parte delle “Mura di Carlo V °. Questo luogo abitato da sempre, è circondato da palazzi di fine ottocento. Era il centro commerciale della città. Abbandonato dagli abitanti negli ultimi cinquanta anni, come la maggior parte dei centri storici delle città italiane, ha subito un degrado socioculturale che ha rischiato di far perdere per sempre memorie storiche e luoghi di grande suggestione.
Ad opera di “Italia nostra” negli anni ottanta il sito fu liberato da cumuli di spazzatura gettata lì come in una discarica ed un abitante del cortile (adesso deceduto), mise a sue spese un cancello che impediva a malintenzionati di servirsi in modo improprio del luogo, assumendosi l’onere di fare da guida.
Nel tempo, il ritorno dei cittadini che apprezzano questi luoghi, i ricordi dei padri, dei nonni, i sapori di cucine casalinghe, hanno generato un’inversione di tendenza: riprendersi ciò che appartiene alle nostre radici, accettare il concetto che senza radici, non cresce alcuna pianta o progetto nel futuro.
All’inizio del 2000, un giovanissimo architetto: Michele Capobianco, acquistò un appartamento in uno dei palazzi storici costruito su botteghe del settecento. Divenne da subito capo condomino e direttore dei lavori per quanto riguarda gli interventi di messa in sicurezza e ripristino delle parti pericolanti, avvalendosi dei ricordi dell’ultima erede del proprietario originario del palazzo. Questi lavori, eseguiti negli anni 2006 ed ancora nel 2015, hanno ridato dignità e fruibilità al sito. La sua vena creativa e visionaria, gli ha fatto mettere in atto un progetto al quale lavorava da tempo: utilizzare una porzione del palazzo che possiede due ingressi, uno dei quali adiacente al pozzo, come galleria d’arte, luogo di incontri culturali di vario genere, rivolto ad un’utenza colta e rispettosa dei luoghi.
Nasce così il progetto che ha fatto rivivere il luogo dell’antica leggenda, denominato “GammaZ Officina del riciclo”, caratterizzato da un susseguirsi di mostre pittoriche, fotografiche, di installazioni a tema, di artisti già quotati sul territorio, con il concorso di un gruppo di amici, artisti – sostenitori, che hanno creduto nel progetto di una rivalorizzazione e riqualificazione del posto. Come volontari, inoltre, hanno ripulito con pale e scope il pozzo ed il lavatoio antico da almeno 150 chili di scorie che si erano accumulate negli anni. Così, anche quel rivolo del fiume Amenano, ha ricominciato a scorrere.
L’evento più esaltante è stato quello del tre maggio scorso, in occasione della manifestazione “Castello liberato” organizzata dalle associazioni che si occupano del centro storico.
E’ stata una domenica piena di sole, in cui, piazza Federico di Svevia e le strade limitrofe sono diventate zona pedonale ed i siti aperti: anche il “pozzo di Gammazita”. Michele Capobianco ed il suo gruppo, hanno organizzato una mostra all’aperto: sessanta metri fra pittura e fotografia ed all’interno della “bottega” installazioni e sculture. I cittadini hanno percorso la via S. Calogero addobbata con teli colorati ed opere d’arte, entravano dal civico 29, visitavano le suggestive stanze con l’affaccio sul pozzo ed uscivano dalla porta in cortile Gammazita n°14 per scendere le scale antiche poggiate sulle mura di Carlo V°. Complessivamente sono transitate circa quattromila persone (considerando che l’intero evento ne ha richiamato circa quindicimila) dalle 10 del mattino alla mezzanotte. Tra i visitatori anche il Sindaco Bianco e l’Assessore alla Cultura che hanno espresso complimenti per l’impegno profuso e l’originalità della “messa in scena” così suggestiva.
Hanno promesso che si sarebbero subito attivati per far sì che questo luogo così particolare, venga dichiarato sito storico e così essere gestito dal Comune di Catania.
Gli artisti che hanno esposto sono stati:
Fotografia: Antonio Aiello, Francesca Consoli, Rosaria Forcisi, Lucio Lanza,Tony Leone, Annalisa Mancuso, Maria Rossella Maugeri, Liborio Pellitteri, GianLuigi Primaverile, Renato Ventura
Pittura: Caterina Aidala, Davide Aricò, Cristiana Cardillo, Francesco Caristia, Dora Crisafulli, Fabio Nicola Grosso, Hypnos, Giovanni Lombardo, Giovanna Mancuso, Enzo Platania, Dabora Pluchino , Ornella Rapisardi , Maria Sarafianos, Alice Valenti
Installazioni e sculture: Michele Capobianco (installazioni), Antonio Corselli (cyberbugs), Giovanni Gugliotta (art design), Filippo Monaco (assemblaggio scultoreo), Antonio Moschetto (scultura).

