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Presentato, all’Archeoclub di Catania, il volume di Salvatore Statello: Ines de Castro, un mito lungo cinque secoli.

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Catania. Il 24 febbraio 2016, presso l’Auditorium della Scuola “Pizzigoni” di Catania, a cura dell’Archeoclub catanese, presieduto dalla prof.ssa Giusy Liuzzo, e col patrocinio dell’Ambasciata del Portogallo in Italia, è stato presentato il volume: “Ines de Castro, un mito lungo cinque secoli, di Salvatore Statello, con prefazione di Mariagrazia Russo, dell’Università di Viterbo.
Durante il saluto ai partecipanti la Presidente, Liuzzo, ha letto la lettera dell’Ambasciatore, Sua Ecc.za Manuel Lobo Antunes. Successivamente Statello ha relazionato sul suo volume, edito da Di Nicolò Editori di Messina, e corredato da immagini, per le quali è stata preziosa la collaborazione tecnica del socio del sodalizio Sebastiano Bruno, che ha curato, oltre all’impaginazione del volume, anche il video, con audio, che è stato proiettato ad illustrazione della vicenda degli infelici amori di Ines de Castro e Pietro I di Portogallo, oggetto pluriennale della ricerca di Salvatore Statello.
La tragica vicenda di questi amori risale alla metà del 1300, durante il regno di Alfonso IV, quando il principe erede del Portogallo, Pietro, era stato promesso sposo a Costanza di Castiglia. Al seguito di quest’ultima vi era la bellissima Ines de Castro, di cui Pietro s’invaghì perdutamente, ricambiato. Re Alfonso, rendendosi conto del rapporto tra il figlio e la damigella, esiliò quest’ultima. Ma alla morte della legittima moglie, la principessa Costanza, Pietro richiamò Ines dall’esilio, vivendo insieme lontani dalla corte, e stabilendosi alla fine nel palazzo annesso al monastero delle clarisse di Coimbra. Ma la malevolenza dei cortigiani, di alcuni ministri, di una parte del popolo e dei religiosi, spinsero il re ad emanare sentenza di morte, per decollazione, della donna, il 7 gennaio 1355.
Alla notizia della morte della donna amata, madre già di quattro figli, Pietro scatenò una guerra civile contro il padre, che durò ben otto mesi, devastando parte del Paese. Due anni dopo, morto Alfonso e salito al trono Pietro I, il nuovo re fece catturare due dei consiglieri del padre condannandoli a morte crudele, facendo anche bruciare i loro corpi e disperdere le ceneri nel Tago. Poi annunciò di aver sposato Ines segretamente, dichiarò lei regina post-mortem, e i figli infanti; fece quindi riesumare le spoglie di Ines, e avendole fatte rivestire con abiti regali diede nuova sepoltura nella chiesa dell’abbazia di Alcobaça, dove aveva fatto preparare due sarcofagi, rimasti tra i monumenti funebri più belli di tutta la Penisola Iberica.
Col diffondersi degli ideali del Rinascimento, anche in Portogallo, ha continuato ancora l’oratore, ad opera di alcuni nostri letterati, della vicenda si impadronirono i poeti e, sotto l’influenza di Dante e di Petrarca, Ines e Pietro entrarono nel mito, assurgendo esemplarmente a simbolo della eterna lotta di eros e thanatos, e Ines, glorificata, divenne l’eroina sacrificata alla Ragion di Stato. La prima testimonianza poetica, ha continuato lo studioso, di questa trasfigurazione letteraria si ebbe nel Cancioneiro Geral di Garcia de Resende del 1516 (da qui il sottotitolo del volume, pubblicato appunto a 500 anni da questa prima romanza su Ines). A metà del Cinquecento è stato António Ferreira a scrivere la prima tragedia su questa vicenda, prendendo a modello la Octavia, attribuita a Seneca. Questa opera, sull’argomento, è rimasta il capolavoro teatrale più importante della letteratura portoghese. Nella prima metà del Seicento, è stato Francisco Manuel de Melo, che seguendo lo stile gongorino, ha dedicato 12 sonetti e una romanza ad Ines.
Avendo illustrato brevemente queste prime opere portoghesi, tradotte da Salvatore Statello ed inserite nel volume, l’autore ha proseguito l’excursus con la presentazione degli autori italiani, dopo che Houdar de La Motte, per primo aveva pubblicato nel 1723 una tragedia sull’argomento. Con Pietro Metasasio, dieci anni dopo l’opera francese, la vicenda conquista anche l’ambito musicale col melodramma Demofoonte, messo in musica da Antonio Caldara, dove la storia degli amanti portoghesi viene ambientata nell’antica Arcadia, e assume anche un connotato fiabesco, con l’immancabile “lieto fine”, in ossequio ai gusti della corte viennese. Altre opere si sono avute nel Settecento, ma è nell’Ottocento che, nel contesto del recupero che del Medioevo fa il Romanticismo, la vicenda di Ines, come quella di altre eroine, viene spesso rivisitata dai nostri autori che attribuiscono ai due protagonisti valenza di eroi vittime della passione travolgente che confligge spesso con le leggi della morale e della politica, contro cui essi combattono fino alla morte. Tale è la storia di Ines nel libretto di Salvatore Cammarano, musicato dal recanatese Giuseppe Persiani (1835) che ha avuto tanta fortuna nell’Ottocento, da essere riproposto, a cura di Paola Ciarlantini, che nel volume ha trattato proprio il tema musicale, e interpretato dal soprano Maria Dragoni nel 1999, e rappresentato successivamente anche a Coimbra e ad Alcobaça, dove si è consumata la tragedia e dove riposano le spoglie dei due amanti.
Oltre dieci sono i tragediografi italiani e altrettanti i librettisti di melodrammi, e una cinquantina di musicisti, tra cui l’ennese Pietro Coppola, durante il suo lungo soggiorno in Portogallo alla direzione del teatro lirico S. Carlos, i quali si sono interessati all’argomento, nonché anche autori di balletti, come il coreografo palermitano Salvatore Taglioni (1789-1868).
Pure il cinematografo si è subito interessato a questa affascinante storia portoghese, tanto che già nel 1910 si proiettava nelle sale cinematografiche italiane, d’allora, il film muto Ines di Castro, come pubblicizzato da un teatro recanatese, il cui manifesto è riprodotto nel quarto di copertina.

Angela Pennisi

Presentazione del libro

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