                              Liliana Cosentino

Il Pozzo Gammazita in un disegni del Desprez

Il Pozzo Gammazita in un disegni del Desprez

1XX  Cancello Pozzo di Gammazita

Il cancello per l’acceeo al pozzo

 

Lapide apposta da Italia Nostra

Lapide apposta da Italia Nostra

2 Accesso al Pozzo

Le scale che portano al pozzo

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Montalbano Elicona (Me). Cambiare atteggiamento culturale. È questo il senso ultimo del libro di Giuseppe Pisciuneri, “Il paradigma ecologico” (Disoblio Edizioni), presentato domenica 31 maggio presso la Sala Convegni del castello di Montalbano Elicona, in occasione dell’appuntamento nazionale “Il Maggio dei Libri. Leggere fa crescere 2015”.
.Nel corso della presentazione, intervallata dalla lettura di brani scelti dell’opera a cura di Alice Pantano, accompagnata dalle melodie al pianoforte di Francesca Bisbano, i relatori – Filippo Taranto (Sindaco di Montalbano Elicona), Giuseppe Giordano (Docente di Filosofia della scienza all’Università degli studi di Messina), Francesco Tigani (Ricercatore Universitario), Salvatore Bellantone (Editore), Giuseppe Pisciuneri (Autore del Libro) – hanno spiegato come per capire il senso di una tale rivoluzione nella condotta culturale, occorre innanzitutto comprendere qual è stato il rapporto predominante tra uomo e natura ancora in voga oggi. Quest’ultimo prende le mosse dal pensiero di filosofi come Cartesio, Galilei e Bacone che hanno gettato le basi per quel paradigma meccanicistico, che considera la natura un oggetto quantificabile, manipolabile e controllabile, paradigma divenuto il calcestruzzo del sapere scientifico che spiega ogni fenomeno in maniera insensibile. La metamorfosi avviene invece con alcuni pensatori del Novecento tra i quali Heisenberg, Einstein e Bohr con i quali cambia il concetto di natura, inteso come un qualcosa di cui facciamo parte, e cambia anche il concetto di sapere scientifico concepito come qualcosa di molto più complesso e che non dà certezze definitive, ma paradigmi capaci di spiegare più fenomeni mettendo in relazione diversi saperi.
        La sfida è passare dalla superficialità a un modo di abitare la natura, la Terra, più in sintonia e in armonia con il tutto stesso di cui facciamo parte, e in direzione di un futuro migliore per coloro che non ci sono ancora e che ci saranno. In tal senso, occorre porre un freno all’atteggiamento violento dell’uomo, che usa e abusa del pianeta a proprio piacimento e in particolar modo in vista del potere, e passare a un atteggiamento di cura della natura, sentendosi parte attiva di essa.
Accesa infine la lanterna della Disoblio, si è ricalcato come ogni essere umano rappresenti un neurone della Terra, di Gaia, il pianeta vivente, e per questo motivo debba mettersi al servizio di essa, per immaginare scopi differenti per l’intero pianeta e la civiltà, intesi come parte di un unico tutto.
La serata si è conclusa con la lettura di un racconto facente parte dello spettacolo “Paroli i sangu” dell’attrice Patrizia Ferraro.

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Determinante il supporto dei Controllori dell’Aeroporto Militare di Sigonella al traffico aereo civile di Fontanarossa durante l’ultima eruzione dell’etna

Spettacolare Eruzione dell'Etna

Spettacolare Eruzione dell’Etna

            “….uno straordinario senso di squadra che è condizione essenziale per sviluppare quella energia che consente ad un sistema di decollare….”. Con queste parole il Sindaco di Catania Enzo Bianco ha lodato fortemente il ruolo insostituibile dell’Aeronautica Militare sottolineandone lo spirito con cui opera giornalmente il proprio personale. Il plauso è avvenuto il 18 maggio 2015, durante un seminario organizzato nella città etnea dalla società che gestisce l’aeroporto catanese. Proseguendo nel discorso, il Sindaco ha anche ringraziato pubblicamente il Colonnello Pilota Vincenzo Sicuso, Comandante della Base Aerea di Sigonella, e tutto il proprio personale dipendente per la quotidiana fornitura alle Istituzioni e alla Collettività tutta del servizio di controllo del traffico aereo.
Le parole del Sindaco Bianco scaturiscono dal fatto che, nel periodo dalla serata del 12 alla mattinata del 15 maggio 2015, la normale attività di volo dell’aeroporto civile di Catania Fontanarossa ha rischiato di essere seriamente compromessa per la chiusura di alcuni settori dello spazio aereo della Sicilia Orientale a causa dell’emissione nell’atmosfera di cenere vulcanica dell’etna.
Nella fattispecie, il personale dell’Aeronautica Militare di Sigonella, responsabile della fornitura dei servizi del traffico aereo all’interno della zona di controllo denominata “Catania CTR”, ha continuato a gestire tutti i traffici – sia civili che militari – dell’area di responsabilità e ha evitato grossi disagi ai passeggeri e disservizi alle compagnie aeree ivi operanti, scongiurando che la situazione si aggravasse con ritardi e possibili diversioni di aeromobili verso gli aeroporti alternati. Il tutto con la limitazione dei settori chiusi e nel pieno rispetto delle procedure per assicurare il massimo livello di sicurezza del volo.
Il Comando Aeroporto/41° Stormo Antisom dell’Aeronautica Militare di Sigonella, oltre a fornire il supporto tecnico-logistico-amministrativo-operativo agli Enti ivi rischierati ed in transito (compresi i servizi necessari per il sicuro ed efficace svolgimento delle attività di volo), è istituzionalmente responsabile della fornitura dei servizi del traffico aereo all’interno della zona di controllo denominata “Catania CTR”, che comprende i cieli della Sicilia orientale e dei mari adiacenti, ivi compresi gli Aeroporti civili di Catania-Fontanarossa e Comiso e quello militare di Sigonella. Nello specifico, i controllori militari del traffico aereo (Air Traffic Controllers – ATC) prevengono i rischi di collisione e rendono spedito ed ordinato il flusso del traffico aereo, sia attraverso l’applicazione di opportune procedure che tramite l’utilizzo di sistemi di comunicazione e di radar. In particolare, viene gestito – a vista – il traffico sull’area di manovra dell’Aeroporto di Sigonella e gli aeromobili in volo nelle immediate vicinanze ad esso, mentre – mediante l’utilizzo del sistema radar – vengono guidati gli aeromobili dalla fase di navigazione fino all’ultima fase dell’avvicinamento e – subito dopo la partenza – sino a quando gli stessi non si sono stabilizzati in aerovia.
La Categoria ATC si acquisisce in Aeronautica Militare a seguito di selezioni effettuate nelle fasi iniziali del percorso professionale degli ufficiali e sottufficiali (durante, cioè, i corsi di formazione che seguono il reclutamento); a queste, seguono i corsi di qualifica e specializzazione presso il Reparto Addestrativo Controllo Spazio Aereo di Pratica di Mare e gli iter addestrativi presso i Reparti Operativi per il conseguimento delle abilitazioni richieste negli Enti di assegnazione.

Radar e l'Etna in lontananza

Radar e l’Etna in lontananza

Cenere vulcanica durante l'eruzione dell'Etna

Cenere vulcanica durante l’eruzione dell’Etna

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        Si svolgerà domenica 31 maggio alle ore 18:00, presso la suggestiva sala convegni del castello di Montalbano Elicona (Me), in occasione dell’appuntamento nazionale “Il Maggio dei Libri. Leggere fa crescere 2015”, la presentazione del libro di Giuseppe PisciuneriIl paradigma ecologico. Dal Dio matematico alla spiritualità della terra” (Disoblio Edizioni). Al dibattito, moderato da Maria Francesca Fassari (Redattrice), interverranno: Filippo Taranto (Sindaco di Montalbano Elicona), Giuseppe Giordano (Docente di Filosofia della scienza all’Università degli studi di Messina), Francesco Tigani (Ricercatore Universitario), Salvatore Bellantone (Editore). Sarà presente l’autore.
Partendo da una attenta lettura dei dati sull’inquinamento, l’Autore arriva alla conclusione che la crisi ecologica non rappresenta solo la manifestazione concreta di una Crisi di Natura che, di certo, necessita in maniera prioritaria di un’azione di tutela ambientale, ma anche, se non soprattutto, l’espressione di una profonda Crisi di Cultura che impone un “punto di svolta” paradigmatico in favore di una nuova visione del mondo ecologica. Prendendo in considerazione le opere dei più grandi pionieri di questa nuova visione del mondo ecologica (da Rachel Carson a Fritjof Capra, da Edgar Morin a James Lovelock, da Arnae Naess a Ilya Prigogine e tanti altri) “Il paradigma ecologico” si propone, da una parte, di mettere in luce i limiti ecologici dell’attuale paradigma meccanicista, riduzionista e antropocentrico che ha influenzato per secoli la scienza, l’economia, la filosofia, la cultura occidentale nel senso più generale del termine; dall’altra, di mostrare come, a partire dagli sviluppi della meccanica quantistica e del pensiero sistemico, si possa costruire una valida alternativa culturale, scientifica e filosofica più in armonia con la natura.

GIUSEPPE PISCIUNERI (Messina, Locandina Libro Paradigma21 Giugno 1982) è ecologista, insegnante di yoga e meditazione, counselor a indirizzo immaginale, ricercatore indipendente. Ha studiato Filosofia presso l’Università degli studi di Messina conseguendo una laurea triennale, una laurea specialistica e un dottorato di ricerca. Vive a Montalbano Elicona, uno splendido paesino medievale della provincia di Messina.
La presentazione sarà intervallata dalla lettura di passi scelti del libro a cura di Alice Pantano, accompagnata dalle melodie al pianoforte di Francesca Bisbano. Seguirà un rinfresco.

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SONY DSCGran bel cane di razza il Cirneco che esiste in Sicilia dalle epoche più remote. E’ un cane da caccia adatto a terreni aspri e specialmente indicato per la caccia al coniglio selvatico e la lepre – cane dotato di grande temperamento, e dolce ed affettuoso, nel contempo.
Secondo alcune tesi pare che tragga le sue origini da antichi cani da caccia allevati in età faraonica nella Valle del Nilo e diffusi, in Sicilia dai Fenici. Successivi studi hanno indicato che, molto probabilmente, il Cirneco sia una razza autoctona siciliana, della regione Etnea, poiché i documentari di monete ed incisioni rivelano come il Cirneco esistesse già da molti secoli prima della venuta di Cristo. . Una teoria accreditata, al momento, sembra quella che li vede discendere dal lupo abissino. Come il “cugino” Pharaon Hound (che gli somiglia moltissimo, ma è di taglia maggiore) e come il Podenco spagnolo, si è sviluppato nel bacino del Mediterraneo, dove ha cominciato ad affiancare l’uomo nella caccia a partire dall’era faraonica: ma se un tempo si riteneva che il Pharaon Hound fosse il suo diretto progenitore, oggi comunque si tende a credere che la razza si sia sviluppata autonomamente e che sia autoctona siciliana.
Come tutti i cani primitivi, il Cirneco non è un cane “costruito” dall’uomo; la sua evoluzione è stata completamente naturale, il che fa sicuramente parte del suo fascino, così come l’aspetto esotico e particolarissimo. E’ presente in Sicilia da “almeno” tremila anni, perché se ne hanno tracce storiche fin da quel tempo. Del Cirneco hanno parlato Aristotele (che nel suo “De Natura Animalium” descrive un “cane dalle orecchie aguzze” definendolo “antico cane mediterraneo”), Linneo, Claudio Eliano e molti altri studiosi naturalisti. Aristotele fornisce anche la più attendibile etimologia del nome Cirneco: “razza di Cirene” (dal greco Kjrenaikòs, da cui si passa a cyr naecos con la trasposizione latina che vede l’inserimento del dittongo AE e l’elisione della vocale E). Diverse monete sicule portano l’effige di questo cane. Altre testimonianze si trovano nei mosaici della Villa Romana di Piazza Armerina. Naturalisti come il Bellin e il Keller hanno studiato le origini di questi cani. La somiglianza con i levrieri è indiscutibile, ma i graioidi di tipo primitivo sono decisamente più rustici e più adatti al tipo di terreno su cui si devono muovere, in particolare alla roccia vulcanica nel caso del Cirneco.
Il Cirneco si presenta con una figura molto snella, con zampe lunghe, orecchie dritte e con un corpo muscoloso, ma nello stesso tempo molto elegante. Ha un fiuto eccezionale ed è agilissimo nel cambiare direzione durante l’inseguimento della preda. Malgrado abbia l’aspetto che ricorda quello dei levrieri, non caccia a vista ma usa l’olfatto come un cane da cerca. Secondo la classificazione della Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.), tutti i cani appartenenti alla razza dei “levrieri” appartengono al 10º gruppo, mentre il Cirneco è inserito nel 5º Gruppo, quello delle razze di tipo primitivo.
Dotato di grande intelligenza è, generalmente, indipendente e solitario. Di norma diffidente con gli estranei si affeziona ad un solo padrcirneco-3one. Si può dire che abbia le sue simpatie ed antipatie a pelle: con alcuni individui non socializza e, alla loro vista, abbaia; con altri, inizialmente, si mostra aggressivo, ma poi socializza; con altri ancora prova un feeling immediato e socializza subito. È un cane che per il padrone darebbe tutto se stesso.
La vita media di questo cane è molto elevata, quindici anni circa, ma esistono esemplari che vivono anche venti anni. Cane velocissimo e molto agile è capace di raggiungere persino i 40/45 km/h nella corsa. Generalmente raggiunge l’altezza di 46-50 cm al garrese negli esemplari maschi, mentre le femmine misurano dai 42 ai 46. Il peso del maschio si aggira intorno ai 10-12 kg, mentre le femmine raggiungono gli 8-10. La lunghezza del tronco è, in media, uguale all’altezza al garrese: il cirneco ha, dunque, una costruzione quadrata. È strutturato da una massa muscolare che comprende l’80% del corpo. Si presenta snello e, se nutrito in modo adeguato, mantiene una linea elegante e slanciata. I colori del mantello del Cirneco dell’Etna vanno dal sabbia dorato al cervo scuro; talvolta sono presenti macchie bianche, su tutto il corpo; sebbene molto rari ne esistono colorati di bianco arancio (come nel setter inglese) e di bianco puro (pur non essendo propriamente albino). Il colore riconosciuto dagli standard di razza è il fulvo più o meno intenso, isabella e sabbia, con lista bianca in fronte, al petto, zampe bianche, punta della coda bianca e ventre bianco.
La razza è stata riconosciuta dall’ENCI nel 1940, con standard morfologico redatto dal Solaro. La prima allevatrice di grande rilievo, che diede un contributo fondamentale alla selezione, fu Agata Paternò Castello, appassionata e competente cinofila catanese. Data la localizzazione estremamente circoscritta del Cirneco, che solo da pochi anni ha varcato i confini siciliani, la bibliografia in materia è piuttosto scarsa. Nell’Ottocento venne pubblicato un trattato di Giuseppe Galvagni, Fauna Etnea, Memoria 3° sulla terza famiglia dei carnivori, che descrive attentamente e minuziosamente il Cirneco e l chiama, alla maniera naturalistica, canis etneus. Nel 1972 è stata pubblicata una monografia estremamente accurata da Giovanni Bonatti Nizzoli di Carentino, che ancor oggi costituisce l’opera più completa sulla razza.

                                                                                                                                      ROSARIO MESSINA

1 Dracma con Cirneco

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3X Gatto Selvatico EtnaIl Gatto Selvatico dell’Etna è una specie endemica da salvaguardare. Occorre tutelare questo magnifico esemplare di Felis Silvestris patrimonio di biodiversità animale tra i più significativi dell’area circostante il vulcano. In passato il felino è stato spesso minacciato dall’ intervento dell’ uomo, che ha ristretto le aree di caccia e costretto il gatto selvatico a scendere a compromessi con la sua indole di cacciatore solitario. Un anno fa al Parco dell’Etna a Nicolosi (Ct) si è svolto un convegno appositamente dedicato, organizzato dall’Ente Parco in collaborazione con l’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari, Dipartimento Interventi Infrastrutturali e con il Dipartimento di Biologia Animale “Marcello La Greca” dell’Università di Catania.
La sopravvivenza del gatto selvatico è un obiettivo che il Parco dell’ Etna intende portare avanti assieme all’ Università di Catania nella tutela di questa specie così affascinante.
Nel mese di dicembre del 2014 è stato realizzato un passo importante per la tutela e lo sviluppo della conoscenza della popolazione del gatto selvatico che costituisce la più straordinaria biodiversità faunistica del Parco dell’Etna. E’ stata sottoscritta una convenzione tra il Parco dell’Etna e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche dell’Università di Palermo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina, la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania. L’obiettivo dell’accordo siglato è la realizzazione di uno “studio sulla biologia ed eco-etologia del gatto selvatico nel parco regionale dell’Etna e realizzazione del piano di conservazione”. A tal proposito si intende studiare lo status attuale del gatto selvatico nel territorio dell’area protetta attorno al vulcano e promuoverne la conservazione a lungo termine.
Il gatto selvatico è classificato come “least concern” (specie a rischio minimo) dalla IUCN, anche se le popolazioni sono in declino. E’ compreso nella lista rossa dei vertebrati italiani e, a livello legislativo, è inserito nella Direttiva Habitat (allegato IV) della Comunità Europea. Rappresenta l’ultimo “grande” predatore della Sicilia e nel Parco dell’Etna dove trova un habitat ottimale per la varietà degli ambienti e la disponibilità delle prede. Le minacce per la conservazione a lungo termine di questa specie sono numerose e molteplici, quali l’ibridazione con il gatto domestico, la frammentazione degli habitat e la sempre crescente pressione antropica.
Come ha spiegato il prof. Mario Lo Valvo dell’Università di Palermo: “Sull’Etna, vive una delle popolazioni feline con la più alta densità registrata (circa 0.30 gatti per Kmq.). Questo progetto in collaborazione con il Parco dell’Etna è estremamente importante per lo studio e la conservazione di questa specie faunistica. In Sicilia vive l’unica popolazione mediterranea di gatto selvatico non introdotta dall’uomo; studi recenti hanno evidenziato che il patrimonio genetico di questa popolazione è chiaramente divergente rispetto alle altre popolazioni italiane, costituendo di fatto una distinta unità di conservazione.”.
La presidente del Parco Maria Mazzaglia ha spiegato i termini del progetto il quale prevede uno studio approfondito dell’ecologia di questa specie affinchè si possano formulare delle linee guida per promuovere la conservazione a lungo termine del gatto selvatico nel territorio del Parco dell’Etna. E’ prevista, a carico dell’Ente Parco, la selezione di personale specializzato per la ricerca sul campo. Sarà realizzato un database dei dati raccolti; una mappa dettagliata in cui verranno identificate le principali minacce per questa specie al fine di pianificare le azioni di tutela, conservazione e divulgazione. E’ previsto anche un database fotografico in cui verrà catalogato tutto il materiale raccolto tramite le trappole fotografiche. Inoltre, il personale specializzato, selezionato dall’Università di Palermo, parteciperà ai momenti divulgativi del progetto presso la sede del Parco e nelle scuole. Per quanto riguarda le collaborazioni al progetto, l’Università di Messina realizzerà le analisi parassitologiche sui circa 120 campioni raccolti, mentre la Ripartizione Faunistico Venatoria di Catania metterà a disposizione 18 trappole fotografiche.
Sull’Etna il Gatto selvatico vive a quote medie più alte (1200-1800 m), e sfrutta come tane i cunicoli della “sciara”, i labirintici cunicoli delle vecchie colate laviche (del 1600 circa). Quali sono le caratteristiche di questa specie? Morfologicamente e dimensionalmente è affine al gatto domestico (TC: 450-630 mm, C: 250340 mm, P: 2-6 kg), dal quale risulta difficilmente distinguibile. Le caratteristiche del mantello utili ad una corretta identificazione degli esemplari comprendono un colore di fondo variabile dal grigio-giallastro al grigio-argenteo; un disegno nero brillante, articolato in quattro strie nella regione occipito-cervicale, due strie scapolari, una dorsale fino all’attaccatura della coda, l’apice e gli anelli presenti su quest’ultima; un disegno evanescente, molto più chiaro del precedente, lungo la regione laterale; padiglioni auricolari di colore uniforme e privi di ciuffetti di pelo.
  ROSARIO MESSINA

SONY DSC   2X Gatto selvatico Etna

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